Salii di corsa le scale, attraversai l’entrata e arrivai ansimante al banco della ricezione. — Ha visto entrare un uomo, alto circa come me. vestito da medico?
L’impiegato sorrise. — Sta cercando la signora Davis? — fece, calcando sul signora. — Ci ha chiesto di chiamare un taxi.
Un taxi? Non era su un’auto con Richard, drogata e inerme, diretta a Washington. Aveva preso un taxi per Arlington perché io non l’avevo voluta portare. — Ha detto dove andava?
— A me non ha detto nulla — rispose lui. ancora sorridente. — Però, quando ha telefonato al taxi, l’ho sentita dire che voleva andare al campo di battaglia di Fredericksburg.
Feci le scale due alla volta, afferrai le chiavi della macchina le ridiscesi di corsa, verso il parcheggio. Ma prima ancora di aver guidato per due isolati, a tutto gas, avevo capito che era troppo tardi.
Lincoln perdonava le sentinelle che si addormentavano in servizio, dicendo che era difficile per ragazzi di campagna abbandonare le abitudini della fattoria. Ma non avrebbe mai perdonato me. Avevo lasciato Annie andare al campo di battaglia da sola, e stava iniziando a nevicare.
Lee non smise mai di amare i cavalli, fino alla fine. Una delle sue maggiori preoccupazioni in quell’ultima settimana, mentre Five Forks cadeva e Sheridan tagliava tutte le vie di fuga verso il nord, fu per i muli e i cavalli che stavano morendo di fame. Aveva dovuto destinare le loro razioni di granturco agli uomini.
La mattina della resa il colonnello John Haskell arrivò galoppando “come il vento” con la notizia che Fitz Lee aveva appena scoperto una possibile via di fuga. Il colonnello aveva solo un braccio, per cui non poté fermare il cavallo fino a che non fu parecchi metri oltre Lee. “Che cosa c’è?” gridò Lee, correndo verso il cavallo quasi strangolato. “Oh, perché l’hai fatto? Hai ucciso il tuo stupendo cavallo!”
Il taxi azzurro era fermo appena fuori dai cancelli del Parco. Mi lanciai oltre le terrazze in discesa, verso il cimitero. Non diedi nemmeno un’occhiata al Centro Visitatori o ai vialetti lastricati. C’era solo un posto in cui potevo trovarla.
Era in piedi sulla cima delle Alture di Mary, nel punto in cui Lee doveva aver sostato, con il cappotto grigio che si gonfiava di vento attorno alle gambe. Stava nevicando, fiocchi non grandi che cadevano di traverso con cattiveria, come una pioggia di colpi di fucile. Aveva in mano un dépliant, ma non lo guardava. Che cosa stava guardando? Il luccichio del sole sul metallo, le bandiere al vento, l’immobilità irreale, prima che gli uomini giù nella pianura aperta venissero fatti a pezzi, le bandiere abbattute a una a una e i cavalli trucidati? Oppure le tombe, sulle terrazze digradanti, file e file?
Arrivai su all’ultimo gradino, ansimando. — Stai bene? — chiesi, senza riuscire a respirare.
— Sì — rispose lei, e mi sorrise, il viso grave e gentile.
— Avresti dovuto svegliarmi — dissi — ti avrei portata io.
— Avevi bisogno di dormire un po’. Sono preoccupata per te. Rimani sveglio tutte le notti e non riposi mai.
Si girò e guardò il declivio solcato dalle file di tombe.
— Questo cimitero non fu costruito che fino a dopo la guerra — dissi, parlando ancora con difficoltà. — Non è come se avessero sepolto qui i caduti subito dopo la battaglia. È diventato cimitero nazionale solo nel 1865. Molti soldati sepolti qui probabilmente non sono nemmeno morti in guerra.
Lei abbassò gli occhi sul vialetto lastricato. C’erano lastre di granito sistemate fra i mattoni. Si chinò a togliere la neve da una di queste. — Qui è dove sono sepolti i soldati sconosciuti, vero?
— Nessuna di queste tombe appartiene a soldati confederati — dissi. — E non vengono nemmeno tutti dalla battaglia di Fredericksburg. I soldati confederati sono tutti sepolti nel cimitero della città.
Si rialzò e guardò il dépliant. — Qui dice che ci sono sepolti più di dodicimila soldati senza nome — disse — ma in realtà non ce ne sono, sai. Non ce n’è nessuno.
Le presi di mano il dépliant e finsi di leggerlo. La neve aveva sciolto l’inchiostro in grosse macchie.
— Hai detto che nessuno sa cosa sia successo alla gallina, ma non è vero — disse. — Io so che cosa è successo. È stata uccisa. Uno dei soldati le ha tirato il collo per mangiare.
— Non puoi saperlo. Forse è scappata nei boschi ed è diventata una gallina selvatica. Forse una ragazza l’ha trovata e tenuta con sé.
— Il dépliant dice che nessuno sa che cosa sia successo al soldato sepolto sotto questa lastra, ma anche questo non è vero. Dopo la guerra, quando lui non tornò a casa, le persone che lo stavano aspettando seppero. Seppero che era morto perché non era tornato a casa.
— Alcuni dei soldati non tornarono a casa dopo la guerra. Alcuni scapparono in California, nella corsa all’oro, e scrissero a casa lettere che si persero nella posta. Ma non erano morti.
Il vento era caduto e la neve ora scendeva lentamente, coprendo i numeri incisi sulle lastre ai nostri piedi, seppellendo i ragazzi dai capelli gialli e dalle braccia spalancate, sciogliendo l’inchiostro sui foglietti agganciati alle loro maniche.
— Che cosa succede a Ben nel Legame del Dovere ? — chiese Annie.
Non avevo idea di come Broun avesse fatto finire il libro. Aveva ucciso Malachi e Toby e Caleb. Magari aveva scatenato un’epidedia di tifo nell’ultimo capitolo e ucciso anche tutti gli altri. — Non lo so — dissi.
— Muore?
— Muore? Ben? Ma lui è l’eroe. Certo che non muore. Sposa Nelly e tornano insieme a Hillsboro, fanno dieci bambini e vivono felici e contenti. A Broun piace il lieto fine.
La lastra ora era completamente coperta dalla neve. Non si riusciva più a distinguere il vialetto.
— Mi dispiace di averti trascinato in tutto questo, Jeff — disse lei, con lo sguardo ancora sulla lastra. — Avevo bisogno del tuo aiuto. Non ho nemmeno pensato a cosa avrebbe significato per te. — Alzò gli occhi a guardarmi. — Ho fatto un altro sogno.
— Quando? Questo pomeriggio? È per questo che sei venuta qui da sola?
— La notte scorsa — disse. — Non te l’ho detto.
— Perché non volevi svegliarmi?
— Perché non volevo averlo fatto. Perché sapevo già che cosa significava.
— Non sei obbligata a dirmi i tuoi sogni — cercai di rassicurarla. — Lascia che ti porti in albergo. Sta iniziando a nevicare di più. Prenderai la polmonite.
— Sapevi che quando Willie Lincoln rimase a letto con la polmonite Bud Taft gli tenne la mano per tutto il tempo?
— Annie…
— Bud una volta si addormentò e Lincoln lo prese in braccio e lo portò in un’altra stanza. Non avrebbe dovuto farlo. Willie avrebbe potuto chiamarlo.
— Bud era solo un ragazzino — dissi io.
— Proprio prima di morire, Willie strinse la mano di Bud e pronunciò il suo nome. — Guardò ancora la neve che scendeva sulle tombe. — Che cosa accadde a Lee dopo la guerra?
— Visse ancora per anni. Divenne presidente del Washington College. Miley gli fece il ritratto e i turisti andavano a visitarlo e strappavano un pelo dalla coda di Traveller. Lee diceva che ormai pareva un pollo spennato. Portava i bambini a fare un giro su Traveller e lasciava che gli mettessero margherite sulla criniera. Vissero per anni.
— Penso che la guerra sia quasi finita — disse lei. — Penso che sia questo il significato dell’ultimo sogno.
— Sapevi che Traveller salvò la vita di Lee, proprio qui? — feci, con il tono involontario di una guida turistica. — Arrivò una granata e Traveller si impennò, facendola passare sotto di sé. Avrebbero potuto morire entrambi.
Lei non mi sentiva nemmeno.
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