ANDROMACA: Anche i miei occhi non hanno più lacrime da versare. ( Alza lo sguardo sino alle mura sopra di loro dove un gruppo di persone si è fermato a guardare ) Sgualdrina!
ECUBA: ( Alzando a sua volta lo sguardo ) Stai parlando di Elena.
ANDROMACA: Be’, lei non è qui, nella polvere con noi, vero? Non sta cercando di trovare cibo per un bimbo o domandandosi di chi diverrà schiava…
ECUBA: Quella donna non sarà schiava di nessuno. Menelao ha giurato di ucciderla.
ANDROMACA: Non lo farà. Perché dovrebbe uccidere la causa di tanta gloria? Uccidere la musa che ha ispirato diecimila canzoni? Tornerà a essere sposa e regina, ricoperta di onori, esibita come la preziosa vacca qual è. Siederà su un trono istoriato con un telaio d’argento e uno scialle di seta quando noi saremo tutte morte. ( Guarda verso Elena che ride in cima all’edificio ) Possa il suo ventre essere per sempre sterile. Possa non aver mai un altro figlio. Possa…
ECUBA: Shh, shh. Le tue maledizioni potrebbero venir udite e in questo modo scateneresti le Erinni contro di te. Chi invoca maledizioni contro i propri congiunti scatena le tre vendicatrici contro se stesso…
— Una pausa per una nota a piè pagina — disse Corrig sfogliando il libro. — Cosa sono le Erinni? Non me lo ricordo.
— Furie — rispose Stavia, sorseggiando il suo tè.
— Ah, già. “Rabbia, Vendetta e Gelosia che ritornano dal mondo dei morti sulla terra per punire certi atti, in particolare gli assassinii dei parenti e cose del genere”. Elena era parente di Ecuba e Andromaca? O erano greche anche loro?
— Era sposata a uno dei loro uomini. Non so, Corrig, penso che a scuola mi abbiano detto che tutte le donne sono sorelle o qualcosa del genere.
— Mmm — borbottò lui. — Be’, torniamo al testo…
ANDROMACA: Non sto maledicendo un parente. Io maledico lei e quei greci che hanno ucciso Ettore. Non sono miei parenti.
ECUBA: È una donna, Andromaca. Una sorella. Forse lei stessa si considera troiana. Per lunghi anni ha camminato nei corridoi illuminati dalle torce di Troia.
ANDROMACA: Anche se lo avesse fatto per un solo giorno, sarebbe stato troppo.
ECUBA: Anche un’ora, Andromaca, ma non rischiamo il poco che ci è rimasto per lei.
ANDROMACA: E cosa ci rimane?
ECUBA: Tu eri la moglie del mio amato figlio e sei viva. Tuo figlio Astianatte è vivo. E anch’io lo sono, sebbene ciò sia di poco conforto per entrambe.
ANDROMACA: Anche le tue figlie Polissena e Cassandra sono vive.
ECUBA: Questo è vero, così non provochiamo le Furie con semplici maledizioni. ( Prende il bimbo dalle braccia di Andromaca ) Oh, piccolo, piccolo. Piccolo Astianatte. Sta cercando di addormentarsi.
ANDROMACA: A proposito di maledizioni. Arriva Taltibio.
( Taltibio entra da sinistra )
ECUBA: ( Cerca qualcosa nella sua tunica ) Arrivi come un corvo, messaggero, a portare disonore alle mie vecchie orecchie?
TALTIBIO: Io porto i messaggi che mi sono affidati.
ECUBA: Non ti affidano mai buone notizie dunque, o Taltibio?
TALTIBIO: O moglie di Priamo, se avessero cose felici da riferire verrebbero essi stessi con gioia.
ANDROMACA: Ma ti hanno mandato con la bocca piena di vomito e il sangue di Ettore che ancora imbratta la tua lingua.
ECUBA: Shh, shh, figlia. Il messaggero porta solo ciò che gli vien detto. E cosa porti oggi, Taltibio?
TALTIBIO: Alcune nuove sui tuoi figli, o moglie di Priamo. ( Cerca una parte accettabile del messaggio ) Cassandra. Porto notizie di Cassandra.
ECUBA: ( Assentisce ) È diventata quasi pazza, sai? Corre per tutto il palazzo, danzando su è giù con le torce nelle mani, volteggiando sinché non si dà fuoco ai capelli. Abbiamo lanciato dei lenzuoli bagnati sopra di lei tenendola finché non s’è spento il fuoco. Le sue nozze avrebbero dovuto scintillare come una pira, così ha detto. Cos’altro resta da sapere di Cassandra?
TALTIBIO: Agamennone la porterà con sé. Gli piace.
ANDROMACA: Non si può far molto conto di queste cose. Gli piace, dici? Allora gli piace schernire gli Dei e preparare la sua rovina. Cosa ne farà di lei?
TALTIBIO: Giacerà con lei, credo, signora.
ANDROMACA: Giacerà con la vergine sacerdotessa di Atena! Quando l’avrà fatto, allora forse vorrà maledire Zeus e pisciare sull’immagine di Apollo? Oppure è impazzito a tal punto da voler cercare una compagna che sia uscita di senno al pari di lui?
ECUBA: Shh, figlia. Non maledire i greci anche quando maledicono se stessi. Così, Taltibio, continua. Agamennone prenderà Cassandra. Che ne sarà di Polissena?
TALTIBIO: ( Dopo una pausa di disagio ) È stata assegnata a caso, come voi tutte.
ECUBA: Come? A chi? Quale dei greci prenderà Polissena?
TALTIBIO: È stata assegnata al servizio della tomba di Achille.
ECUBA: Schiava di una pietra tombale. Che orrore per una ragazza come lei. Ama le arti dei vivi, Taltibio. Danzare, mangiare. E pensare che dovrà servire la tomba di Achille.
TALTIBIO: Considerala fortunata, regina. Il suo destino la libera dai guai che ancora vi affliggono…
ECUBA: E di quali guai sono afflitta? Sarò schiava. Quando migliaia sono morti insepolti sul campo di battaglia. Quando il sangue corre a nutrire il terreno, la schiavitù può essere considerata una disgrazia così grande?
TALTIBIO: Tu sarai la schiava di Odisseo.
ECUBA: Il suo dominio sarà breve quanto la vita che ancora mi rimane da vivere, Taltibio. Io sono vecchia. Vedi? I miei capelli sono bianchi.
TALBITIO: ( Chinandosi per vederla più da vicino ) Hai ancora molti anni davanti a te.
ECUBA: ( Cerca ancora nella sua tunica poi solleva le mani e le apre di fronte a sé, osservandole. Fa una pausa ) Mia figlia Cassandra dice di no.
TALTIBIO: Nessuno crede alle parole di Cassandra. E per quel che riguarda Andromaca…
ANDROMACA: Sarò schiava? Lo so già. E io dico: come la madre del mio sposo, la mia schiavitù sarà breve.
TALTIBIO: Ma tu sei giovane.
ANDROMACA: Questo è vero.
ECUBA: Basta, Taltibio. Hai già detto troppo per una sola visita. Va’ a portare sventura altrove, almeno per un poco.
TALTIBIO: Regina, non posso farlo.
ANDROMACA: Vuoi ancora insulti?
ECUBA: Shh, shh.
TALTIBIO: Tuo figlio, Andromaca…
ANDROMACA: Non riferimi nessuna malvagità che possa turbare la sua poppata. Non dirmi che verrà strappato dalle mie braccia per essere portato in qualche altra casa.
TALTIBIO: Non ti dirò questo.
ANDROMACA: Verrà con me? Non lo lascerete qui?
TALTIBIO: ( Tristemente ) Qui, sì. Sulla terra di suo padre. Nel palazzo di suo padre.
ANDROMACA: Cosa dici?
TALTIBIO: Odisseo parlò davanti agli achei, magnificando la gloria di Ettore. Ha detto che non sarebbe saggio lasciare che il figlio di un eroe cresca per poterlo vendicare.
ANDROMACA: Lo lasceranno qui? Con un pastore, un artigiano o qualche povera famiglia?
TALTIBIO: Qui tra queste pietre. Gettato dalle mura di Troia perché muoia. Così hanno deciso.
ANDROMACA: ( Urla e piange suo figlio. Taltibio chiama le guardie per aiutarlo a sottrarle il bambino ) Io ti maledico, Taltibio, maledico te e quelli che ti hanno mandato; maledico le loro navi e i loro soldati. Io invoco le Furie. No, oh no. Lasciatemelo. È solo un bambino. Ha le labbra ancora calde del mio latte. Gli dei, Taltibio, gli dei ti malediranno. … non farlo. ( Piange e strepita )
ECUBA: ( Abbracciandola ) Andromaca. Amore. Figlia mia. Dolce giovinetta. Vieni qui e abbracciami. Come possono portar via tuo figlio…
( Viene un urlo dalla cima delle mura. È un urlo lungo, straziante come quello di un uccello. Alzano il capo. Taltibio ha gettato il bambino dalle mura. Le guardie stanno guardando tutte in basso. La figura spettrale di Ifigenia cammina vicino a loro… )
Читать дальше