Sheri Tepper - Cronache del dopoguerra

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Cronache del dopoguerra: краткое содержание, описание и аннотация

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Sono passati duecento anni dall’ultimo olocausto ma il dopoguerra dura ancora. Una parte del genere umano (le donne di Marthatown e di altri centri abitati pacifisti) hanno imparato la lezione e giurato di non riprendere più le armi, ma altri la pensano diversamente. Per molti fare la guerra è sinonimo di onore, di uno stile di vita eroico e irrinunciabile. Così, in alcuni avamposti militari disseminati sul pianeta attecchisce una civiltà aggressiva che si identifica con uomini non disposti a fare ammenda del passato. Per Stavia, una giovane dottoressa, non è facile convincere il compagno Chernon a rinunciare alla via della violenza, tanto più che i due devono compiere insieme una missione che non si prospetta facile. Presto dovranno misurarsi entrambi con mille difficoltà e pericoli, e allora non sarà Chernon il solo a dover fare una scelta radicale: anche Stavia si renderà conto che l’utopia potrebbe avere i giorni contati.

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— Hai deciso se accettare o meno l’incarico? — chiese Morgot a Stavia. — Hai già fatto trascorrere molto tempo, ed è venuto il momento di decidere.

Stavia, che già aveva deciso di andare e che temeva di infrangere i comandamenti una seconda volta, aveva cercato di evitare l’impegno sino a quel momento, prendendo più tempo possibile prima di decidere. — Ci sto pensando, Morgot. Hai detto che il viaggio potrebbe durare più di sei mesi. È un bel lasso di tempo.

— Però ci sono dei vantaggi. Mia madre partecipò a una spedizione, e scrisse cose molto interessanti in seguito.

— La mia arte è la recitazione, Morgot. Cosa ti aspetti che faccia? Che mimi il mio viaggio?

— No, francamente pensavo di più ai vantaggi che ne potresti trarre per la tua attività scientifica e artigianale. Al campo dei pastori ci sono pochi medici. E hai più nozioni sulla vegetazione delle altre candidate. Raccogliere campioni di piante non è un’attività da poco.

Stavia rimase silenziosa, imbarazzata. Non ci aveva pensato. — Non è mai stata realizzata una raccolta sistematica?

— No, solo degli esemplari raccolti sporadicamente. Scoprire una nuova radice o una nuova qualità di grano potrebbe essere una ricompensa sufficiente per il tempo che perderai. Magari potresti trovare qualche nuova erba con qualità terapeutiche. Sarrebbe una cosa gradita se riuscissi a trovare qualche nuova qualità di fiori per il giardino.

— Bene — rimase in silenzio, pensierosa cercando di considerare la proposta più come un buon affare che un viaggio periodico di esplorazione — Visto che insisti tanto, Morgot. Se mi assegneranno alla squadra che andrà a sud partirò. Dopo aver trascorso quattro anni a stretto contatto con gli altri ad Abbyville non mi andrebbe di partecipare a una spedizione numerosa.

— È come ti ho scritto nella mia lettera — borbottò Chernon attraverso il buco nel muro. Se solo avesse saputo quanto gli era costato mandarle segretamente quella lettera… — Ho controllato nei comandamenti. Non c’è nulla qui che impedisca di assentarsi per un poco.

— Lo so che è questo che mi hai scritto nella lettera — disse Stavia con pazienza — ma non c’è nulla che dica che tu possa venire. — Chiuse gli occhi, ascoltando la sua voce. Ricordava Chernon come era dieci, undici anni prima. La sua voce aveva un suono diverso, sembrava diverso, ma quel ragazzo era ancora là, nascosto da qualche parte.

— Non c’è nulla che dica che non possa — persistette lui, incapace di ripeterle le rassicurazioni che gli aveva suggerito Michael. — Se vado, al mio ritorno dirò loro solamente che pensavo che fosse permesso. Certo mi sgrideranno. Potranno anche punirmi ma non mi condanneranno per codardia o per qualcos’altro perché non ho ancora venticinque anni. Tra pochi mesi, li avrò compiuti e allora sarà troppo tardi.

Stavia, non vista, si strinse nelle spalle, combattuta tra il buon senso e quelle argomentazioni. Aveva letto la sua eloquente missiva più di una dozzina di volte trovando risposte diverse ogni volta, risposte dettate dalla rabbia e dal dolore, dal riso e dal desiderio. Il giovanotto l’aveva pregata di partire con lui, solo per una volta. L’aveva pregata per avere qualcosa da ricordare negli anni a venire, qualcosa che avrebbe reso la sua vita degna di essere vissuta. — Perché lo vuoi, Chernon? Hai scelto di stare con i guerrieri. Se non ti piace quella vita puoi sempre decidere di tornare dalla Porta delle Donne. Perché questo?

— Perché andarmene per un viaggio come questo non è disonorevole — disse lui quasi furioso. — Potranno dire che sono pazzo o che mi sono sbagliato, persino che mi sono comportato in maniera infantile ma non diranno che ho perso il mio onore.

— Ha così importanza quello che diranno di te?

Scelse di non rispondere a questa domanda. — Stavia, me lo devi. — Era un altro dei suggerimenti di Michael, forse avrebbe funzionato.

— Io?

— Se non mi avessi dato quei libri non avrei cominciato a fantasticare sulle cose; non sono soddisfatto dell’unica scelta che ho fatto. Voglio saperne di più sulla vita. Tu hai fatto in modo che cominciassi a considerare questa possibilità e ora tocca a te darmi soddisfazione in modo onorevole.

Lei mormorò qualcosa che lui non riuscì a comprendere.

— Cosa hai detto?

— Cosa ti fa credere che questo viaggio ti soddisferà?

— Hai la mia parola.

Lei non ci credette veramente. — Perché coinvolgermi?

Colpito, Chernon disse qualcosa che si avvicinava alla verità. Aveva visto Stavia sulle mura con Beneda. Lei era già diventata una bella ragazza l’ultima volta che l’aveva vista. Ora era una donna stupenda, e il pensiero di averla per sé lo aveva tormentato in modi che non credeva possibili. — Perché non posso lasciarti andare da sola. Non riesco a dimenticarti; perché ti amo — implorò. — Per me la cosa essenziale è stare con te, Stavia. Vero? Non è quello che entrambi desideriamo? — Nell’istante in cui lo disse, seppe che era quello che avrebbe dovuto dire da sempre.

Lei si sedette, confusa; era quello che entrambi volevano? Se le avesse rivolto la stessa domanda anni prima, prima che lei partisse per l’istituto, avrebbe detto di sì. Sì, subito e senza pensarci. Aveva sofferto a causa sua, lo aveva desiderato. Anche ora, una parte di lei si sentiva eccitata a quelle parole. Sentiva che stava perdendo il controllo di sé, ansimava appoggiata al muro che li divideva, pronta ad attraversarlo per lui. Una piccola parte di lei si comportava come una sgualdrina eccitata con le gambe tremanti d’emozione. — Sì, voglio stare con te, Chernon — disse, con sincerità, quasi stupita dal desiderio che traspariva dalle sue parole. — Almeno una parte di me lo vuole. Ma penso che potrei aspettare sino al carnevale.

— No — fu quasi un urlo. — Non per il carnevale. Non voglio che accada in quella confusione di bagordi con tutta quella gente che va dentro e fuori dal letto con chiunque…

Lei s’infuriò a quelle parole. — Non intendevo dire che avevo intenzione di entrare e uscire dal letto con chiunque…

— Non volevo dir questo. Non voglio che quello che sento per te sia… — cercò le parole più dolci che riuscì a trovare — non voglio far parte di… un’indulgenza generale; non voglio che siamo circondati da centinaia di guerrieri ubriachi e donne ridacchianti. Io voglio… qualcosa di più tenero. — Quelle erano le parole di Michael e di Stephon, pensate con cinismo ed esposte con disperazione.

— Simels — disse lei con una smorfia quasi divertita.

— Cosa?

— Il vostro poeta guerriero Simels. Non ha composto una canzone in cui parla del desiderio di stare in paradiso con la sua amata?

Silenzio. Poi. — Non mi importa se sarà o meno un paradiso. Ma voglio stare solo con te. Non voglio che nessuna delle donne delle case di appuntamento venga a bussare alla porta per avvertirci che il tempo a nostra disposizione è finito.

Lei non riusciva a rispondergli. L’osservatrice Stavia era come paralizzata, morsa dalla vipera dell’indecisione, incapace di dire sì o no… forse più tardi, lasciami pensare… Non voleva prestarsi a quel sotterfugio, a quella cospirazione. Si sentiva come un’estranea mentre l’altra Stavia stava prendendo il sopravvento. L’attrice. L’attrice che rendeva tutto così facile, giusto o sbagliato che fosse, tutto più semplice.

— Giusto — disse, senza permettersi di provare nessuna sensazione, senza lasciar spazio a nessun pensiero salvo che quello era Chernon, e che il suo cuore palpitava quando lui le rivolgeva la parola. Ad Abbyville a volte si era svegliata di notte, pensando a lui. Non era un guerriero come gli altri, non come Barten, non era un fanfarone vanaglorioso. Era Chernon. Il fratello di Beneda. Le era penetrato nelle ossa. Aveva cercato di scacciarlo ma le era stato impossibile.

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