— Quando lo incontrerai? — chiese Septemius accanto al fuoco.
— Domani — disse Stavia alzando lo sguardo dalla pergamena che stava svolgendo sul tavolo piatto davanti a sé, strizzando gli occhi alla fievole luce del camino. — Devo chiederti un altro favore, Septemius.
— Ho già fatto abbastanza — disse cercando di non sembrare irritato quanto lo era in realtà. Era un’irritazione che provava soprattutto verso se stesso. Aveva fatto troppo, provocato troppi danni. Voleva dissuaderla.
— Vorrei che portassi un rapporto su quegli strani cani che abbiamo trovato.
— Cani? — chiese, improvvisamente interessato.
— So che avevi intenzione di andare a Peggytown, ma sarebbe meglio se tu non viaggiassi per quella strada. Non da solo. I cani e il mio rapporto dovrebbero arrivare a Marthatown il più presto possibile. C’è gente che spia questo campo qui attorno, gente che viene da sud, forse la stessa gente di cui tu mi hai parlato. Il Concilio Unito del Paese delle Donne dovrebbe esserne informato il più presto possibile; penso che potremmo aver bisogno di una guarnigione da queste parti. Me lo sento nelle ossa. — Si rabbuiò ricordando la sensazione di prurito che le aveva provocato essere osservata quando si era spinta oltre i confini del campo.
— Ho scritto una lettera a Morgot. Le ho raccomandato di ricompensarti per il tempo che hai perso. Ti pagherei anche adesso se avessi qualche moneta di scambio con me, ma non ne ho.
Lui si scostò a disagio. — Non vuoi che viaggiamo per quella strada ma tu ci andrai, con Chernon. Tu e lui, soli?
— Non saremo soli. Avremo i muli — gli sorrise. — E no, non sto prendendoti in giro. Ho deciso che l’itinerario stabilito dal Concilio Riunito non va bene. Non ho bisogno di andare a sud per capire che ci abita della gente, lo sappiamo già. Così compirò una ricognizione molto breve e discreta verso est, soprattutto per raccogliere campioni botanici. Non ha senso sprecare completamente questo viaggio, anche se non farò tutto quello che avevo in mente di fare… Oggi sono uscita nella prateria e ho potuto sentire occhi che mi spiavano tutt’intorno a me, come uno sciame di api. Non voglio farmi vedere ancora in giro. Una esplorazione verso sud dovrebbe essere compiuta in forze, con dei guerrieri e non da una o due persone.
— Mi preoccupo per te — disse lui — davvero.
— Shh — lo tacitò la ragazza — preoccupati della tua famiglia, vecchio Bird; preoccupati delle gemelle. Farai meglio a stabilirti nel Paese delle Donne e fare in modo che possano vivere in maniera civile.
— Ci ho pensato — rispose lui. — Sì.
— Be’, parlane a Morgot quando torni a Marthatown. Dille che ho chiesto il tuo aiuto e che ho promesso che ti avremmo aiutato, in cambio. Otterrà un permesso di stabilirvi.
— E cosa farei per vivere, ragazza mia? Mi sembra che tu non ci abbia pensato.
— Ci ho pensato invece — gli sorrise. — Potresti fare il messaggero e il trasportatore per il Concilio. Si servono sempre di carrettieri e gente di spettacolo per consegnare messaggi e altro materiale da una città all’altra e li pagano per questo. O se preferisci stare più vicino, potrebbero affidarti anche un lavoro da nonno.
— Un lavoro da nonno? — Non aveva mai sentito parlare di una cosa del genere.
— Una sinecura, Septemius. Una piccolo incarico che richiede solo poche ore al giorno e lascia a un uomo il tempo di dedicarsi alle arti e alle attività artigianali che gli piacciono. Potresti occuperti di giardinaggio…
— Oh, bene — disse Kostia — mi piace.
— E se voi due ragazze sceglierete di frequentare la scuola, vi daranno razioni di grano e formaggio.
— Davvero? — Tonia sembrava impressionata.
— È, quando avrete vissuto per un paio d’anni nel Quartiere degli Itineranti, potreste fare richiesta di vivere all’interno delle mura affermando che il vostro status sociale è praticamente uguale a quello di un servitore, che Tonia e Kostia vogliono stabilirsi in città e che siete stati stanziali per un tempo sufficiente a testimoniare la sincerità nella vostra decisione di voler cessare il vostro vagabondaggio.
— Voi donne pensate a tutto, vero? — disse Septemius con una sfumatura di cinismo nella voce.
— No — sospirò lei — ma abbiamo imparato abbastanza da sapere che non diventeremo più forti se metteremo degli impedimenti arbitrari a delle brave persone che vogliono unirsi a noi. Kostia e Tonia si comporteranno bene, non siamo così stupide da pensare che vengano dentro lasciandovi fuori.
Septemius scoprì che i suoi occhi erano diventati sospettosamente umidi. — Così ci sono altri modi in cui un uomo può entrare nelle mura senza passare dalla Porta delle Donne?
— I vecchi — disse lei. — Gli anziani, sì. Di solito se hanno delle parenti più giovani in famiglia. Ma non sempre è necessario.
— Non sempre?
— Solo cinque anni fa circa, prendemmo con noi un vecchio che aveva viaggiato verso nord oltre Tabithatown. Non aveva famiglia ma aveva delle mappe, alcune veramente ottime. Immagino che siano state le mappe a pagargli l’ingresso.
— Potrebbero farlo dei cani danzanti?
— Forse sì! Suppongo che possano danzare bene sia dentro che fuori dalle mura della città. Non vogliamo certo diminuire il numero delle specie disponibili, sebbene dovremmo razionare i loro pasti. Con cosa li nutri?
— Conigli, per di più — rispose Tonia. — E topi, degli animaletti pelosi con la coda corta che escono di notte. Septemius mette le trappole e i cani cacciano anche da soli. A volte mangiano anche l’erba, le bacche e gli insetti e non sono molto grandi… — Stava osservando Stavia con ansia.
— Non ti preoccupare, ragazza. Allevateli e lasciate che abbiano dei cuccioli se ne hanno voglia. Li addestreremo a cacciare i topi nei granai. Non abbiamo cani a Marthatown dal tempo delle Convulsioni, ma non ci sono comandamenti che lo impediscano. Ho sentito che ce ne sono alcuni a Tabithatown, e che anche gli zingari ne allevano alcuni. Cani molto civilizzati, forse è venuto il momento che ne abbiamo anche noi. Del resto, vi darò questi tre strani esemplari da portare indietro, con le razioni per nutrirli. Carne secca, penso, e abbastanza grano per fare una specie di zuppa che possano mangiare. — Cominciò a raccontare loro di quegli strani cani mentre accendeva la lanterna e le condusse nel cortile sino al recinto in modo che potessero vedere da sé. Bowough borbottò a lungo osservando quanto erano strani.
— Penso che faresti meglio a tenerli legati o impastoiati — disse Stavia a Septemius. — Se passerete vicino alle greggi, sarà facile che cerchino di unirvisi. Li voglio ben distanti da qui prima che i loro padroni vengano a cercarli.
Septemius le lanciò un’altro sguardo preoccupato. — Ti ho parlato di quella gente che vive a sud, Stavia.
— Ricordo. Non ti preoccupare. Mi sembri Joshua.
Quando venne il mattino, la ragazza era partita. Septemius trascorse mezza giornata con un’assistente del campo che l’aiutò a costruire una gabbia per i nuovi cani e un’altra mezza giornata a fare provviste. Passarono un’altra notte al riparo dietro le mura poi ripresero la strada dalla quale erano venuti.
— Non mi piace che sia là fuori — disse per la dodicesima volta Septemius senza rivolgersi a nessuno in particolare.
— Lo so — rispose Kostia — e quando porteremo i messaggi e i cani a Morgot faremo meglio a dirle tutto.
Le prove.
( Achille si avvicina al gruppo di donne )
ACHILLE: E questa è Polissena.
POLISSENA: ( Sbadiglia ) Sì, sono io Polissena.
ACHILLE: La mia schiava Polissena.
POLISSENA: Polissena non è la schiava di nessuno.
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