Philip Farmer - Il fiume della vita

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Il fiume della vita: краткое содержание, описание и аннотация

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In una valle sconfinata, lungo le sponde di un fiume immenso, si è radunala tutta l’umanità di tutti i tempi, miliardi di persone che hanno gia vissuto e che si sono risvegliate a una nuova vita in attesa di un destino ignoto. Questi uomini e queste donne continuano pero a conservare la propria mentalità e spesso a ripetere gli stessi errori di un tempo, cercando di dominare gli uni sugli altri. Ma la nuova esperienza può anche costituire una possibilità per raggiungere quegli obiettivi che si sono mancati prima: questa almeno e l’opinione di Francis Burton, il celebre esploratore che trascorse gran parte dei suoi anni in una sfortunata ricerca delle sorgenti del Nilo. Ora per Burton può ricominciare una nuova esaltante avventura…

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Burton si girò, rivolgendosi alle altre donne. — Cosa ne dite voi, signore? Avete l’intenzione di indossare quegli orribili e ruvidi mucchi di fieno solo perché una persona del vostro sesso ha deciso improvvisamente di avere di nuovo delle parti intime? Può diventare privato qualcosa che è stato così pubblico?

Loghu, Tanya, e Alice non lo compresero perché aveva parlato in italiano. Burton ripeté in inglese, a beneficio delle ultime due.

Alice arrossì e disse: — Quello che indosso è affar mio. Se a qualcun’altra garba andare in giro nuda mentre io sono decorosamente coperta, benissimo!

Loghu non aveva afferrato una parola, pur comprendendo quello che succedeva. Scoppiò a ridere e si allontanò. Le altre donne sembravano cercar di indovinare in che modo ciascuna intendeva comportarsi. La bruttezza e la scomodità di quegli indumenti non erano allertanti.

— Mentre voi donne — disse Burton — cercate di prendere una decisione, sarebbe una bella cosa se prendeste un secchio di bambù e scendeste al fiume con noi. Possiamo lavarci, riempire d’acqua i recipienti, esaminare la situazione nella pianura, e tornare qui. Forse potremo costruire parecchie case, o rifugi temporanei, prima del tramonto.

Si avviarono giù per la collina, aprendosi la strada attraverso l’erba e portando con sé i graal, le armi di selce, e le lance e i secchi di bambù. Non avevano percorso ancora un lungo tratto allorché s’imbatterono in un gruppo di persone. Sembrava che molti abitanti della pianura avessero deciso di spostarsi. Non solo, ma anch’essi avevano scoperto la selce e si erano fabbricati attrezzi e armi. Avevano appreso i metodi di lavorazione della pietra da qualcuno, probabilmente da altri primitivi di quella zona. Per il momento Burton aveva visto solo due esseri non appartenenti al genere Homo sapiens , e questi si trovavano con lui. Ma dovunque avessero imparato tali metodi, quelle persone ne avevano fatto buon uso. Il gruppo di Burton oltrepassò due capanne di bambù, quasi ultimate. Erano a pianta circolare e composte di un unico locale, e avrebbero avuto un tetto conico coperto con le enormi foglie triangolari dell’albero del ferro e con l’erba delle colline. Un uomo stava costruendo un basso letto di bambù mediante un’ascia e un’accetta, entrambe di selce.

Tranne alcune persone che stavano erigendo ai limiti della pianura, senza attrezzi di pietra, delle capanne piuttosto rozze o dei semplici ripari, e altre che stavano nuotando nel fiume, la pianura era deserta. I cadaveri, frutto dell’ondata di follia della notte precedente, erano stati tolti. Per il momento non si era visto ancora nessuno con abiti d’erba, e molti fissavano sbalorditi Alice o addirittura scoppiavano a ridere e gridavano aspri commenti. Alice divenne rossa, ma non fece alcun tentativo di sbarazzarsi dei suoi indumenti. Il sole stava diventando caldo, però, ed ella cominciava a grattarsi sotto il «poncho» e sotto la gonna. L’intensità della sua irritazione poteva essere indicata dal fatto che Alice, educata nella severe etichetta dell’aristocrazia vittoriana, si grattava in pubblico.

Quando però giunsero al fiume videro una dozzina di strani mucchietti, che risultarono essere degli abiti d’erba. Erano stati lasciati in riva al fiume dagli uomini e dalle donne che ora stavano ridendo e sguazzando e nuotando.

C’era senz’altro una bella diversità con le spiagge che Burton conosceva. Ecco là le stesse persone che avevano accettato le «macchine per fare il bagno», i costumi che coprivano il corpo dalle caviglie al collo, e tutti gli altri congegni pudichi, come assolutamente morali ed essenziali per la continuazione della buona società, cioè la loro. Tuttavia, un giorno solo dopo essersi trovate lì, stavano nuotando in completa nudità. E ci si divertivano.

L’accettazione di tale nudità proveniva in parte dallo shock della resurrezione. Oltre a ciò, durante quel primo giorno non avrebbero potuto far molto per trovare un rimedio. Inoltre si era verificata una commistione dei civilizzati con i selvaggi, o con altre popolazioni civili ma provenienti dalle zone tropicali, che non provavano particolare emozione davanti alla nudità.

Burton gridò per attirare l’attenzione di una donna, immersa in acqua fino alla cintola. Aveva i lineamenti non sgradevoli ma grossolani, e occhi d’un blu acceso.

— Quella è la donna che assalì Sir Robert Smithson — disse Lev Ruach. — Credo che si chiami Wilfreda Allport.

Burton la guardò con curiosità, apprezzando il suo splendido petto. — Com’è l’acqua? — gridò.

— Proprio deliziosa! — rispose con un sorriso la donna.

Burton si slacciò il graal, depose a terra il recipiente che conteneva coltello e ascia di selce, ed entrò nel fiume con la sua saponetta verde. Ebbe l’impressione che l’acqua si trovasse ad una temperatura inferiore di dieci gradi a quella del proprio corpo. Cominciò a insaponarsi, intavolando nel frattempo una conversazione con Wilfreda. Se la donna nutriva ancora del risentimento nei confronti di Smithson, non lo dava comunque a vedere. Aveva un pesante accento settentrionale, forse del Cumberland.

Burton le disse: — Ho sentito del suo piccolo diverbio con quel defunto ipocrita, il baronetto. Ora però lei dovrebbe essere felice. È di nuovo sana e giovane e bella, e non deve più sfacchinare per il cibo. Inoltre può fare per amore quello che ha dovuto fare per denaro.

Non era il caso di usare tante cerimonie con un’operaia, pensò Burton.

Wilfreda gli rivolse un’occhiata così gelida come neppure Alice Hargreaves aveva mai fatto. E disse: — Ehi, ha per caso i bollori? Inglese, vero? Non riconosco il suo accento. Londinese, direi, con qualcosa di straniero.

— L’ha quasi azzeccata — rispose Burton ridendo. — A proposito, mi chiamo Richard Burton. Le piacerebbe far parte del nostro gruppo? Ci siamo messi insieme per proteggerci a vicenda, e abbiamo intenzione di costruire qualche abitazione questo pomeriggio. Su nelle colline abbiamo una di quelle rocce a fungo tutta per noi.

Wilfreda guardò l’extraterrestre e il Neanderthal. — Quelli sono del suo gruppo, eh? Ne ho sentito parlare: dicono che il mostro è un uomo venuto dalle stelle, nei primi anni del 2000, dicono.

— Non le farà del male — assicurò Burton. — E neppure il subumano. Cosa ne dice?

— Sono soltanto una donna — rispose Wilfreda. — Cos’ho da offrire?

— Tutto quello che una donna ha da offrire — replicò Burton con un sogghigno.

Wilfreda, con stupore di Burton, scoppiò in una risata. Poi gli diede una spintarella sul petto e disse: — Vuole fare il furbo? Cosa succede, non può prendere una ragazza delle sue?

— Ne avevo una e l’ho perduta — rispose Burton. Questo non era del tutto vero. Burton non era certo di quello che Alice intendesse fare. Non riusciva a capire perché continuasse a stare col suo gruppo se era così scandalizzata e disgustata. Forse ciò era dovuto al fatto che preferiva il male che conosceva a quello che ignorava. Per il momento egli, da parte sua, sentiva solo disprezzo per la stupidità di lei: eppure non desiderava che se ne andasse. Quell’amore che aveva provato la notte precedente poteva essere stato provocato dalla droga, ma Burton ne avvertiva ancora in sé un residuo. Allora perché stava chiedendo a quella donna di unirsi al suo gruppo? Forse era per far ingelosire Alice. Forse era per avere una donna con cui coricarsi quella sera se Alice l’avesse respinto. Forse… non sapeva perché.

Alice stava in piedi sull’argine, quasi a contatto dell’acqua. In quel punto l’argine era soltanto a un paio di centimetri sul livello del fiume. La distesa di erba bassa penetrava nel letto del fiume, costituendo un solido tappeto sul fondo. Burton, pur continuando ad avanzare nell’acqua, avvertiva sempre l’erba sotto i piedi. Gettò la saponetta sull’argine, si allontanò a nuoto dalla riva per una dozzina di metri, e si tuffò. In quel punto la corrente diveniva di colpo più forte, e il fondo più lontano. Scese ancora, a occhi aperti, finché la luce scomparve e gli orecchi cominciarono a dolergli. Continuò a scendere finché le sue dita toccarono il fondo. C’era erba anche lì.

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