— Stavia, se farai qualcosa per me, io cercherò di ricambiarti. Se fai qualcosa per me, cercherò di aiutarti a fuggire di qui.
— Cosa? Cosa dici?
— Devi farmi una ferita per fargli credere di aver fatto quello che ti ha chiesto. Poi metti quella cosa dentro mia figlia.
— Dentro Fede? Ma è solo una bimba!
— No, no. La metterai a Castità. Vogliono darla in moglie, forse molto presto. È così duro per quelle più giovani. Se avesse quattro o cinque anni per crescere ancora…
— Capisco. E cosa vuoi fare?
— Gli dirò che quell’oggetto non funziona sempre; o forse che si è rovinato quando l’uomo te lo ha tolto. Forse perderò uno o due bambini ancora poi mi lascerà in pace. Spero che trovi qualcun’altra. Oh, se lo spero.
— Me, per esempio — disse Stavia con cinismo.
— Chiunque all’infuori di me — ammise Susannah — ma io ti aiuterò a fuggire. Giuro che lo farò.
Stavia osservò la donna attraverso il fumo che saliva dalla coppa di tè. Quante volte si era seduta a un tavolo osservando la gente attraverso il fumo? Morgot. Myra. Septemius. Aveva cercato di comprendere perché le persone fossero come erano. In quel caso non era necessaria un’analisi approfondita. Susannah era semplicemente sconfitta, stanca, esausta. — Potrei mettere questo a te e tornare con un altro per Castità — sussurrò Stavia — potremmo fare in modo di incontrarci nei boschi qui fuori. Potrei portarne una dozzina se tu volessi.
Susannah scosse il capo. — Potrebbero prenderti di nuovo. Del resto non ce ne è necessità. Siamo vicini alla fine di tutto, sai? Nascono sempre di più bambini morti oppure muoiono in seguito perché qualcosa non funziona dentro di loro. Tutto sta per finire e io ne sono felice… È solo… sai, si vuol bene ai propri figli…
— Se è questo che vuoi.
— È questo che voglio. Di cosa hai bisogno?
— Immagino che gli uomini bevano qualcosa. Birra? Qualcosa di più forte?
— A volte sì.
— Mi serve un poco di quello che bevono per sterillizzare meglio che posso questa cosa; ho bisogno di qualcosa come… una specie di punteruolo.
— Ne ho uno che utilizzo per fare le scarpe; le farà molto male?
— Penso che faremo meglio ad assicurarci di non farle del male — disse Stavia. Susannah avrebbe dovuto essere in grado di tenere un segreto; non avrebbe scommesso la sua vita su Castità, tuttavia. La ragazza sembrava sempre sul punto di svenire non appena qualcuno diceva bù!
Nella valigetta dei medicinali c’erano delle ampolle di anestetico locale, nascoste nel rivestimento interno insieme ad altri articoli più o meno “segreti”. La ferita superficiale a Susannah venne inflitta senza dolore; dopo che Castità ebbe bevuto un forte barbiturico e si fu addormentata, Stavia inserì l’impianto, dopo averlo imbevuto in una sostanza alcolica visto che non si era azzardata a bollirlo, profondamente nel fondoschiena di Castità, un posto che, secondo Susannah, nessun uomo avrebbe mai visto.
— Se lo avesse nel braccio — disse — potrebbe sentirlo, ma non qui.
— Le farà male quando si sveglierà.
— Le dirò di aver schiacciato un grosso ragno nel suo letto; potrebbe essere stato quello ad averle fatto del male.
Susannah disse a Risoluzione Brome di aver ricevuto la medicina nel braccio. In realtà nel braccio aveva una iniezione di cera d’api, che era stata l’unica cosa che lei e Stavia avevano potuto trovare per simulare la forma e la consistenza dell’impianto. Questo era stato ben riscaldato per sterilizzarlo, o almeno Stavia si augurava che lo fosse stato sufficientemente.
Quella notte il Vecchio Brome venne alla Casa delle Mogli. Stavia non riuscì a dormire a causa dei suoni provenienti da sotto, come dei colpi, poi in seguito quando lui se ne fu andato, udì il pianto di Susannah. Maledizione, c’erano degli altri contraccettivi, antichi, non sempre erano efficaci ma erano meglio di nulla. Quando venne la mattina successiva lo spiegò a Susannah. La donna sembrò ascoltarla appena. Era come se volesse morire, come se volesse essere già morta.
I giorni passavano. Susannah appose il suo nastro sulla porta poi Castità la imitò. Passarono alcune settimane e toccò di nuovo a Susannah.
— Non hai avuto la tua sporcizia — disse Susannah a Stavia.
La ragazza stava pensando la stessa cosa. — Perché no? — disse. — Ti ho detto di essere incinta.
— Pensavo ci avessi mentito — rispose la donna. — Papà lo pensava. Gli dirò che non era così.
Il giorno seguente la mandarono alla vecchia Casa delle Mogli mal ridotta al limitare del campo dove trovò Chernon ad aspettarla. — Bene, moglie — disse lui con un’espressione che era quasi una smorfia. — Mi darai presto un figlio, dopotutto.
— Forse — rispose lei.
Lui scosse il capo furiosamente. — Forse?
— Potrebbe anche essere una figlia — sussurrò lei. — Non ci hai pensato?
Lui distolse lo sguardo con un’espressione di disgusto. — Puoi saperlo? Voi donne lo sapete. Tu puoi sapere tutto!
— Penso che facessero dei test, prima delle Convulsioni. Ora non li fanno più. Non abbiamo l’attrezzatura adatta.
— Allora lo scoprirò — disse lui — sempre che abbiano intenzione di lasciarmi in vita. — Stava guardando dalla finestra della casa. Stavia seguì il suo sguardo. Sotto un piccolo albero stava seduto Vendetta, occupato a intagliare un ramo. La ragazza andò all’altra stanza per vedere cosa c’era nell’altra direzione. Cappy. Era proprio così. Li sorvegliavano ancora.
— Cosa vogliono da noi? — chiese lei con cautela. — Non posso far molto per curarli senza medicine e attrezzatura; non lo capiscono?
Lui scoppiò in una breve risata. — Vogliono che tu perda il bambino, Stavia. Non gli piace che tu sia incinta. Poi, se mi uccideranno, sarai una vedova senza figli e potranno darti a uno dei ragazzi. È una corsa tra Vendetta e Punizione. Il povero Cappy è rimasto escluso.
— Potrebbero ucciderti comunque.
— Ma se tu avrai un figlio nessun altro ti potrà avere.
— Il possesso — disse lei con pesante ironia. — Chiunque mi ha messo incinta mi possiede, vero?
— Proprio così — esclamò lui con espressione furiosa. — Sì, è così, non sto scherzando. Non sto dicendo sì e poi no. Hai mio figlio in grembo e mi appartieni e questo è tutto. Una volta che lo avrai messo al mondo, non ci sarà ragione che mi uccidano. Se non potranno averti, può darsi che lascino andare anche me; posso aiutarli a portare altre donne.
— Dal campo fortificato.
— Esattamente — ribatté lui. — Gliel’ho già detto. Era quello che Michael e Stephon stavano pianificando in ogni caso… prender possesso della città e delle donne. E non solo a Marthatown. Anche a Peggytown, a Emmaburg e ad Aghataville. Se funzionerà ci saranno altri guerrieri pronti a farlo nelle altre guarnigioni.
— Perché? — domandò con un ansito d’orrore la ragazza — Perché, Chernon?
— Perché… — per qualche attimo non riuscì a trovare una risposta.
— Non conducete una vita divertente nelle guarnigioni? Sempre riforniti di cibo. Di vestiti. Di divertimenti. Veramente volete guadagnarvi la vita facendo i pastori e gli agricoltori?
— Voi lavorerete per noi — disse lui incerto, accorgendosi del suo sguardo. — Voi ci servirete.
— Noi?
— Che lo vogliate o no. Loro lo sanno, qui fuori. Le donne obbediscono per amore o per forza.
— E questo sarebbe onorevole? — chiese lei.
— Io non ho fatto nulla di disonorevole — si volse a guardar fuori dalla finestra ancora una volta. — Tornerò alla guarnigione. Quando sarà il momento.
— Con o senza di me, Chernon?
— Con mio figlio — disse. — Il tuo futuro può dipendere da questo.
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