Solo una cosa era certa. Si era staccata da Chernon e non sarebbe tornata sui suoi passi. Per quanto la riguardava, era morto.
Stavia aveva iniziato il loro viaggio decisa a restare ben lontana dalle terre desolate che stavano a sud ed egualmente lontana dagli osservatori che vi si annidavano. Aveva proceduto verso est, seguendo la catena di colline e la valle nel corso dei giorni, prendendo nota di ciò che accadeva sui suoi appunti ogni sera quando registrava le scoperte o la mancanza di novità. La mattina successiva a quello che considerava un rinsavimento, il quindicesimo giorno di viaggio, disse a Chernon che dovevano cominciare il loro viaggio di ritorno. Non le dispiaceva. Avrebbe dovuto por termine al loro viaggio immediatamente se ci fosse stata una strada per la quale avrebbero potuto tornare indietro.
Lui non voleva andare.
— Abbiamo cibo sufficiente se ci muoviamo adesso — disse lei con una voce ragionevolmente calma, senza nessuna traccia di rabbia. — Faremo altre provviste al campo fortificato, per il tuo viaggio di ritorno alla guarnigione. Sto aspettando un messaggio da Marthatown e quando saremo tornati sarà arrivato.
Lui rivolse lo sguardo a sud. — È necessario — disse Stavia. Il ragazzo borbottò qualcosa. Lei si volse e cominciò a caricare il mulo.
— Quando abbiamo pianificato questo viaggio, avevi detto che sarebbe durato mesi — si lamentò lui.
— All’inizio era quello che pensavo. Tuttavia c’è un’altra squadra che sta esplorando verso oriente, non abbiamo bisogno di spingerci ulteriormente in quella direzione. È chiaro che spingersi ancora a sud potrebbe essere pericoloso. Ci vorrebbe una spedizione molto più numerosa, non solo due persone.
— Avevi pianificato di viaggiare per dei mesi con lui.
— Non avevo pianificato nulla, Chernon. Non sono stata io a stabilire questo viaggio. Era stato deciso prima che qualcuno prendesse in considerazione la mia partecipazione. È stato progettato prima che parlassi alle donne del campo fortificato; prima che sentissi parlare del fatto che c’è gente che spia i dintorni del campo. — Aveva detto tutto pazientemente, sapendo che ogni dimostrazione di rabbia o impazienza da parte sua lo avrebbe reso più cocciuto. — Quando l’ho scoperto ho dovuto cambiare i nostri piani.
— Ancora un paio di giorni.
— Abbiamo cibo sufficiente se ci muoviamo adesso — ripeté lei. — Non è un paese che ci può nutrire questo, Chernon. Ho riconosciuto solo un paio di piante commestibili e sicuramente non ti piacerebbero. — Si rese conto di quanto assomigliava a Morgot, al modo in cui sua madre era solita parlarle quando era bambina.
Chernon piegò le sue coperte, punendola con il silenzio. La ragazza bofonchiò tra sé, esasperata; era come un bambino. Jerby a volte si era comportato così da piccolo. Il figlio più grande di Myra faceva così. Strilli e silenzi, pretese e giochi. Non importava. Non più. Doveva solo lasciare che tutto ciò arrivasse alla sua conclusione.
Iniziarono il viaggio di ritorno, lungo una valle simile a un uncino che portava leggeremente verso sud sino a un’altra valle che li avrebbe condotti ancora più a sud. Quando si fermarono per il pranzo di mezzogiorno Stavia salì in cima alla collina studiando la strada che avrebbero dovuto percorrere. La catena di colline li avrebbe condotti troppo a sud per poterla seguire, ma le creste alla loro destra erano troppo ripide per poter essere scalate. — Niente fuochi, stanotte — avvisò Chernon al suo ritorno. — Siamo troppo a sud — lo aveva avvertito ripetutamente dei pericoli del sud, ma non lo fece in quell’occasione a causa del suo umore.
Mangiarono una zuppa fredda e si coricarono. Nel profondo della notte Stavia si destò, avvertendo l’odore del fumo, un fuocherello luccicava tra gli alberi. — Chernon! — esclamò, oltraggiata.
— Volevo del tè — le disse lui in tono di sfida. — Ora lo spengo.
Lo scintillio era stato sufficiente per guidare Cappy, Ope e Affi nel punto giusto. Avevano pattugliato le colline per giorni, mancando Stavia e Chernon numerose volte passando loro davanti o dietro.
— Là — sospirò Cappy, indicando un bagliore simile a quello di una stella in una macchia di alberi. — Prendiamoli.
— Lo uccidiamo? — chiese Ope.
— Forse non subito — rispose Cappy — prima magari dovremmo fargli qualche domanda. Non è uno di qua, sai? Lei lo ha incontrato da qualche altra parte. Potrebbe essere diverso da quelli che vivono al campo.
— Uomini-demonio — lo avvertì Ope. — Ecco cosa ha detto papà.
— Non gli faremo del male, gli domanderemo solo alcune cose — suggerì Affi venendo in aiuto di Cappy. Se si lasciava decidere a Ope nessuno avrebbe mai fatto nulla.
Tutti e tre si fecero strada silenziosamente attraverso gli alberi alle prime luci dell’alba, quando il cielo era ancora così scuro che le stelle brillavano debolmente nel cielo. Trovarono Chernon e Stavia che dormivano fianco a fianco avvolti nelle coperte. Stavia stava a faccia in giù mentre Chernon era rivolto con il viso al cielo. Dopo essersi consultati con un sussurro, Cappy si gettò su Stavia tenendola a terra mentre gli altri due sia occupavano di Chernon.
Affi era un ragazzo magro, nervoso, forte ma non pesante. Ope d’altro canto era ciò che il vecchio Brome chiamava “puro legno da stufa”. I due che attaccarono Chernon ebbero un compito più facile di quello di Cappy.
In campo aperto Cappy non sarebbe durato molto contro Stavia. La ragazza aveva imparato a battersi, come tutte le ragazze del Paese delle Donne sapeva come lottare, tirar calci, disarmare e controllare un avversario. Tuttavia non aveva mai imparato come fare quelle cose impedita da una coperta e mezza strangolata. Alla fine fu proprio la coperta ad aver ragione di lei. Scivolò e cadde senza fiato, e Cappy, ferito e ugualmente senza fiato, riuscì a legarle una corda intorno ai polsi e a forzarla a inginocchiarsi.
— Mi sono tagliato — si lamentò Ope. Cappy stava toccandosi con il dito l’occhio sinistro che cominciava a colorirsi e a gonfiarsi.
— I demoni sanno combattere — suggerì Cappy.
— Demoni! — ansimò Stavia. — State chiamandomi demonio?
— Non si può dire che tu sia una donna onesta, questo è certo. Lunghi capelli, nessun vestito. — Cappy sembrava molto turbato dal fatto che Stavia era praticamente svestita. E non era il solo.
— Appartiene a me — disse Chernon con voce stentorea. — Avete capito?
— Perché non la tieni in modo decente, allora? — chiese Affi.
— Se la lasciate libera potrà coprirsi — disse Chernon.
— Non vogliamo essere costretti a darle la caccia di nuovo.
— Non scapperà. Non scapperai, vero, Stavia? — chiese facendole un cenno affermativo con il capo.
Lei rifletté. Erano in tre, due tenevano Chernon, uno era pronto a saltarle nuovamente addosso. — No, non lo farò se mi lasciate rivestire.
Non era quello che Cappy voleva ma non era andato molto oltre nei suoi piani. Ope e Affy stavano guardandolo, aspettando un segnale. Se Cappy faceva quello che aveva intenzione di fare con la ragazza adesso, anche gli altri avrebbero voluto farlo. Avrebbero dovuto uccidere prima l’uomo per impedirgli di interferire? Oltre a ciò non era certo di volere che gli altri lo guardassero mentre faceva il suo dovere con la donna. Il suo obiettivo era quello di portarsela via… forse di chiedere all’uomo alcune cose e magari ucciderlo, ma principalmente desiderava portar via la donna. Il modo migliore per farlo poteva essere risolvere quella situazione. — Vestiti — le ordinò con voce grave allentando la corda che le stringeva le mani e raccogliendo un ramo nodoso che stava per terra. — E muoviti lentamente o ti ammorbidisco con questo.
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