Connie Willis - Il sogno di Lincoln

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Vincitore del John W. Campbell Memorial Award, ambito premio statunitense riservato agli autori più promettenti,
(1987) è il primo romanzo importante di Conie Willis, un’autrice che si è poi segnalata con opere di tutto rispetto.
Che accadrebbe se una donna dei nostri tempi scoprisse di poter viaggiare nel tempo grazie ai suoi poteri mentali, in particolare a una specie di ponte psichico stabilito con il generale Robert Lee, il grande sconfitto della guerra civile? Da questa premessa parte un romanzo appassionante, una cruda e realistica ricostruzione della guerra civile americana e del suo mondo, ma anche un’avventura ricca di imprevisti: per esempio; che ruolo ha nella vicenda il cavallo di Lee, Traveller? E perché un uomo dei nostri glomi sembra inspiegabilmente identificarsi con lui? Lo scoprirete con Connie Willis.

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Gli uomini, la maggior parte ragazzi, a piedi nudi e affamati e morti di stanchezza, i suoi uomini gli si fecero intorno gridando “Noi continueremo a combattere per te, generale!” e “Ti vorremo sempre bene!” e “Addio!”, ma la maggior parte di loro non riuscì a parlare e allungava le mani per toccare la criniera di Traveller, i fianchi setosi. Lee guardava di fronte a sé, il viso fisso, gli occhi pieni di lacrime, ma Traveller continuò a scuotere la testa, mentre avanzava lungo le file schierate, come se quegli applausi fossero per lui.

— Va tutto bene — le dissi. — Non sognerai più. La guerra è finita.

Lei mi tese le braccia e allora io la circondai con le mie, la tenni stretta e non la lasciai più andare.

14

Lee comprese l’inevitabilità della resa prima di tutti i suoi generali. Quando arrivarono a quell’ultimo frutteto metà della sua armata era già stata distrutta. Nulla rimaneva della fanteria se non poche brigate e i corpi di Longstreet e di Gordon, e nessuno di loro aveva mangiato nulla ormai da giorni. Tuttavia, quando egli mostrò la prima lettera di Grant con le proposte per la resa, Longstreet scattò: — Non ancora — e quando chiese a Venable che risposta avrebbe dovuto mandare questi rispose rigido: — Io non manderei nessuna risposta a una lettera simile.

— Invece una risposta bisogna mandarla — disse Lee.

L’ultima notte prima della resa dormì, da solo, sotto un albero di mele, tenendo in pugno le redini di Traveller.

Continuammo a leggere le bozze nella caffetteria, il giorno seguente, come se nulla fosse accaduto e noi dovessimo fare quello per tutte le mattine della nostra vita. Durante la notte la neve si era traformata in una pioggia gelata.

— Per questo pomeriggio dovremmo aver finito — dissi — e quindi domani potremo consegnarle all’editore, a New York. Cosa si prevede per il tempo? — chiesi alla nostra cameriera.

— Sta piovendo forte a nord di qui. Dei camionisti appena arrivati parlavano di inondazioni.

Annie sbadigliò. Era bellissima, riposata, le guance rosee come quella notte in cui era venuta da me a cercare aiuto. Le presi la mano.

— Perché non torni a letto? — dissi. — Hai un mucchio di sonno da recuperare. Io chiamerò Mc Laws e Herndon. — La cameriera si accigliò. — E le informazioni autostradali.

Tornammo in camera. Chiamai la segreteria telefonica per assicurarmi che Broun non avesse improvvisamente deciso di tornar a casa. C’era un messaggio. “Centro!” diceva Broun, con voce eccitata. “Sapevo di essere sulla pista giusta. La clinica del sonno sta studiando alcuni pazienti con la tubercolosi ai quali la febbre provoca una quantità maggiore di sonno REM. Tutti sognano di venir sepolti vivi. Dicono di avere perfino la sensazione della terra fredda e umida che viene spalata sopra di loro. I medici dicono che si tratta di sudore notturno, ma io ho parlato con loro e molti mi hanno detto di aver iniziato ad avere questi sogni prima di qualsiasi altro sintomo della malattia imminente.

E non è tutto qui: man mano che la malattia progredisce i sogni diventano più chiari e meno simbolici e loro iniziano a sognare i loro stessi sintomi, febbri e accessi di tosse e sangue, e a volte la loro stessa morte, il funerale, la bara. Ecco perché Lincoln sognò della bara quell’ultima settimana. La sua acromegalia stava peggiorando.

“Ma ora viene la parte migliore. Uno dei pazienti è questo ragazzo che stava leggendo L’Isola del Tesoro. Gli ho chiesto se gli piaceva e lui ha risposto che Robert Louis Stevenson era il suo eroe, perché aveva avuto la TBC da ragazzo. E perché Stevenson una volta sognò di essere sepolto vivo, come lui. Robert Louis Stevenson aveva fatto il suo stesso sogno più di cento anni prima!”

Non diceva dove si trovasse. Aveva un ricevimento il sabato e un appuntamento con un neurologo il lunedì. Sarebbe arrivato a casa il martedì, se avesse finito di esplorare la faccenda dei sogni prodromici.

L’agente di Broun aveva lasciato un altro messaggio. “Ho detto a Mc Laws e Herndon che le bozze sarebbero arrivate lunedì al più tardi. Devi portarle anche se non riesci a contattare Broun.”

Prima ancora che lei avesse finito di parlare, interveniva Richard: “Devi metterti immediatamente in contatto con me”.

— Te lo puoi scordare — dissi io, e riappesi. Presi le bozze e ritornai nella stanza di Annie. Lei dormiva, fuori dalle coperte, le gambe raggomitolate contro il corpo. Si teneva il braccio sinistro, come se le dolesse. Presi la coperta piegata che stava ai piedi del letto e gliela distesi sopra.

C’erano ancora solo poche pagine del Legame del Dovere da controllare. La signora Macklin aveva rotto il polso di Nelly tentando di strapparla dal letto del suo soldatino morto. Il chirurgo ubriaco aveva dovuto smettere un momento di segare braccia per sistemarle il suo e steccarglielo. La signora Macklin avrebbe voluto rimandarla a casa. — Non serve a nulla che tu stia qui — le disse.

— Mi ha già detto questo una volta — rispose Nelly. — Lei ha il suo dovere. Io ho il mio — e continuò a lavorare finché l’ospedale rimase in piedi, il che non fu ancora per molto. Gli eserciti superarono Winchester e l’ospedale dovette essere trasferito e infine smantellato. I soldati che non potevano camminare vennero trasportati via sui carri. Quando il battaglione di Ben li raggiunse per proseguire la sua via verso Fredericksburg, Ben andò con loro.

— No — esclamò Nelly, quando lui le disse che stava partendo.

Annie sedette sul letto e gridò. Sobbalzai come se mi avessero sparato. Balzai in piedi, facendo cadere le bozze. Avevo un piede addormentato e rischiai di cadere sul letto. Lei gridò di nuovo e tese le braccia come per tenermi lontano. Le afferrai per i polsi. — Svegliati, Annie. Stai facendo un brutto sogno. Svegliati!

Sentivo il battito del suo cuore attraverso le vene dei polsi, velocissimo e leggero. — No! — gridò lei, e la sua voce era disperata. Tentò di strapparsi alla mia stretta.

— Annie, svegliati! È solo un sogno.

— Ho così freddo — disse, e per un attimo pensai che fosse sveglia. — Fa tanto freddo, nella chiesa. — Stava tramando e il respiro le usciva in ansiti, come dopo una lunga corsa. — L’incontro è stato così lungo.

Quale incontro? Non l’incontro con Longstreet a Gettysburg. Quello era stato in una scuola, non in una chiesa. La chiesa di Dunker? Certo non stava sognando Antietam, non ora, quando i sogni avrebbero dovuto essere finiti.

— Loro non riuscivano a decidere… alla fine io ho detto… così freddo! — Stava battendo i denti. Le lasciai andare i polsi e le avvolsi la coperta alle spalle. Tirai il copriletto sulle gambe.

— Su che cos’era l’incontro?

Tentò di dire qualcosa nonostante i denti le battessero ancora, poi chiuse gli occhi e si girò sul fianco. Si lamentò e si mosse, come se il braccio le dolesse. Allora con l’altra mano afferrò il gomito e mormorò qualcosa che io non riuscii a capire. Poi si voltò di nuovo, sempre tenendosi il braccio, e disse chiaramente — Dite a Hill di venire.

E allora seppi di che chiesa si trattava, chiusi gli occhi.

Dormì ancora per un’ora. Io rimasi seduto accanto a lei per un attimo, poi andai nell’altra stanza, zoppicando sul piede ancora intorpidito, strappai le coperte dal mio letto e le misi su di lei.

Il telefono suonò. Era la moglie del veterinario con un messaggio. Il dottor Barton aveva chiamato dalla conferenza dove si trovava. Voleva farmi sapere due cose. Una era che aveva parlato di me con alcuni suoi colleghi e uno aveva menzionato un articolo sull’acromegalia recentemente apparso su una rivista scientifica. Pensava che l’informazione mi potesse essere utile. La moglie non sapeva il nome della rivista, stava solo riferendo il messaggio. La seconda cosa era che finalmente era riuscito a parlare con sua sorella. Questa non ricordava che il padre le avesse mai detto di aver sognato bare o barche, e pensava che in caso contrario l’avrebbe saputo. Lui si interessava molto ai sogni, a causa dei suoi studi sugli egizi. Aveva invece avuto per molti mesi prima di morire un sogno che lui riteneva essere un avvertimento della propria morte. Aveva sognato di giacere senza vita sotto l’albero di mele del suo cortile.

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