La guarnigione di Martatown partì due giorni dopo, mille e duecento uomini, contando anche i vivandieri e i cuochi che non combattevano. Persino la ventiquattresima centuria fu richiamata perché i ragazzi servissero come portaordini e si prestassero ad altri ruoli non combattenti. Tutta la notte le componenti del Concilio avevano montato la guardia presso La Porta del Paese delle Donne, pregando per coloro che potevano ancora tornare attraverso quella Porta, sperando che qualcuno sarebbe ritornato. Nessuno tornò.
Morgot e Stavia stavano tra le altre consigliere, vestite con abiti blu, raccolte all’estremità più orientale del muro sopra l’armeria, per osservare la partenza. Era la prima volta che Stavia indossava quegli abiti. Si sentiva sicura indossandoli, e tuttavia avvertiva una sostanziale inevitabilità nel loro peso. Ricordò, tornando indietro con la mente, di avere pensato a se stessa come a una copia in piccolo di Morgot. Ora la copia era sempre più simile all’originale.
All’estremità delle mura, Sylvia e Beneda piangevano salutando con la mano.
Nel campo della parata, molti dei giovani sfoggiavano oggetti, stendardi e insegne lucenti in cima alle lance. Chernon indossava una camicia verde e blu che Beneda gli aveva intessuto. Tuttavia non guardava verso sua sorella. I suoi occhi cercavano tra le donne, passando più volte dall’una all’altra. Quando alla fine trovò Stavia tra le componenti del Concilio sbarrò gli occhi e le narici. Non aveva pensato di trovarla là.
— Salutalo — le disse Morgot. — Sylvia e Beneda vi stanno guardando; salutalo con un sorriso.
Stavia salutò e sorrise guardando un punto sopra la sua testa. Vedeva altri volti conosciuti, un uomo divertente con cui aveva trascorso del tempo per due giorni durante un carnevale poco dopo essere tornata dall’Istituto, un altro che cantava saghe in una taverna mentre le cameriere, tra cui c’era stata anche lei, riempivano le coppe sui tavoli. Aveva goduto della compagnia di entrambi; li salutò e sorrise anche a loro. Morgot non stava guardando gli uomini ma le donne, scrutando i volti allineati sulle mura, fermandosi a esaminare questa o quella mentre salutavano. Madri di uomini nella guarnigione. Sorelle. Amanti.
Le fanfare suonarono. I tamburi riecheggiarono. Le centurie numerate, con i vuoti lasciati dai caduti o dagli uomini che erano tornati dalla porta, si unirono le une alle altre finché non furono formate dodici centurie intere pronte a marciare, con gli ufficiali in testa, una lunga colonna con gli stendardi svolazzanti e i nastri d’onore che sventolavano al vento, tutti i riconoscimenti che la guarnigione aveva raccolto in tutti quegli anni.
Dietro di loro, nella piazza, il coro delle donne cominciò a cantare “Va’, va’, guerriero.” Silenziosamente le parole, pronunciate dalle consigliere, passarono nella mente di Stavia.
Dov’è andato il mio amato guerriero
quello che mi fa sospirare?
I tamburi lo hanno portato via,
se ne è andato a morire
è andato a combattere per l’onore
è partito per provare paura e sofferenza.
Va’, oh, va’, guerriero.
Non ti vedrò mai più.
Sylvia e Beneda stavano ancora là sul muro, con le braccia che si agitavano senza fine. Lungo la strada, quasi avesse avuto un ripensamento, Chernon si volse, cercò madre e sorella e le salutò con la mano. Beneda raddoppiò i suoi sforzi, le sue braccia formavano un arco sopra di lei.
Sulla collina a ovest, Stavia poteva vedere diverse figure a cavallo di muli; ce n’erano parecchie lungo la fila. Esploratori, servitori. Nessuno dei guerrieri lasciò la fila in marcia per raggiungere le file dei senzalegge.
Le donne cominciarono ad abbandonare le mura. Stavia e Morgot rimasero finché fu loro possibile, ma Sylvia e Beneda le aspettavano nella piazza con le lacrime agli occhi. Sylvia si gettò tra le braccia di Morgot.
— Non posso sopportarlo — si lamentò. — Ho sofferto per lui così tante volte…
— Shh — disse Morgot con il viso pallido come il vento d’inverno. — Su, su.
— Andrà tutto bene — disse coraggiosamente Beneda. — Mamma, andiamo. Altre volte pensavamo di aver perso Chernon, ricordi? Ed è sempre tornato sano e salvo. Andiamo, mamma. Morgot e Stavia hanno delle cose da fare. Andiamo — abbracciò Stavia, bagnandole il volto con le lacrime e provocandole un doloroso groppo alla gola.
Si volsero e risalirono per la collina, due donne che si sorreggevano a vicenda, tra centinaia di altre.
Morgot si asciugò le lacrime e le osservò; era come se avesse cancellato ogni espressione dal suo volto, lasciandolo privo di qualsiasi emozione. Come il volto di Ecuba nella commedia. Lei e Stavia si avviarono su per la collina, lentamente, lasciando che le donne afflitte le precedessero.
— Esattamente qual è stato l’accordo con il Concilio di Tabithatown? — chiese Stavia — non me lo hai detto.
La voce di Morgot era priva di espressione come il suo volto. — Abbiamo controllato i messaggeri inviati da Michael e da Stephon per qualche tempo, sin da quando i servitori ci hanno avvisato che stavano pianificando una ribellione. Michael era in contatto con altre tre guarnigioni. Abbiamo identificato gli agitatori in ogni guarnigione e i membri della società dei servitori si sono occupati di ognuno di loro.
— E poi?
— Sfortunatamente i progetti di Michael avevano ben attecchito nella guarnigione di Marthatown negli ultimi mesi. E, naturalmente, la propaganda fatta da Chernon aveva infiammato i guerrieri come un incendio. — La sua mano salì agli occhi, premendovi come se avesse potuto tenervi prigioniera qualche emozione pericolosa che minacciava di sfuggirle. Percorsero diversi passi in silenzio prima che lei terminasse il discorso.
— Sì? — disse Stavia.
— Quando la nostra guarnigione raggiungerà il luogo della battaglia scoprià che le truppe di Tabithatown si sono unite alle altre guarnigioni; ci siamo incontrate con le rappresentanti dei loro Concilii. Le loro guarnigioni riunite supereranno la nostra di quattro a uno.
— Ah!
— Anche se i raccolti non sono mai stati migliori, i Concilii sono d’accordo che tutte le cinque guarnigioni che ci circondano devono essere ridotte di numero.
— E poi?
— E abbiamo convenuto che nessuno degli uomini di Marthatown deve tornare.
La sera prima del carnevale estivo, il trentasettesimo anno della vita di Stavia.
Durante le rappresentazioni di Ifigenia a Troia , gli attori che stavano sulle mura di Troia, Ifigenia stessa, e Achille potevano vedere il pubblico riunito e il verde parco del campo della guarnigione, ancora riecheggiante e apparentemente vuoto, sebbene fossero passati quasi sedici anni da quando la guarnigione di Marthatown era stata distrutta. Quando erano arrivate le notizie di quella sconfitta lo shock, il panico e l’isteria avevano invaso la città. C’erano state manifestazioni di dolore ma nessuna sepoltura; non c’erano stati guerrieri che avessero riportato a casa i morti.
Per gli uomini e i ragazzi sotto i ventiquattro anni, dopo che fu passato lo shock, ci fu la necessità di trovare una causa per la disfatta e di attribuirne a qualcuno la colpa. Fu il Concilio delle Donne che affermò che Michael, Stephon e Patrolco avevano tradito i loro uomini e avevano pianificato di mandarli a morire in una trappola. Qualcuno dei loro compagni traditori li aveva sicuramente uccisi per dividersi le loro spoglie. Il Concilio non aveva detto, non lo aveva fatto allora né mai sino a quel momento, quante guarnigioni e da quante città erano venute a predisporre la trappola. Era proibito sfilare con gli onori dei guerrieri della guarnigione distrutta visto che nessuno sapeva — così era stato detto — chi erano i cospiratori.
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