Hal Clement - Strisciava sulla sabbia
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Doveva contare unicamente su se stesso, come non era mai capitato a nessun poliziotto prima. Isolato senza speranza dai laboratori scientifici del suo mondo, e nell’impossibilità di ricevere un qualunque aiuto dalla sua gente. Loro non sapevano nemmeno dove fosse finito, e la Via Lattea possedeva un centinaio di miliardi di soli…
Ricordò la faccenda dell’ago e del pagliaio. Un pagliaio che aveva assunto improvvisamente proporzioni inimmaginabili! La domanda di Bob restò senza risposta.
7
Il grande aereo li portò da Seattle a Honolulu, e da lì ad Apia. Da Apia un apparecchio più piccolo coprì la distanza fino a Papeete e qui, venticinque ore dopo la partenza da Boston, Bob indicò sotto di loro, nel porto, il mercantile che faceva il giro delle isole e sul quale avrebbero compiuto l’ultima parte del viaggio. L’alto marinaio dalla pelle scura che vide Bob salire a bordo, guardò con un sospiro le scalette di corda che pendevano a intervalli regolari dal passaggio che univa la poppa alla prua, per permettere di scendere sul ponte di carico e alla sala macchine. Sapeva per esperienza che era impossibile tenere il ragazzo lontano dalle scalette e dalle macchine, e anticipò con terrore il momento in cui avrebbe dovuto consegnare al signor Kinnaird un mucchietto di ossa fratturate e di carne coperta di lividi.
«Salve, signor Teroa!» gridò Bob appena messo piede sul ponte. «Ce la farete a sopportarmi per un giorno e mezzo?»
Il marinaio sorrise. «Penso di sì, del resto ho scoperto che non sei il guaio peggiore che mi possa capitare» rispose, e Bob lo fissò sgranando gli occhi.
«Volete dire che qualcuno è riuscito a fare peggio di me?» chiese, usando quel miscuglio di dialetto francese e polinesiano in uso presso gli indigeni. «Dovete farmi conoscere quel genio!»
«Lo conosci già. Anzi, li conosci. Sono il mio Charlie e il giovane Hay. Un paio di mesi fa si sono imbarcati a mia insaputa e si sono tenuti fuori vista finché non è stato troppo tardi per rispedirli a terra. Ho avuto il mio daffare a giustificare la loro presenza a bordo!»
«Ma che cosa ci trovavano di interessante nel viaggio? Chissà quante volte l’hanno fatto!»
«Non si trattava del viaggio in sé. Charlie si era messo in mente di dimostrarmi che poteva essere utile a bordo, e Norman Hay voleva visitare il Museo Marino di Papeete senza avere intorno vecchi barbagianni che gli dicessero che cosa doveva guardare di più. Ti assicuro che me ne hanno dati di dispiaceri per tutto il tempo che sono stati a bordo!»
«Non sapevo che Norman fosse un appassionato di storia naturale» commentò Bob. «Secondo me c’è sotto dell’altro. Vedrò di scoprirlo.»
«A proposito, non ti aspettavo così presto. Cos’è, ti hanno cacciato da scuola?» L’insinuazione, accompagnata però da un sorriso cordiale, non suonò affatto offensiva.
Bob rise. Non si era preso il disturbo di inventare una spiegazione piena di particolari, ma gli pareva che dichiarando di non capire nemmeno lui la decisione del medico della scuola non avrebbe avuto bisogno di fornire spiegazioni.
«Il dottore ha detto che mi avrebbe fatto bene stare a casa per un po’» disse. «Non mi ha spiegato il perché. A me non pare di essere malato.» E per cambiare argomento chiese: «Charlie ha poi avuto quel lavoro che voleva?»
«Senti, tu non andare a dirglielo» rispose il marinaio, «però devo ammettere che a bordo ci sa fare, quel rompipalle. L’ho tenuto sott’occhio tutto il tempo, e ho visto che è in gamba. Però adesso non ti mettere in testa di ottenere anche tu un imbarco!» concluse Teroa, e con una manata amichevole spinse il ragazzo lungo il passaggio che portava alle cabine di fortuna.
Nel frattempo il Cacciatore, lavorando di meningi, era giunto a tracciare un giudizio niente affatto lusinghiero sulla propria intelligenza. Ma riconoscere di essere stato stupido non risolveva niente. Più opportuno era invece accumulare dati sull’isola in modo da averne un quadro esatto. Il suo ospite era il più accreditato per fornirgli le informazioni. Approfittando di un momento in cui Bob, risalito sul ponte, stava fissando la limpida distesa azzurra, formulò la sua richiesta.
Dovresti dirmi di più sull’isola , cominciò. Mi interessa conoscere la sua forma, le sue dimensioni e sapere dove abita la gente. All’inizio, il nostro lavoro sarà di ricostruzione, più che di ricerca. Quando saprò tutto sul posto in cui dovrò agire, potrò coordinare meglio i nostri movimenti.
«Benissimo, Cacciatore» disse Bob, reso particolarmente di buon umore dall’idea di rivedere presto la sua isola e i suoi amici. «Ti disegnerò una carta più utile di qualsiasi spiegazione verbale. In cabina devo avere dei fogli abbastanza grandi.» Il ragazzo voltò le spalle al mare, e per la prima volta in tanti viaggi, non si interessò alle pulsazioni che salivano dal cuore dello scafo, dove il grosso Diesel era entrato in funzione.
La cabina era uno stretto locale ricavato a poppa, con una branda per unico arredamento. Decisamente il mercantile non era stato progettato per trasportare passeggeri.
Frugando nei bagagli, Bob trovò un foglio di carta e una matita, e sedutosi sulla cuccetta tracciò per il Cacciatore uno schizzo dell’isola a forma di elle maiuscola, fornendo a mano a mano le varie informazioni riguardo al porto, le zone abitate dagli indigeni e quelle dove sorgevano le case dei bianchi, le strade, la barriera di corallo che di tanto in tanto andava smantellata per non compromettere l’entrata in porto delle navi con maggior pescaggio, le zone dove la vegetazione più folta era ancora allo stato di giungla primitiva, il sistema di scarico dei rifiuti, la produzione locale di petrolio e olio lubrificante integrata dall’utilizzazione di certi particolari insetti che depositano detriti appunto sotto forma di olio anziché di gas mefitici come altri di una specie simile, eccetera eccetera.
Quando risalirono sul ponte, alle loro spalle si vedeva soltanto il picco centrale di Tahiti.
Appena vide il ragazzo, l’uomo di guardia allungò la mano verso il telefono, con l’intenzione di chiedere rinforzi, poi rinunciò, ridendo. Bob girellò qua e là, chiacchierando con gli uomini, e si comportò abbastanza bene. Durante la giornata riuscì solo a bruciacchiarsi una mano andando a mettersi troppo vicino a una caldaia in sala macchine, e a far venire i capelli grigi al macchinista. Infine scese la notte. Il mattino seguente ci fu mare grosso, e il Cacciatore cercò invano un rimedio contro la nausea, in favore del suo ospite. Comunque, con grande sollievo di Bob, il vento calò dopo poche ore e le onde tornarono a dimensioni ragionevoli.
Poco dopo mezzogiorno comparve l’isola.
Secondo la terminologia locale l’isola era alta ma in realtà il suo punto più elevato s’innalzava sul livello del mare di soli ventisette metri, ragione per cui il cargo era già vicinissimo all’isola nel momento in cui Bob poté indicarla al Cacciatore.
A quanto pare saremo a riva tra un paio d’ore , commentò lo straniero. Se non hai niente in contrario vorrei vedere ancora quella carta che hai disegnato.
Nonostante l’assoluta impossibilità di esprimere scrivendo un qualsiasi stato d’animo, il ragazzo credette di indovinare un’eccezionale serietà nelle parole del suo ospite, e non fece obiezioni. Scese in cabina e aprì il foglio con lo schizzo.
Mi hai chiesto come avremmo fatto a scoprire dove si nasconde l’individuo che inseguo , disse subito il Cacciatore. Ma io non ti ho risposto.
«Mi sono infatti chiesto perché» disse il ragazzo. «Ma la tua razza mi sembra così… strana, che ho pensato che tu fossi in grado di sentirlo all’odore o qualcosa del genere. Vederlo, comunque, no, se è come te. O forse possiedi qualche strumento capace di rivelarne la presenza?»
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