— Come posso saperlo? — disse lui stringendosi nelle spalle.
— Provale. Sicuramente voi uomini vi fate delle piccole ferite quando vi esercitate nelle armi. Potresti provare delle erbe differenti per vedere quali di esse hanno proprietà curative.
— Ce la caviamo abbastanza bene con le pomate di pane rappreso — disse lui. — Il pane è sempre disponibile. Alcune di queste erbe potrebbero non crescere nelle zone in cui ce ne fosse bisogno.
Lei gli lanciò un mezzo sorriso pieno di stanchezza e lasciò cadere il discorso. Il suo desiderio di libri probabilmente nascondeva più la volontà di stabilire una forma di dominio che la bramosia di sapere, questo era chiaro. Forse costringerla a dargli dei libri era stato più importante per lui di quanto vi era contenuto.
Tuttavia portava sempre con sé quel libro che aveva rubato a Beneda. Che cosa significavano i libri per quel ragazzo?
— Una volta volevi leggere i libri di biologia — tentò.
— Volevo conoscere i segreti — sbottò lui. — Quelli che voi donne conoscete, questo è tutto. — Si era domandato per diversi giorni come abbordare l’argomento e ora gli era uscito dalle labbra come un rospo dallo stagno.
Distesa vicino al fuoco che avevano acceso per la notte, la ragazza cercò di opporsi a quelle idee. Pensava veramente che nei libri delle donne ci fosse nascosto qualcosa di magico? Che quelle stesse informazioni, se le avesse scoperte da solo, avrebbero avuto un effetto differente? Forse non era la conoscenza che voleva. Era la magia cui anelava. La magia e il potere che essa avrebbe conferito.
— Lo sai — tentò di spiegargli. — I libri sono scritti dalla gente. Solo dalla gente.
— Gente che viveva prima delle Convulsioni — ribatté lui. — Sapevano cose che noi ignoriamo. — Il suo tono di voce era dogmatico, vibrante di potere come una profezia. — Sapevano… delle armi. E di altre cose. — Voleva dirle qualcosa, estendere la conversazione, fare in modo che potessero discutere di armi e di altri argomenti.
Lei invece non disse nulla; non stava assolutamente pensando alle armi. Pensava che in parte lui avesse ragione, naturalmente. I popoli vissuti prima delle convulsioni erano stati a conoscenza di cose che le donne ignoravano. Ma aveva anche parzialmente torto. Molti dei libri erano stati scritti di recente, stampati da poco e contenevano informazioni che la gente del periodo antecendente alle Convulsioni aveva ignorato o non aveva ritenuto sufficientemente importante da registrare. Si domandava se fosse saggio cercare di convincerlo di ciò, poi si rese conto che farlo le avrebbe richiesto delle ore, per cui decise di non dir nulla. Qualsiasi cosa lei dicesse lui ne cambiava il significato, come per magia. Lei gli forniva rassicurazioni e lui riusciva a ricavarne frasi che lo offendevano e lo irritavano. Era successo così con Sylvia, per tutti quegli anni, a proposito di Vinsas. Non c’era necessità di iniziare una discussione senza fine. Meglio fornire meno argomenti possibile di fraintendimento. O occasioni di fingere di aver frainteso. La maggior parte dei fraintendimenti tra di loro era stata preordinata e lei era stata una stupida a non rendersene conto.
Il fuoco si spense e i due giovani si accomodarono tra le coperte, cercandosi l’un con l’altra come razziatori esperti, che rubano tesori già conosciuti, a piene mani senza preoccuparsi di nulla. Niente del loro rapporto sembrava implicare la nozione di “dopo” come se il loro comportamento non avesse potuto essere differente. C’erano degli amanti a Marthatown che s’incontravano a ogni carnevale per decenni, fedeli come se fossero stati “sposati”, ma nulla nel comportamento o nelle parole di Chernon manifestava il desiderio che sarebbero potuti essere amanti anche in futuro. “Non al carnevale” aveva detto “Non allora”. I loro assalti reciproci li lasciavano senza fiato, lei gemeva, un grido silenzioso che si perdeva nell’ululato del vento tra le cime degli alberi.
— Mi darai un figlio, vero? — domandò Chernon schiacciandosi sopra di lei, mentre il suo pene diventava flaccido dentro il suo ventre, e teneva i denti vicino al suo orecchio. — Un figlio.
— Forse, un giorno — disse lei senza pensare, amandolo e odiandolo al tempo stesso.
— Ora — chiese lui. — Presto.
— Non posso — mormorò lei casualmente. — Non durante questo viaggio, Chernon. Ho messo un impianto per evitare di averne.
Lui si scostò ruvidamente dal suo corpo mettendosi a sedere e osservandola con occhi sbarrati. — Cosa vuol dire?
— Voglio dire che mi sono fatta inserire un impianto per impedirmi di rimanere incinta durante questo viaggio — disse lei, improvvisamente conscia di ciò che aveva detto. Non era il genere di cosa che si discutesse con i guerrieri. Ora lo rammentava. Loro non potevano capire.
— E da chi, scusami se te lo chiedo, pensavi di doverti proteggere? Dal tuo “servitore”? — pronunciò quella parola come se fosse un’oscenità.
— No — rispose lei con sincerità. — Naturalmente no. Non ho mai incontrato quell’uomo. Ma ci sono banditi per le strade, e zingari, spesso le donne sono state catturate e stuprate. Non essere sciocco, Chernon.
— Come si chiama — ringhiò il ragazzo. — Quello che doveva venire con te.
Lei lo osservò, il suo viso avvampava di rabbia e per il riflesso del fuoco. — Credo si chiamasse Brand. Aveva quasi terminato gli studi di botanica a Tabithatown, e doveva essermi di aiuto nella raccolta dei campioni.
— Quanti anni ha?
— Non ne ho idea. Non l’ho chiesto — in realtà era proprio così. Aveva però pensato che potesse trattarsi di uno di quei servitori speciali, come Joshua, magari in possesso di uno di quegli strani e inusuali talenti che anche Joshua possedeva. Morgot non l’avrebbe lasciata partire da sola, altrimenti.
— E tu non l’hai mai visto — le disse lui, acido.
— No, mai. E se non la smetti, Chernon, potrei non vedere neppure te per sempre. Cos’è che ti irrita? — Stavia cominciava a sentire la rabbia ribollire dentro di sé.
— È una delle ragioni per cui sono voluto venire — disse lui a denti stretti — per avere un figlio. Uno del quale sarei stato sicuro che fosse mio.
— Uno del quale saresti stato sicuro che fosse tuo? — lei scosse il capo incredula.
— Sì, maledizione. Uno che fosse mio sicuramente. Non uno che mi avresti mandato a cinque anni e che avrebbe potuto essere mio o di qualcun altro. Oh, non far finta di non capire cosa sto dicendo. Tutti alla guarnigione sanno che voi donne fate l’amore con tutti. A volte anche con tre o quattro uomini diversi ad ogni carnevale. Come fate a sapere chi è il padre?
Lei gli restituì un sorriso con le labbra strette. — Hai dato un campione di sangue alla clinica, vero Chernon? Sì, lo hai fatto come tutti i guerrieri. È quello di cui abbiamo bisogno. Prendiamo un poco di sangue dal bambino, dal cordone ombelicale non appena è nato, e possiamo stabilire chi è il padre. Ecco perché, quando portiamo dei bambini alla guarnigione il cui padre è morto, diciamo questo è il figlio del tal-dei-tali anche se è morto. Per la Signora santissima, Chernon, voi uomini siete impossibili.
Si alzò, con la schiena nuda che riluceva come un fantasma nell’oscurità degli alberi. Si rivestì e prese le coperte lasciandolo solo.
— Dove te ne vai? — domandò lui con un tono di rabbia mista a dolore. — Dove?
— Dove posso dormire — rispose la ragazza. — Sono stanca.
Lui si morse la lingua, così furioso che quasi non riusciva a parlare, ricordando Michael e ciò che questi voleva sapere. — Mi spiace, Stavia.
— Anche a me — disse lei, pensando che lui non sembrava tanto dispiaciuto. — Ma io sono stanca e non ho voglia di discutere ancora — mentre si allontanava, Stavia si rese conto che quel gesto aveva qualcosa di simbolico oltre che essere reale. Stava lasciando Chernon, il Chernon che pensava di conoscere. Nello stesso momento si rese conto che aveva infranto i comandamenti senza una buona ragione e si domandò con un moto di profonda e nauseante colpevolezza, se si sarebbe mai perdonata.
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