Philip Farmer - Il fiume della vita

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Il fiume della vita: краткое содержание, описание и аннотация

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In una valle sconfinata, lungo le sponde di un fiume immenso, si è radunala tutta l’umanità di tutti i tempi, miliardi di persone che hanno gia vissuto e che si sono risvegliate a una nuova vita in attesa di un destino ignoto. Questi uomini e queste donne continuano pero a conservare la propria mentalità e spesso a ripetere gli stessi errori di un tempo, cercando di dominare gli uni sugli altri. Ma la nuova esperienza può anche costituire una possibilità per raggiungere quegli obiettivi che si sono mancati prima: questa almeno e l’opinione di Francis Burton, il celebre esploratore che trascorse gran parte dei suoi anni in una sfortunata ricerca delle sorgenti del Nilo. Ora per Burton può ricominciare una nuova esaltante avventura…

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Nuotò verso riva fino al punto in cui l’acqua gli arrivava alla cintola, e vide che Alice si era tolta gli indumenti. Si era addentrata di pochissimo nel fiume, e, accucciatasi in modo che l’acqua le giungesse al collo, si stava insaponando faccia e testa.

Burton gridò a Frigate: — Perché non entra?

— Faccio la guardia ai graal! — rispose quello.

— Benissimo!

Burton bestemmiò tra i denti. Avrebbe dovuto pensarci lui, e mettere qualcuno di guardia ai cilindri. In effetti non era un bravo capo: aveva la tendenza a lasciare che le cose andassero in malora, a permettere che precipitassero nella rovina. Doveva ammetterlo: sulla Terra aveva guidato numerose spedizioni, nessuna delle quali aveva brillato per efficienza o per accurata organizzazione. Tuttavia durante la Guerra di Crimea, quando era stato a capo degli Irregolari di Beatson e aveva addestrato i Bashi-Bazouk, la selvaggia cavalleria turca, si era comportato molto bene, di gran lunga meglio del solito. Perciò non avrebbe dovuto rimproverarsi…

Lev Ruach uscì dall’acqua e fece scorrere le mani lungo il suo magro corpo per eliminare le gocce. Anche Burton uscì, e gli si sedette accanto. Alice gli voitò la schiena, ed egli naturalmente non ebbe modo di sapere se l’aveva fatto apposta o no.

— Non è il fatto di essere di nuovo giovane che mi riempie di gioia — disse Lev col suo inglese dall’accento tedesco. — È avere di nuovo questa gamba.

Si picchiettò il ginocchio destro.

— L’ho persa in un incidente sull’autostrada del New Jersey quando avevo cinquant’anni.

Scoppiò a ridere e aggiunse: — In questa faccenda c’è stata un’ironia che qualcuno potrebbe chiamare destino. Due anni prima ero stato catturato dagli arabi mentre stavo cercando minerali nel deserto; nello stato di Israele, capisce…

— Vuole dire la Palestina? — chiese Burton.

— Gli ebrei fondarono uno stato indipendente nel 1948 — rispose Lev. — Lei non lo può sapere, naturalmente. Le spiegherò tutto un’altra volta. Ad ogni modo fui catturato e torturato dai guerriglieri arabi. Non entrerò nei dettagli: richiamarli alla memoria mi darebbe la nausea. Comunque quella notte riuscii a scappare, non senza aver prima sfondato la testa con un sasso a due soldati e sparato ad altri due con una carabina. Gli altri fuggirono, e io me ne andai. Fui fortunato. Mi raccolse una pattuglia armata. Comunque due anni dopo, quando ero negli Stati Uniti, percorrevo l’autostrada allorché un grosso autocarro con semirimorchio (più tardi le spiegherò anche questo) mi superò rientrando subito in corsia. Lo presi in pieno. Rimasi gravemente ferito, e mi amputarono la gamba destra sotto il ginocchio. Ma il succo della storia è che il guidatore dell’autocarro era nato in Siria. Vede dunque che gli arabi fecero di tutto per prendermi, e ci riuscirono: ma non mi uccisero. Questo lavoro fu portato a termine dal nostro amico Tau Ceti. Benché io possa affermare che non ha fatto altro che affrettare il destino della Terra.

— Cosa vuol dire con questo? — chiese Burton.

— Milioni di persone morivano per carestia, perfino gli Stati Uniti avevano applicato un severo razionamento, e l’inquinamento dell’acqua, della terra, dell’aria, ne stava uccidendo altri milioni. Gli scienziati dicevano che entro dieci anni l’ossigeno della Terra si sarebbe ridotto a metà perché il fitoplancton degli oceani, che come lei sa produceva appunto metà dell’ossigeno del pianeta, stava morendo. Gli oceani erano inquinati.

— Gli oceani ?

— Non mi crede? Be’, lei è morto nel 1890, perciò le può essere difficile crederlo. Ma nel 1968 alcuni predissero esattamente quello che avvenne nel 2008. Io credetti a costoro: ero un biochimico. Ma la maggioranza della popolazione, e in particolar modo quelli che contavano, cioè la massa e i politici, rifiutarono di credere finché non fu troppo tardi. Quando la situazione cominciò a peggiorare furono prese delle contromisure, ma erano troppo deboli e giungevano in ritardo, e furono contrastate da gruppi che sostenevano che a prendere davvero delle contromisure si sprecavano quattrini e basta. Ma è una storia lunga e triste, e se dobbiamo costruire le abitazioni faremo meglio a muoverci subito dopo mangiato.

Alice uscì dal fiume e si strofinò il corpo con le mani. In poco tempo il sole e la brezza l’asciugarono del tutto. Poi Alice raccolse i suoi indumenti d’erba ma non se li rimise. Wilfreda gliene chiese il motivo, e Alice rispose che pizzicavano troppo: però li teneva per indossarli di notte se avesse fatto troppo freddo. Alice era cortese con Wilfreda, ma era evidente che teneva le distanze. Aveva udito buona parte della conversazione, e così sapeva che la ragazza era stata un’operaia diventata poi una prostituta e morta di sifilide. O almeno Wilfreda pensava che la malattia l’avesse uccisa. Non ricordava la propria morte. Senza dubbio, come aveva detto allegramente, aveva perso il senno prima.

Alice, sentendo questo, aumentò ancora di più le distanze. Burton sogghignò, chiedendosi cos’avrebbe fatto la donna venendo a sapere che egli aveva avuto la stessa malattia, presa al Cairo da una schiava nel 1853, quando aveva compiuto quel pellegrinaggio alla Mecca travestito da mussulmano. Era stato «curato», e la sua mente non aveva subito conseguenze da quel punto di vista fisico, benché egli avesse dovuto sopportare notevoli sofferenze mentali. Ma la cosa essenziale era che la resurrezione aveva dato a ciascuno un corpo fresco, giovane, privo di malattie, e che quello che uno era stato sulla Terra non doveva influire sull’atteggiamento degli altri nei suoi confronti.

Ma ciò non significava che le cose funzionassero proprio così.

Burton non poteva biasimare del tutto Alice Hargreaves. Ella era il prodotto della società in cui era vissuta: come tutte le donne, era ciò che gli uomini l’avevano fatta diventare. Però aveva forza di carattere ed elasticità mentale sufficienti a sollevarla al di sopra di alcuni pregiudizi del suo tempo e della sua classe. Si era adattata abbastanza bene alla nudità, e non era apertamente ostile o sprezzante verso Wilfreda. Aveva compiuto con Burton un’azione che cozzava contro un’intera vita di addottrinamento palese e nascosto. E questo era accaduto nella notte del primo giorno della sua vita dopo la morte, allorché avrebbe dovuto invece mettersi in ginocchio recitando il mea culpa perché aveva «peccato» e promettendo che non avrebbe peccato più pur di non essere gettata nel fuoco infernale.

Mentre attraversavano la pianura, Burton pensava ad Alice, e di quando in quando voltava indietro il capo e le lanciava un’occhiata. La sua testa calva le faceva sembrare molto più vecchio il viso, ma la mancanza di peli all’inguine le dava al tempo stesso un aspetto più giovane. Tutti quanti portavano addosso questa contraddizione: vecchi dal collo in su, fanciulli dall’ombelico in giù.

Poco alla volta Burton rallentò il passo finché fu al fianco di Alice. Così si trovò dietro a Frigate e Loghu. La vista di Loghu gli avrebbe procurato qualche vantaggio anche nel caso in cui il tentativo di parlare ad Alice fosse risultato infruttuoso.

A bassa voce disse: — Se la notte precedente ti ha cagionato tanto dispiacere, perché rimani con me?

Il bel viso di Alice si raggrinzì, imbruttendosi.

— Non sto con lei ! Sto col gruppo ! Per di più, ho pensato all’altra notte, benché questo mi desse dolore. Sarò franca. È stato il narcotico di quella disgustosa gomma a farci comportare entrambi come… come ci siamo comportati. O almeno so che è stato responsabile del mio comportamento. E do a lei il beneficio del dubbio.

— Allora non c’è speranza di un bis?

— Come può chiedere questo! Certo che no! Come osa?

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