Algis Budrys - Il satellite proibito

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La fantascienza è l’unico genere letterario nel quale l’uomo sia direttamente e concretamente posto a confronto con l’infinito. In questo dato risiede il suo fascino principale: perchè dall’infinito emerge l'enigma, l’ignoto, l’incubo, ed il confronto si trasforma in una sfida. Questo romanzo di Algis Budrys (un autore che i lettori di «Futuro» hanno già avuto modo di apprezzare) ripropone uno dei temi più classici della narrativa fantascientifica: quello della minaccia nascosta in un mondo sconosciuto, del mistero che deve essere rivelato a rischio della vita. Il mondo che cela l’enigma, e dà corpo alla sfida, è il nostro satellite naturale: la Luna, che l’uomo ha appena sfiorata, e che cela nelle sue viscere un segreto mortale. Cosa si nasconde in fondo al labirinto dal quale nessun esploratore è mai uscito vivo? Quale intelligenza maligna ha potuto concepire una trappola cosi crudele e mostruosa? L’intelletto umano non possiede strutture adeguate a scandagliare un abisso così folle e contorto, anche perchè la «cosa» che si cela in fondo all’abisso è a sua volta al di là della follia e dell’assurdo. «Il satellite proibito» è il più originale e famoso tra i romanzi di Budrys.
Nominato per il premio Hugo per il miglior romanzo in 1961.

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Si asciugò la faccia con il taglio della mano, si sfilò le scarpe, e si tenne in equilibrio come un airone, mentre a turno le svuotava della sabbia che vi era entrata. Poi si avviò all'ingresso del negozio.

Guardò oltre le pompe scrostate della benzina, in su e in giù per l'autostrada, che scompariva ardente in distanza, e perdeva ogni lieve avvallamento della superficie sotto le pozze frementi dei miraggi. Si vedevano soltanto auto private, che passavano davanti a lui rombando. I miraggi sembravano mozzare le ruote, quando li attraversavano fischiando, e confondevano gli orli dei paraurti.

Hawks si voltò, aprì la malferma porta a zanzariera che ostentava un cartello sudicio con la pubblicità di una marca di pane, ed entrò.

L'emporio era pieno di scaffali e di armadietti che riempivano quasi tutto lo spazio libero, lasciando solo strette corsie. Si guardò intorno, sbattendo le palpebre, e finalmente chiuse completamente gli occhi, e li riaprì dopo un momento con una smorfia d'impazienza. Tornò a guardarsi intorno, questa volta con maggiore fermezza. Nel negozio non c'era nessuno. Una porta molto stretta dava sul retrobottega, dal quale non proveniva alcun suono. Hawks si riabbottonò il colletto e raddrizzò la cravatta.

Aggrottò la fronte e si voltò a guardare la porta da cui era entrato. Vide un campanello, appeso in alto in modo che l'uscio principale, spostandosi, l'avrebbe urtato facendolo suonare; ma la porta a zanzariera l'aveva appena sfiorato. Alzò la mano, e piegò verso il basso il supporto elastico. Il suo gesto preciso non smosse il campanello quanto bastava per farlo squillare: restò a guardarlo, rannuvolandosi in viso. Fece per toccare il campanello, riabbassò la mano, e si girò di nuovo. Parecchie automobili passarono avanti e indietro sull'autostrada, in rapida successione.

Hawks aveva deposto la giacca sul coperchio di un refrigeratore della Coca-Cola , lì accanto. La riprese, e alzò il coperchio, guardando le bottiglie nell'interno. Erano tutte bibite d'una marca locale, arancione acceso e rosso vitreo, immerse fino al collo nell'acqua sudicia, le etichette di carta, macerate, erano risalite lungo i fianchi di alcune di esse. Un pezzo di ghiaccio affusolato, che sembrava una testa di ratto gigantesca, ballonzolava in pi angolo, chiazzata dagli stessi sedimenti che formavamo una specie di schiuma sulle bottiglie. Hawks riabbassò il coperchio, sempre con un gesto automatico, controllato, e ancora una volta non vi fu un suono abbastanza forte da arrivare fino al retrobottega. Si fermò a guardare il refrigeratore, con le graffiature tutte piene di ruggine, e trasse un profondo respiro, poi lanciò un'occhiata verso la porta del retro.

All'esterno ci fu uno scricchiolio sommesso di ghiaia, quando una macchina si avvicinò alle pompe della benzina. Hawks sbirciò fuori oltre la porta a zanzariera. Una ragazza, al volante di un vecchio coupé , lo guardò dal finestrino, abbassando il vetro.

Hawks si girò di nuovo verso il retro. Silenzio. Mosse un passo in quella direzione, aprì la bocca e la richiuse.

La portiera della macchina si aprì e si richiuse, mentre la ragazza scendeva, si avvicinava alla porta a zanzariera e sbirciava nell'interno. Era piccola, bruna, pallida, con la bocca grande, un po' contratta in un'espressione indecisa. Si schermò gli occhi con la mano. Guardò Hawks, ed egli scrollò le spalle.

La ragazza aprì la porta, e il campanello tintinnò. Lei entrò e disse a Hawks: — Vorrei un po' di benzina.

Vi fu un rumore d'improvviso movimento nel retrobottega… un pesante cigolio delle molle d'un letto, e uno strascicar di passi. Hawks indicò vagamente con un gesto da quella parte.

— Oh — fece la ragazza. Guardò gli abiti di Hawks e sorrise con aria di scusa. — Mi perdoni. Pensavo che lavorasse qui.

Hawks scosse il capo.

Un uomo grasso e quasi calvo, in canottiera e calzoni color kaki, i piedi gonfi infilati nei sandali e le ciocche di capelli umidi e grigi premuti a virgola contro la testa, uscì dal retrobottega. Si massaggiò le grinze lasciategli dal cuscino e disse con voce rauca: — Stavo facendo un sonnellino. — Il suo sguardo sfrecciò dalle loro mani al banco, notò che non c'era niente. Borbottò: — Magari potrebbero derubarmi — disse a tutti e due.

— Ecco, questo signore è arrivato prima di me — disse la ragazza.

L'uomo guardò Hawks. — Stava aspettando? Non ho sentito chiamare. — Lanciò un'occhiata acuta alla giacca che Hawks teneva ripiegata sul braccio, poi agli scaffali. — Era qui da molto?

— Voglio solo sapere se passa di qui un autobus per la città.

— E aveva pensato di stare qui ad aspettare che comparissi io? E se l'autobus fosse passato mentre lei era qui? Sarebbe stata una sciocchezza, no?

Hawks sospirò. — C'è qualche autobus che passa di qui?

— Una quantità di autobus, amico. Ma nessuno si ferma per far salire i viaggiatori locali. Se viene dalla città, la fanno scendere dove vuole; ma non la fanno salire, se non è una fermata ufficiale. Questione di regolamenti. Lei non ha la macchina?

— No, non ce l'ho. Dov'è la fermata d'autobus più vicina?

— Due chilometri e mezzo più in giù, da quella parte. — L'uomo agitò la mano. — Al distributore. «Henry's Friedly Service».

Hawks si asciugò di nuovo la faccia. — Dia la benzina alla signorina, mentre ci penso sopra. — Sorrise, per un attimo. — Quando rientra, potrà anche perquisirmi.

L'uomo arrossì. I suoi occhi sfrecciarono da Hawks alla porta. — Ha fatto il fess… ha pasticciato con il campanello? Perdoni il mio linguaggio, signorina.

— Sì, l'ho aggiustato. In modo che nessun altro potesse entrare a sua insaputa.

L'uomo borbottò: — Nel retrobottega tengo un fucile a canne mozze che potrebbe farla volare fuori dalla facciata dell'emporio. — Dopo un'occhiataccia a Hawks, si rivolse alla ragazza. — Voleva della benzina? — E sorrise. — La servo in un attimo. — Passò davanti a Hawks e tenne aperta la porta, goffamente, con il braccio bianco e molle. Poi, dalla soglia, disse a Hawks: — Sarà meglio che decida cosa vuol fare, amico… andare a piedi, chiedere un passaggio, comprare qualcosa. Non posso stare mica qui tutto il giorno. — Sogghignò di nuovo, all'indirizzo della ragazza. — Devo servire la signorina.

La ragazza sorrise impacciata a Hawks e disse — Mi scusi — mentre gli passava davanti. Nell'uscire, sfiorò l'intelaiatura della porta con il fianco e la spalla, per non toccare la mole del bottegaio, immobile dalla parte opposta.

L'uomo sporse le labbra, come se volesse sputarle alle spalle, facendo scorrere lo sguardo sulla gonna e sulla camicetta di lei, e la seguì.

Hawks osservò dalla vetrina, mentre la ragazza risaliva in macchina e chiedeva quaranta litri di normale. L'uomo staccò il tubo dal supporto, e mosse la leva dell'azzeramento con uno scatto brusco del braccio. Poi rimase immobile, torvo, davanti alla macchina, con le mani in tasca, mentre la pompa automatica versava la benzina nel serbatoio. Quando la valvola che segnava il pieno scattò, mentre il contatore passava i trentacinque litri, l'uomo immediatamente tirò fuori il tubo e lo riappese. Gualcì tra le dita il biglietto da cinque dollari che la ragazza gli aveva porto dal finestrino. — Torni dentro, le darò il resto — borbottò, allontanandosi.

Hawks attese che l'uomo fosse chino sul banco, intento a frugare nel cassetto degli incassi. Poi disse: — Riporterò io il resto alla signorina.

L'uomo si voltò a guardarlo, stringendo in pugno il denaro. Hawks lanciò un'occhiata verso la ragazza, che teneva semiaperto l'uscio a zanzariera, con un'espressione un po' tesa. — Le va bene, vero? — le chiese.

Lei annuì. — Sì — rispose, nervosamente.

L'uomo sbatté il resto nel palmo proteso di Hawks, e Hawks lo guardò.

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