Sheri Tepper - Cronache del dopoguerra

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Cronache del dopoguerra: краткое содержание, описание и аннотация

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Sono passati duecento anni dall’ultimo olocausto ma il dopoguerra dura ancora. Una parte del genere umano (le donne di Marthatown e di altri centri abitati pacifisti) hanno imparato la lezione e giurato di non riprendere più le armi, ma altri la pensano diversamente. Per molti fare la guerra è sinonimo di onore, di uno stile di vita eroico e irrinunciabile. Così, in alcuni avamposti militari disseminati sul pianeta attecchisce una civiltà aggressiva che si identifica con uomini non disposti a fare ammenda del passato. Per Stavia, una giovane dottoressa, non è facile convincere il compagno Chernon a rinunciare alla via della violenza, tanto più che i due devono compiere insieme una missione che non si prospetta facile. Presto dovranno misurarsi entrambi con mille difficoltà e pericoli, e allora non sarà Chernon il solo a dover fare una scelta radicale: anche Stavia si renderà conto che l’utopia potrebbe avere i giorni contati.

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— Tra poco partirò per un viaggio di esplorazione a sud — gli disse — farò in modo che tu possa disporre di un mezzo di trasporto che ti conduca molto a sud di Emmaburg e ci incontreremo là. Dovrai coprirti il tatuaggio e raderti la barba, non che tu ne abbia molta. Poi acconciarti i capelli come un servitore.

Un silenzio cocciuto. — Non voglio…

L’attrice Stavia se la cavò bene in quel caso. — Chernon, o così o niente. Non posso farmi vedere in viaggio con un guerriero di qui. Tu potresti non farti vedere ma se accadesse, tu sarai un servitore di nome Brand di Aghataville. Nessuno ti conosce, e tu non conosci nessuno. Io sono l’unico membro della spedizione di Marthatown, nessuno ti farà domande. Salvo quando saremo soli prenderai ordini da me, con educazione. E mi chiamerai signora.

— E che ne sarà del vero servitore, quello che dovrebbe accompagnarti?

— Dovrò inventarmi qualcosa; un modo per mandargli un messaggio dicendogli di non venire. Noi due compiremo l’esplorazione che avrei compiuto comunque, poi torneremo separatamente. Io tornerò in città, tu alla guarnigione. Secondo quanto hai detto ciò dovrebbe soddisfarti. — La sua voce non forniva indizi sul tumulto interiore che l’agitava. Ci ripensò trovando inconcepibile che la sua voce suonasse così fredda mentre lei si sentiva così eccitata.

Chernon fu costretto a cedere alle sue richieste. Le sue fantasie di esplorazioni terminavano sempre con il ritorno alla guarnigione, accolto con tutti gli onori. C’era qualcosa di insoddisfacente nel piano di Stavia, lo percepiva solo vagamente senza neppure riconoscerlo. Se fosse stato in grado di analizzarlo, sarebbe rimasto colpito e turbato di scoprire che in realtà non gli andava l’idea di ritornare.

— Ho portato delle altre medicine per Bowough — disse Stavia sorseggiando il tè nella stanza che Septemius divideva con il vecchio. — E questo è il favore che ti faccio io. Per quel che riguarda il favore che tu puoi fare a me…

— Sì? — chiese lui, interessato, conscio del silenzio che regnava nell’altra stanza dove Kostia e Tonia stavano ascoltando ogni parola.

— Voglio che voi vi mettiate in cammino verso sud, non appena Bowough si sarà ristabilito. Quando vi troverete a circa un chilometro e mezzo dalla città, qualcuno ti chiamerà per nome e ti chiederà un passaggio verso sud. Spero che accondiscenderai a questa richiesta.

— E dove potrebbe voler andare questa persona?

— A sud. Quasi sino al campo dei pastori di cui mi hai parlato l’altra volta. Non dovreste avere problemi a portarlo sin là. Mi faresti un grande favore.

Septemius non disse nulla.

Tonia, che aveva ascoltato con una certa apprensione, arrivò dalla camera vicina. — Credi nella lettura del futuro? — chiese a Stavia.

La ragazza alzò lo sguardo distrattamente. — La predizione del futuro?

— Io e Kostia siamo molto brave. Vorremmo farti le carte, Stavia. Ti dispiace?

Stavia indirizzò a Septemius uno sguardo sospettoso.

— Lascia che lo facciano — sospirò. — Sono molto brave e non ti porterà nessun danno.

Agile come se non avesse avuto ossa, Tonia si chinò sul tappeto davanti alla stufa, spingendo avanti il panchetto che vi stava a fianco. Teneva il mazzo nella mano destra; lo passò a Kostia che mescolò le carte prima di passarle a Stavia. — Mischiale — disse — come vuoi.

Quasi rabbiosamente, Stavia mescolò il mazzo, ricompattandolo con un colpo secco. — Adesso, taglialo.

Divise il mazzo a metà.

— Ora scegli in quale metà c’è il tuo futuro, Stavia.

Sempre rabbiosamente, picchiò il dito sulla metà sinistra. Tonia la raccolse rigirandosela nelle mani.

— Quanti anni avevi quando sono cominciate le tue sofferenze?

— Quali sofferenze? — domandò Stavia, che ora era realmente furiosa.

— Oh, shh — la stimolò Septemius. — Non essere ipocrita. Tu hai delle difficoltà, Stavia, altrimenti non avresti chiesto il nostro aiuto. Quanti anni avevi quando è cominciata?

— Dieci — disse freddamente. — Avevo dieci anni.

Tonia contò le carte sulla panca girando la decima a faccia in su. Una donna con una cappa nera si stagliava sulle stelle in un campo di neve. — La Regina d’Inverno — disse. — La Signora delle Tenebre, portatrice di freddo. Niente di buono può nascere sotto questo segno, Stavia. Quanti anni avevi quando ti ha lasciata?

— Come sai che mi ha lasciata?

— Lo so. Quanti anni avevi?

— Tredici.

Tonia contò altre tre carte girando la terza a faccia in su. Un uomo con un costume multicolore appoggiato a un albero con il viso voltato da un lato sul retro della testa indossava una maschera in modo che il viso guardava in tutte le direzioni. Un lato dell’albero era pieno di fiori. Sull’altro la neve copriva i rami. — Il Mago di Primavera — disse la ragazza — l’uomo dalle due facce. Che dice sì e vuol dire no, o il contrario. Quanti anni hai, Stavia?

— Ventidue.

Altre nove carte. Quella con il dorso girato mostrava un guerriero che stava sul suo nemico ucciso brandendo la spada con cui lo aveva ammazzato. — Il Guerriero d’Autunno — disse Kostia. — Morte, Stavia. Non per te, tuttavia; per qualcun altro.

— Cosa stai dicendo? — domandò lei.

Fu Septemius a rispondere. — Questo viaggio non ti porterà del bene, Stavia. Sarà pieno di menzogne e fraintendimenti. E potrebbe essere pieno di morte.

— Ma non la mia?

— Non necessariamente. Ma qualcuno morirà.

— Stai rifiutandoti di farmi il favore che ti ho chiesto?

Lui scosse il capo con un sospiro. — No, perché dovrei? Sono forse affari miei? Siamo forse parenti che io ti debba dare dei suggerimenti non richiesti? Siamo amici forse? Io sono solo un attore vagabondo, un vecchio, con un padre anziano e due nipoti bizzarre, quattro muli e cinque cani ballerini. Se sono riluttante è solo per il ricordo di mia sorella. Anche lei, ascoltò le blandizie di un guerriero.

— Andò con lui — disse Kostia.

— E rimase incinta di noi — concluse Tonia.

— Lui era un tipico guerriero. Voleva solo figli maschi. Così, quando si accorse che eravamo bambine, la lasciò — disse Kostia.

— E lei morì — disse Septemius. — Ho sempre pensato che fosse morta per il dispiacere, sebbene la levatrice abbia detto di no.

— Probabilmente aveva ragione — commentò secca Stavia — le morti per crepacuore sono più comuni nei romanzi che nella vita vera — se lo era ripetuto per molti anni e non aveva ancora trovato prova del contrario.

— Eppure tu continui ad ascoltare le blandizie di un guerriero…

— Non esattamente — disse lei, cercando tempo per spiegarsi a se stessa — e non sono blandizie. Ho reso infelice qualcuno, senza volerlo. Forse ho cercato il suo amore concedendogli qualcosa pur sapendo che era sbagliato. Anche se non sono stata completamente io la causa della sua infelicità, ho contribuito al suo dolore. È una mia responsabilità. Devo fare quello che posso per rimettere le cose a posto. Forse concedergli qualcosa in cambio di ciò che non ho potuto dargli. Anche se ciò mi costerà molto.

Septemius non disse nient’altro, tuttavia scosse il capo a intervalli per tutta la sera e trascorse la notte a rigirarsi senza pace nel letto.

Stavia dormiva rumorosamente, sebbene non tanto profondamente da non sentire la porta aprisi nella notte e una voce chiamare il suo nome.

— Cosa c’è? — chiese, non completamente sveglia.

— Ho fatto un sogno — disse Corrig, con voce turbata. — Ho fatto un sogno, Stavia.

— Corrig, fa parte dei doveri di un servitore aggirarsi per la casa coinvolgendo le donne nei suoi sogni?

— Il sogno parlava di te. No, in parte ti riguardava.

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