— Pensavo che fosse più cortese.
Morgot rifletté su quelle parole, aggrottando la fronte. — No. A volte può comportasi in maniera gentile, questo sì. A volte può dimostrasi divertente e perfino sexy, ma non credo che nessuno possa dire che Michael sia cortese. Be’, in ogni caso, Sylvia mandò a dire che, durante il carnevale, Chernon sarebbe dovuto andare da sua zia. Sylvia ha una sorella, Erica, che vive nella Strada delle Tessitrici. Chernon è sempre andato da lei durante i carnevali. Visto che Vinsas non aveva nessun interesse per Erica, ha smesso di tormentare Chernon. L’ho saputo da Michael sebbene lui sia stato reticente al riguardo. — Morgot mescolò dei cereali misti in un’altra terrina. — Direi che è pronto. Non appena avrò tagliato il pane penso che potremo chiamare il resto della famiglia per mangiare.
— Povero Chernon.
— Perché è venuto a parlarti? — Adesso era Morgot che voleva sapere.
— Non lo so — Stavia era realmente sconcertata dall’intera faccenda. — Veramente non lo so.
— Forse sente la mancanza di sua madre — disse Morgot con le labbra leggermente tremanti, come le accadeva a volte quando pensava ai ragazzi, là nella guarnigione.
— Pensi di avere altri figli? — chiese Stavia, convinta che la madre fosse dell’umore adatto per uno scambio di confidenze.
Morgot scosse il capo seguendo il ritmo della sua mano che tagliava il pane. — Non credo, amore. Cinque sono sufficienti. Tre ragazzi. Sono passati otto anni da quando ho portato Byram a suo padre. Avevo dimenticato quanto si soffre.
Myra arrivò in cucina, con il passo strascicato che aveva adottato recentemente. — Non mettere più al mondo dei bambini. Una bambina piuttosto. Una sorellina nuova per me.
— Be’, questa è un’idea — disse Morgot con un sorriso. — Se solo si potesse essere sicuri di mettere al mondo una femmina…
Forse Morgot avrebbe potuto pensare di concepire una figlia, ma non nel prossimo carnevale, a quello che giudicò Stavia. Forse Morgot avrebbe potuto decidere di avere un altro figlio — dopotutto aveva solo trentacinque anni — ma non sarebbe avvenuto molto presto.
Eppure mancava ancora del tempo al prossimo carnevale. Ci sarebbero state lunghe settimane di studio prima. Stavia stava studiando recitazione al corso d’arte; il suo progetto era imparare Ifigenia a Troia , la commedia tradizionale che il Concilio metteva in scena prima del carnevale estivo. Tutti gli studenti della scuola d’arte dovevano imparare come realizzare i costumi, il trucco e le scenografie, oltre a ciò avevano l’obbligo di imparare almeno una parte nella tragedia. Visto che la commedia non era molto lunga, Stavia aveva deciso che non avrebbe avuto molta difficoltà a imparare tutta l’opera. Poi, al corso di scienze avrebbe studiato fisiologia, una materia nella quale eccelleva e al corso di artigianato avrebbe appreso alcune tecniche di giardinaggio che avrebbero potuto essere divertenti. C’era sempre una nuova materia dell’Ordine del Paese delle Donne da memorizzare e una vecchia da ripassare. E oltre a tutto ciò, visto che aveva passato i dieci anni, avrebbe iniziato a studiare materie femminili: amministrazione della casa, direzione della famiglia e abilità sessuali. In più ci sarebbero stati dei programmi facoltativi per ogni materia: Stavia li menzionò con sbalordimento, domandandosi quali avrebbe dovuto scegliere.
— Da quello che vedo, Stavvy, non hai delle materie in cui sei particolarmente dotata — Myra piluccò in un piatto di frutta in umido per prendere uno spicchio di mela tra le dita. Morgot le allontanò la mano con uno schiavetto.
— È molto brava in scienze biologiche — la corresse Morgot, versando i cereali cotti in una vaschetta — ha un grande potenziale come infermiera.
— O magari come dottoressa — canzonò Myra. — Stupidaggini.
— Non tutti possiamo essere grandi coreografi — disse Morgot, alludendo all’attuale ambizione di Myra — o tessitori.
Myra arrossì di rabbia; la direttrice del negozio di sartoria aveva minacciato di allontanare Myra dal gruppo delle apprendiste a causa della sua mancanza di applicazione. Tutto quello che Myra desiderava fare era danzare, e non aveva pazienza di apprendere null’altro. Cominciò a ribattere qualcosa, poi pensò che era meglio trattenersi.
Morgot osservò quella reazione e continuò con voce calma: — Stavia saprà sfruttare al meglio le sue capacità. Myra, vuoi dire a Joshua che la zuppa è pronta, per favore?
— Sa quando è il momento della cena — rispose Myra con sarcasmo.
— Myra! — Morgot si volse verso la figlia con il viso colmo di un furioso imbarazzo. — Il tuo comportamento è sgarbato in maniera insopportabile!
Myra ebbe la grazia di arrossire nuovamente e il buon senso di restarsene zitta. Quando ebbe lasciato la stanza, Stavia chiese dubbiosa: — Perché si comporta così?
— Tua sorella si è incapricciata di un guerriero. Joshua mi ha riferito che si sono scambiati dei biglietti in cima alle mura. Mi aspetto che il prossimo carnevale abbiano un appuntamento.
— E perché questo la costringe a essere così antipatica con Joshua?
— Il giovane guerriero le ha probabilmente detto parole dure su Joshua, o forse nei confronti degli uomini che tornano. Sai cosa pensano i guerrieri sui servitori.
— Sapevo che a volte li dileggiano ma non credevo che fosse un atteggiamento comunicabile — “Vergogna su Myra”, pensò.
La bocca di Morgot si contorse in una piccola smorfia. — Be’ evidentemente lo è. Tuttavia il corso di una tale malattia è breve. Forse Myra la supererà. — Mise la lampada di sego in mezzo alla tavola regolando lo stoppino per ridurre il fumo. I tenui colori del tavolo piastrellato scintillarono alla luce della lampada, riflettendosi sui piatti di terracotta, sulle coppe, sul legno levigato dei cucchiai e sulle forchette a due punte. — I tovaglioli, Stavvy.
Stavia li prese dal cassetto che stava vicino alla finestra, custoditi ciascuno nel suo portatovagliolo intagliato. Joshua stesso aveva scolpito i portatovaglioli: un angelo danzante per Myra, una civetta per Morgot, un mazzo di fiori ed erbe per Stavia e un papero dall’aria buffa per se stesso. In fondo al cassetto c’erano tre altri portatovaglioli: un pesce, un gallo e una cavalletta. Appartenevano ad Habby, Byram e a Jerby. Nessuno li usava se non durante i carnevali quando i ragazzi tornavano a casa.
Joshua le raggiunse per la cena, prendendo posto a un’estremità del tavolo con un sospiro. — Sono contento che sia venuta sera. Sembra che tutti a Marthatown si siano tagliati o fatti male oggi. L’ospedale non aveva tanto lavoro da mesi. A tarda sera abbiamo avuto anche dei ritornanti.
— Ritornanti?
— Altre crisi. Due, uno di essi è stato malmenato malamente, temo.
Morgot posò la forchetta che aveva quasi portato alla bocca. — Ma non è permesso picchiare i ritornanti.
— Oh, il ragazzo ha detto che l’attacco non è stato punito dagli ufficiali. Si è trattato solo di due suoi compagni, così ha detto, che hanno sfogato la loro aggressività su di lui.
— Nondimeno… Dovresti riferirlo al Concilio — assentì in una particolare maniera che Stavia interpretava sempre come un segnale rivolto alla donna perché non dimenticasse qualcosa. Come se avesse voluto dire: “Mia cara, non davanti alle ragazze”.
— Hai ragione — rispose Morgot. — Rimarrà a Marthatown o andrà via?
— Ha deciso di partire. Lo farà nel giro di una settimana, penso. Si sarà rimesso a sufficienza da potersi spostare a Susantown.
— Non li rimprovero di averlo picchiato — intervenne Myra. — Il mio amico guerriero non si comporterebbe mai così, non tornerebbe mai indietro.
— Myra! — disse Morgot con un tono pericolosamente calmo nella voce. — Immagina se fosse toccata una cosa del genere a Jerby.
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