Il vecchio Risoluzione Brome allungò la mano e Capacità vi depose il piccolo impianto.
— Cos’è? — domandò Risoluzione a Chernon.
— Lui non lo sa — disse Stavia prima che Chernon potesse parlare. — Non è neppure un mago. — Questo era un rischio calcolato. Si era aspettata di essere colpita e lo fu ma non fu un colpo rude quello infertole da Ope.
Chernon era stato pronto a rispondere, ora cedette alla rabbia. Stavia aveva già gettato il dubbio su ciò che lui avrebbe detto.
— E allora, cos’è? — le domandò Risoluzione.
— È una specie di medicina che mi impedisce di mettere al mondo figli prima del tempo — disse lei. — Ora che me l’ha tolta probabilmente perderò quello che aspetto. — Si diede un colpetto sullo stomaco; le riusciva bene fingere di essere incinta. Abbassò gli occhi fingendo modestia.
— E perché lui non lo sapeva? — domandò Punizione. Quando Affi era arrivato a raccontare la storia, Punizione era stato colto da improvvisa e irrazionale speranza. Forse la straniera avrebbe potuto diventare sua. Ora quella speranza stava svanendo. — Come?
— È una cosa da donne — disse lei a occhi bassi. — Non annoiamo gli uomini con questioni femminili.
— Dice che avete dei segreti.
— Si tratta solo di cose da donne — ripeté lei. — Riguardano i metodi di guarigione e la nascita dei bambini. Cose del genere. Niente che gli uomini desiderino conoscere — arrischiò uno sguardo verso l’alto, intercettando occhiate eccitate e furiose tra la maggior parte dei maschi adulti della comunità, il padre, i figli maggiori. Sembravano essercene otto, compresi quei tre che li avevano catturati. E solo una ragazzina adolescente. Comprese tutto. Lo aveva imparato nelle lezioni di storia; o si trattava di infanticidio delle bambine o di sacrifici umani di donne. Ma quel popolo non praticava la poliandria, che avrebbe risolto la situazione. Arrischiò un altro sguardo incontrando gli occhi di una donna stanca, di mezza età che stava a fianco della ragazza. Sua madre. Teneva un bimbo in braccio. Forse non aveva ancora raggiunto la mezza età. Forse era più giovane.
— Cosa avete sul mulo? — nuovamente la domanda era rivolta a Chernon, ma fu Stavia a rispondere.
— Erbe terapeutiche — disse. — Ecco cosa stavo facendo, raccoglievo erbe medicinali.
— Ci penserò — declamò Risoluzione. — Ci penserò e pregherò. Nel frattempo, porta la donna in casa tua, Susannah.
— Papà — urlò Ope. — Scapperà!
— No, se voi farete la guardia alla casa — disse il vecchio. — Tu o qualcuno degli altri. E voi portate quest’uomo alla Casa degli Scapoli e tenetecelo. Ho bisogno di un poco di tempo per riflettere — guardò l’impianto che stava nel palmo della sua mano mentre le sopracciglia si univano per formare una profonda ruga verticale — per pensare.
Stavia si volse e si avvicinò ai gradini sdrucciolevoli dove stavano la donna e la ragazzina. Un’altra bambina, più piccola, si nascondeva dietro la porta aperta. — Susannah — disse Stavia con calma. — Il mio nome è Stavia.
— Questa è Castità — mormorò Susannah. — Dentro c’è Fede. Ha otto anni.
— Come si chiama il tuo bambino?
— I bambini non hanno nome — sussurrò Castità. — Sarebbe uno spreco.
Fuori dalla Casa delle Mogli, Ope e Punizione montarono la guardia sino a mezzanotte, a quel punto furono rilevati da Vendetta e Diligenza. Stavia fece una visita ai bagni seguita dai loro sguardi voraci. Decise di trovare qualcosa che servisse da vaso da notte la prossima volta che avrebbe avuto bisogno di liberare l’intestino, piuttosto che dover sottostare a quelle occhiate.
I rifornimenti caricati sul mulo furono radunati nel portico di Susannah, assieme al materiale sanitario d’emergenza che Stavia portava sempre con sé. Ne mostrò il contenuto affinché Susannah potesse esaminarlo. — Così sei la guaritrice di questa gente, vero? — chiese Stavia, già certa di quale fosse la risposta in base a quello che aveva sentito dire dai ragazzi.
— Sì — convenne la donna. — Tutto quello che so me lo ha insegnato mia madre, e tutto quello che lei sapeva lo aveva appreso da sua madre.
— Ti lascerò questi medicinali quando me ne andrò — disse Stavia.
— Non andrai da nessuna parte — ribatté Susannah. — Per il Vecchio ci vorrà un poco per rendersene conto, ma alla fine troverà un modo per tenerti qui. Magari ti prenderà per lui o magari ti darà a uno dei suoi figli, Magari Punizione.
— Ho già un marito — proclamò Stavia, senza che il suono della parola le facesse piacere.
— Forse. Aspetti un bambino, forse Papà te lo lascerà mettere al mondo. Se l’uomo sarà ancora vivo. Forse.
— Ancora vivo?
— Forse lo uccideranno. Forse no, ma è probabile che lo facciano.
— E tu non credi che mi lasceranno andare.
— Probabilmente no. Se fossi in te, comunque, non ci proverei. È meglio avere le gambe sane che spezzate. È quello che accadde a mia nonna. Cercò di andarsene da qui, sai? Al Paese delle Donne. Ecco come lo chiamano, mi disse mia madre.
— Cosa pensi che… voglia fare tuo marito?
Susannah scosse il capo. — Qualcosa che renda doveroso qualsiasi cosa abbia voglia di fare.
Non volle aggiungere altro. E Stavia era così stanca che non chiese altro. Si lasciò cadere sulla dura stuoia di paglia intrecciata nella stanza dell’attico con un senso di fatalità. Meglio lasciare che i fatti seguissero il loro corso, non poteva far nulla prima di mattina.
Fu considerevolmente colpita dalla prima cosa che le fu chiesta di fare la mattina dopo sui gradini della casa di Susannah.
— Prendi questa cosa — disse Risoluzione Brome porgendole l’impianto — e mettilo a Susannah.
— Susannah! — esclamò incredula.
— Mette al mondo i figli troppo presto. Prima dell’ultimo ne ha partoriti due quando non era il momento opportuno. Metti questa cosa a Susannah.
Susannah stava osservando in ascolto. Quando furono all’interno della casa cominciò a lamentarsi emettendo un suono lamentoso dalla gola che divenne un fastidioso e basso ululato. — Oh, Ahh, non posso. Non posso. Non farmelo. Oh, non posso.
— Shh — disse Stavia automaticamente come se Susannah fosse stata una delle pazienti della casa di quarantena. — Su dimmi. Non puoi cosa?
— Non posso averne un altro. Sono così malata; Non posso averne un altro. Sono così stanca.
— Quanti anni hai? — chiese Stavia.
— Ventinove — rispose lei. — Sono troppo vecchia. Oh, non posso. Non posso.
Stavia avrebbe voluto ridere. Oh, per la Signora, ma quella era una farsa, un commedia. — Susannah, su. Puoi tenere un segreto senza rivelarlo agli uomini là fuori?
Il lamento sfumò in un mugolio e poi nel silenzio. — Cosa?
— Ho mentito riguardo a questa cosa.
— Come? — la donna era costernata. Incerta.
— In realtà aiuta a impedire la gravidanza, Susannah. Ecco perché lo avevo su di me. Così non sarei rimasta incinta durante questo viaggio; se non vuoi un’altra gravidanza, lasciami fare; se solo potessi trovare un modo per sterilizzare questo affare…
— Per quanto tempo? — implorò la donna. — Per quanto tempo funziona?
— Anni. Quattro anni. Cinque, forse di più.
— Ne hai un’altro?
— Perché dovrei…? No, ho solo questo.
— Aaah — gemette la donna. — Oh, ti prego lasciami pensare un attimo, solo un attimo.
Incerta, Stavia riempì un pentolina e la posò sul fornello. C’erano delle erbe tra i viveri di scorta, migliori di quelle che Susannah le aveva offerto. Quando la pentolina bollì e il tè fu decantato, Susannah aveva smesso di piangere. Ora ansimava, in un maniera risoluta, come se fosse profondamente spaventata ma decisa ad affrontare qualunque cosa con coraggio.
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