Sheri Tepper - Pianeta di caccia

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Pianeta di caccia: краткое содержание, описание и аннотация

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Marjorie Westriding Yrarier è stata inviata sul pianeta Grass per rispondere a un misterioso interrogativo: un contagio si sta spargendo fra le stelle, un’epidemia mortale che minaccia di distruggere la razza umana. Nessun pianeta ne è rimasto immune, tranne Grass. Perché?
Poco si conosce di Grass, se non che si tratta di un luogo idilliaco, dove la natura è assolutamente intatta e l’ambiente conserva un perfetto equilibrio. Interamente coperto dalle più strane varietà di vegetazione che si possano immaginare, il pianeta è un’autentica anomalia cosmica. Un gruppo di famiglie giunte secoli prima per colonizzarlo hanno edificato rapidamente una nuova società, ignorando la presenza aliena e creando un’aristocrazia che ruota attorno all’evento della Caccia. Con il passare delle generazioni, la vita su Grass e i vari usi e costumi sono sempre più sprofondati nel mistero e la Caccia, evento già ben noto sulla Terra, si è ora trasformato in uno strano rito, tremendo e inquietante. Già, perché qual è la vera natura e la vera funzione delle creature che partecipano alla Caccia, che cosa si nasconde dietro questo ciclico rituale e soprattutto... qual è la preda? Come ben presto intuisce Lady Westriding, su questo strano pianeta lontano milioni di chilometri vi sono più misteri di quanti se ne possano immaginare.
Un romanzo originalissimo, magistrale nel ritratto di un’ecologia aliena e nello studio dei
Nominato per i premi Hugo e Locus per in 1990.

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Mentre Rigo e Favel restavano a guardare dalla finestra come paralizzati, Marjorie uscì in silenzio, senza che se ne accorgessero, pensando alla lunga discesa che l’attendeva per giungere ai sotterranei che, come aveva spiegato Persun Pollut, traforavano il sottosuolo del Comune come una spugna.

Per la maggior parte, i cittadini riuscirono a rinchiudersi nei sotterranei prima dell’arrivo dei veltri e degli Hippae, ma non tutti. Coloro che rimasero in superficie si rifugiarono ai piani superiori delle case più alte, dove poterono difendersi almeno per qualche tempo. I coltelli laser troncavano zampe e fauci agli Hippae, ma intanto i veltri, che erano in grado di salire le scale come felini enormi, aggredivano furtivamente alle spalle i difensori e staccavano loro le braccia, disarmandoli. Così, membra e corpi straziati si ammucchiarono nelle strade del Comune, mentre il serafino, alla Capitaneria, sudava e imprecava, rammaricandosi di non poter comunicare con i cittadini.

— Prendete un aeromobile e usatene gli altoparlanti, volando sulla città — suggerì James Jellico.

— Fatelo voi — scattò il serafino. — Dite loro di abbandonare le strade e salire sui tetti, per consentirci di raccoglierli. Dite loro di smetterla di morire inutilmente fino a quando saranno arrivate le mie truppe!

Così partirono Gelatina, Asmir, Alverd, e persino il vecchio Roald. Sorvolando a bassa quota la città, diramarono le istruzioni del serafino: — Salite sui tetti! Vi raccoglieremo!

Coloro che udirono tentarono di obbedire, imprecando e gridando, mentre gli Hippae, che in precedenza avevano sempre scelto di mostrarsi, li aggredivano da ogni porta, da ogni angolo, da ogni strada in apparenza deserta, sbucando dal nulla, rivelandosi soltanto al momento di affondare le zanne: come camaleonti, mutavano il colore della pelle per mimetizzarsi coi muri delle case, talché soltanto il baluginare degli occhi e delle zanne li tradiva, troppo spesso quando era ormai troppo tardi. Tuttavia, i mostri che avevano avuto l’arroganza di farsi cavalcare dai bon non potevano mimetizzare i loro cavalieri orrendi, così che la vista dei corpi dondolanti lungo i muri bastava a rivelarne la presenza.

Nel guardare dal suo aeromobile, Roald si domandò per quale ragione arcana gli Hippae avessero inscenato quell’orrida parodia di Caccia. Vivi, moribondi o defunti che fossero, i cavalieri cadevano quando gli Hippae crollavano uccisi: alcuni che sembravano in grado di sopravvivere furono raccolti, però neppure costoro sapevano per quale ragione si trovassero lì. Perché gli Hippae li avevano portati?

— Vedo morire parecchi Hippae — bisbigliò Roald ad Alverd, nel volare da un tetto all’altro.

— Anch’io — rispose il sindaco, meravigliato. — Ma chi li uccide? I soldati no di certo, visto che sono tutti bloccati alla Capitaneria.

— Noi, credo.

Alverd sbuffò: — Non mi sembra affatto probabile. Guarda, ecco laggiù un altro mostro morto, presso quell’angolo: è completamente straziato.

— Se non siamo noi, chi li uccide, allora?

— Lo ignoro. Ma credo che si tratti di creature invisibili e zannute.

Dal piano inferiore degli appartamenti invernali dell’Albergo dell’Astroporto, Marjorie si addentrò nei sotterranei labirintici alla volta delle stalle, che si trovavano quasi a ridosso della Mug. I suoi passi echeggiavano sulla pietra. Agli incroci fra le gallerie, ognuno dei quali era illuminato da fioche luci, il registratore di rotta le consentiva di non smarrirsi.

Poiché le stalle non erano lontane dalla zona dove gli Hippae uccidevano e dilaniavano, le sarebbe stato difficile uscire coi cavalli senza essere scoperta; però avrebbe potuto tentare di rifugiarsi con essi nella foresta palustre. Era sicura che gli Hippae, se l’avessero scoperta e raggiunta, l’avrebbero massacrata, perché percepiva la loro collera e il loro odio nei suoi confronti: lei li aveva spiati, si era introdotta nel loro antro, li aveva affrontati. Non si sarebbero certo lasciati sfuggire l’occasione di vendicarsi.

Comunque, se fosse riuscita a condurre i cavalli fino al versante del colle e indirizzarli alla foresta, alcuni di essi si sarebbero sicuramente salvati. Una volta raggiunta la foresta, sarebbero stati protetti da Primo. I cavalli erano buoni e coraggiosi: meritavano praterie, puledri, libertà, e lunghi giorni di pascolo al sole, non una morte orrenda tra le fauci degli Hippae.

Quando ebbe stabilito, mediante il registratore di rotta, di aver percorso un tragitto sufficientemente lungo nella direzione giusta, Marjorie cominciò a cercare una scala che conducesse alla superficie, sperando che le stalle non avessero ancora attirato l’attenzione dei mostri, e che i cavalli non fossero feriti, o morti.

No , garantì una voce telepatica. I cavalli sono salvi.

Come raggelata, Marjorie s’immobilizzò. Appena si fu ripresa dallo sbalordimento causato da quella voce che apparteneva alla foresta, e non a quei sotterranei tenebrosi, si volse verso di essa, tremando, come l’ago di una bussola verso il settentrione.

Qui. Qui.

Come un pesce all’amo, Marjorie seguì la voce per gallerie in salita e tortuose rampe di scale, giungendo così nelle stalle, dove, dinanzi al portone, vide occhi e zanne brillare di quando in quando nell’aria increspata come un miraggio: Lui era là, coi cavalli che mangiavano tranquillamente. Quando Don Chisciotte la salutò con un dolce nitrito, Marjorie si addossò alla parete, scossa da un tremito, e si chiese se Lui fosse solo, o in compagnia di altre volpi: Perché sei qui? chiese.

Sapevo che saresti venuta nelle stalle , rispose Lui, trasmettendo limpide parole umane.

Ciò che l’uso di questo linguaggio implicava scosse Marjorie: Non avrei mai potuto abbandonare i miei amici.

Lo so. Lo sapevo anche prima, ma il mio popolo non credeva in te.

Ha cambiato idea?

Sì, a causa dei cavalli. Dopo questa risposta, Egli trasmise una serie di immagini: Marjorie in sella a Don Chisciotte, entrambi circondati dagli Hippae. Marjorie che rifiutava l’offerta di soccorso dell’aeromobile che li sovrastava. Amazzone e cavallo enormi, a mostrare l’importanza fondamentale della decisione. Marjorie che rifiutava di abbandonare i cavalli.

In quel momento , pensò Marjorie, ho creduto che fosse una sciocchezza.

Una sciocchezza. Importante. È importante sapere che una persona è disposta a rischiare la vita per una creatura diversa da lei. È importante sapere che gli umani provano lealtà. È importante sapere che l’amicizia può esistere anche fra razze diverse.

Gli Arbai erano vostri amici?

Una negazione. Arbai che istruivano gli Hippae e si sforzavano di ignorare le volpi che si aggiravano nei dintorni. Alle volpi sembrava che gli Arbai preferissero comunicare con distacco, anziché telepaticamente, come le volpi stesse. Schifiltoso riserbo degli Arbai. Pudore eccessivo, simile a quello di Marjorie, ma molto più esasperato. Incapacità di scorgere il male, ma rifiuto consapevole di comunicare intimamente.

Marjorie comprese a perfezione questo timore profondo degli Arbai: Confidenza eccessiva! Orribile!

Assenso. Eppure. Pietà e colpa per coloro che erano periti.

Gli Arbai furono sterminati anticamente, ma adesso stiamo morendo noi, annunciò Marjorie. Gli Hippae sono lassù: entreranno nel Comune e massacreranno tutti.

Sono già nel Comune, ma questa volta non uccidono molto.

Ci state proteggendo?

Adesso sappiamo che cosa sta succedendo.

Prima non lo sapevate? Non sapevate che cosa accadde agli Arbai? Sembrava impossibile, eppure, a ben vedere. Il massacro era avvenuto nel cuore della prateria, lontano dalla foresta.

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