Hal Clement - Strisciava sulla sabbia
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Il Cacciatore fece un commento e per poco, dimenticandosi di non essere solo, Bob non rispose a voce alta.
Il ragazzo arrivò a casa tardi per il pranzo e solo dopo che, uniti i loro sforzi, i cinque amici ebbero trasportato l’asse fino al punto dove stava la barca. Da quel primo pomeriggio di attività, Bob riportò un unico ricordo: una bella e completa scottatura. Anche il Cacciatore non si era reso conto del pericolo, e non ne aveva interpretato giustamente i sintomi, così non aveva potuto avvertire il ragazzo di rivestirsi prima che succedesse il guaio. Al contrario di Bob, il Cacciatore riuscì a vedere almeno un vantaggio nell’incidente. Forse quella lezione, più di qualsiasi altra predica, avrebbe smorzato nel ragazzo la preoccupante tendenza a lasciare allo straniero tutto il peso di conservarlo in buona salute. Questa volta il Cacciatore non fece commenti, e lasciò il ragazzo al suo male e ai vari tentativi notturni di evitare alla maggior porzione di pelle possibile il contatto con le lenzuola. Per dire la verità, Bob era disgustato di sé. Da anni non gli capitava di essere tanto sbadato. Ripensandoci decise che la colpa di tutto doveva essere ricercata nella stranezza di trovarsi a casa fuori tempo, ma non riuscendo a convincersi che fosse proprio una scusa valida, si innervosì maggiormente contro se stesso.
Quando il mattino seguente scese a far colazione, il ragazzo era in collera col mondo intero. Guardandolo, suo padre fu tentato per un attimo di ridere, ma si trattenne, e gli si rivolse invece con molta comprensione.
«Forse è meglio che ti passi un po’ quella scottatura prima di andare a scuola; cosa ne dici? In fondo non sarà un gran danno se rimandi fino a lunedì.»
Bob approvò con un cenno. Tra l’altro si era completamente dimenticato della scuola. «Credo che tu abbia ragione» disse. «E poi è già giovedì. Comunque avevo progettato di andarmene un po’ in giro per qualche giorno.»
«Se fossi in te ci penserei due volte a mettere il naso fuori casa, ridotto in quello stato» ribatté il padre.
«Sai benissimo che non rinuncerebbe a uscire nemmeno se lo legassi» intervenne la signora Kinnaird.
Il capofamiglia non fece commenti, e tornò a rivolgersi al figlio. «Stai coperto, comunque» consigliò. «E se hai intenzione di fare l’esploratore dedicati alla giungla, lì almeno c’è ombra.»
«Se mi chiedi cosa ne penso» disse ancora la signora Kinnaird, «ti dirò che si tratta di scegliere tra averlo cotto o a brandelli. Se cuoce, almeno i vestiti si salvano, ma in genere, dopo qualche ora passata nella giungla mi torna a casa con pelle e vestiti a fette!» Sorrise guardando il figlio, e Bob ricambiò il sorriso.
«Va bene, mamma» disse il ragazzo, «vedrò di escogitare qualcosa che non ti renda troppo infelice.»
Finita la colazione, Bob si mise una vecchia camicia coloniale a maniche lunghe, che apparteneva a suo padre, lottò qualche tempo contro le liane che minacciavano di soffocare la casa e infine, riposte le cesoie, scomparve in direzione sud.
La signora Kinnaird non aveva affatto esagerato parlando della giungla. Gli alberi erano altissimi, ma fra un tronco e l’altro prosperava tutta una gamma di bassa vegetazione contorta, ricca di rami e rametti e spine fatti apposta per impigliarsi nei vestiti, con logica conclusione. Bob si inoltrò nel folto. Il ragazzo aveva in mente di raggiungere un particolare punto della giungla, distante non più di ottocento metri da casa sua, ma dovette camminare un’ora e mezza prima di arrivarci. Finalmente raggiunsero la cima della cresta e da lì poterono spaziare su tutta la parte abitata dell’isola. In quel punto, la giungla era stata arginata dall’uomo con liquidi chimici per permettere la coltivazione di giardini, e lì sorgeva un albero più alto di tutti quelli incontrati fino a quel momento, per quanto non altissimo come le palme della spiaggia. I rami più bassi erano caduti, e le profonde cicatrici sparse lungo il tronco a brevi intervalli formavano una specie di comoda scaletta. Bob se ne servì per scalarlo con facilità. Più in alto, dove ricominciavano i rami, c’era una rudimentale piattaforma di assi legate con liane, il che indicò al Cacciatore che il ragazzo si era servito altre volte di quel punto d’osservazione. Da lassù si spaziava su tutta l’isola. Bob girò attorno lo sguardo, lentamente, per permettere allo straniero di notare tutti i particolari necessariamente trascurati nella carta disegnata a bordo del mercantile. Come aveva notato il giorno prima, il Cacciatore vide diversi serbatoi di coltura sulla terraferma, nella parte nordovest dell’isola. Alla sua domanda, Bob disse che lì c’erano i batteri che lavoravano meglio ad alta temperatura, e che cessavano perciò la loro attività durante le ore notturne.
«Ce ne sono anche sul lato nordest, sul fianco dell’altura, l’unico punto che da qui non si vede molto bene» aggiunse il ragazzo.
La giungla però la si vede bene , disse il Cacciatore.
«Quella sì, perché è più alta. Comunque, non possiamo certo trovare il tuo amico esplorando l’isola a distanza. Ti ho portato quassù per farti avere una visione generale più precisa. Nei prossimi tre giorni potremo dedicarci alle ricerche vere e proprie. Io tornerò a scuola soltanto lunedì. Adesso, se la barca fosse in buono stato, potremmo andare alla scogliera.»
Non ci sono altre imbarcazioni sull’isola?
«Sì che ce n’è. Potrei farmene prestare una, ma non è consigliabile andare da soli alla barriera. Se succede qualcosa alla barca, o una persona cade sulla scogliera, sono guai seri. Noi di solito ci andiamo in convoglio.»
Se riesci a procurarti una barca, si può almeno dare un’occhiata ai punti meno pericolosi. Se questo è impossibile, non potremmo raggiungere a piedi qualche punto della barriera vicino alla tua spiaggia?
«A piedi no. A nuoto si arriva vicino a qualche roccia. Oggi però non è prudente che io nuoti, a meno che tu non intervenga sulle mie scottature meglio di quanto abbia fatto finora.» Il ragazzo fece una pausa, poi chiese: «Tra i miei amici che hai visto ieri, non hai trovato nessuno che potrebbe essere l’ospite del tuo criminale?»
Cosa pensavi che potessi vedere?
Bob non rispose per mancanza di idee, e dopo qualche minuto scese dall’albero.
Raggiunsero la strada asfaltata a duecento metri circa dalla scuola. Nel passare davanti alle varie case, Bob esaminò le diverse possibilità di ottenere una barca in prestito.
Quando arrivò in vista dell’abitazione di Teroa, allungò il passo. Si aspettava di vedere Charles in giardino, ma c’erano solo le due sorelle, le quali gli dissero che Charles era in casa. Mentre Bob si avviava all’ingresso, il polinesiano ne uscì di corsa.
«Bob, sei peggio di San Tommaso! Vuoi sapere una cosa? L’ho avuto!»
«Avuto cosa?» chiese il ragazzo, voltandosi a guar dare le due sorelle dell’amico.
«Il posto! Di che cosa abbiamo parlato ieri?» ribatté Charles. «Questa mattina è arrivato un cablogramma. Non ci speravo proprio.»
«Io lo sapevo già» disse Bob. «Me l’aveva detto tuo padre.»
«E con me hai fatto tutte quelle storie!» protestò Charles, e allungò a Bob uno scherzoso scappellotto che non arrivò a segno.
«Lui mi aveva detto che tu non dovevi sapere ancora niente.»
Charles rise. «Quel tuo amico testa rossa diventerà matto!»
«Cosa c’entra Ken? Non è venuto Norman con te?»
«Sì, ma l’idea era stata di Rice. Doveva essere anche lui della partita, poi probabilmente ha avuto fifa e non si è fatto vedere. Non dirgli niente, tu. Voglio vedere personalmente la sua faccia quando lo saprà.» Charles si avviò in direzione dei dock. «Devo andare al numero quattro a prendere una cosa che avevo prestato a Ray. Vieni anche tu?»
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