— Allora è stato inutile aver scacciato Stavia — obiettò Chernon.
— Invece sì, ragazzo. Ancora non sappiamo di quell’arma che Besset afferma di aver visto. Stavia adesso è cresciuta; è più facile che conosca i segreti delle donne di quando era una bambina.
— Se esistono dei segreti, scommetto che nessuno, salvo le componenti del Concilio, li conosce — aveva affermato Chernon. — Del resto non abbiamo mai più sentito parlare di quell’arma da allora. Credo che Besset fosse ubriaco.
— E questo è possibile. Comunque abbiamo fatto in modo che gli uomini corteggino quelle componenti del consiglio che sono abbastanza giovani da essere corteggiate — soggiunse Patroclo — e naturalmente le loro figlie. Non preoccuparti di Besset, il tuo compito è quella ragazza.
Era vero che Chernon aveva sognato di compiere un viaggio, di avventura ed eroismo. Tuttavia, lei non aveva risposto alla sua lettera… Finalmente si decise a rispondere a Beneda.
— Non lo so se voglio rivedere Stavia — disse sapendo bene che lo desiderava ma trastullandosi nell’illusione di poter prendere una decisione indipendente. — Forse voglio vederla. Te lo farò sapere la prossima volta.
— Deciditi — disse Beneda. — Ci sono delle voci che dicono che presto partirà ancora con una spedizione esplorativa.
Non si rese conto del significato di quelle parole che quando fu sceso dal tetto dell’armeria ed ebbe attraversato metà del campo delle parate. Beneda gli aveva detto che, secondo alcune voci, Stavia stava per partire per una spedizione esplorativa.
Spalancò la bocca fermandosi di colpo. Una spedizione esplorativa. Aveva ascoltato quelle parole senza capirle. Forse quella era la risposta alla sua lettera. Ma, se era davvero così, perché non gli aveva mai risposto? Imprecando, Chernon scalciò nella polvere per qualche attimo facendo delle incisioni sul terreno prima di volgersi per tornare sui suoi passi. Beneda stava ancora sulle mura, intenta a osservarlo. Attraversò il campo della parata e salì le scale per raggiungerla, le mani sui fianchi.
— Dille che voglio vederla — disse. — Dille di venire al buco nel muro. Questo pomeriggio, se può. Altrimenti domani al tramonto.
Non attese la risposta canzonatoria di Beneda. Quando aveva quindici anni non gli sembrava così poco dignitoso sopportare le sue prese in giro. Ora ne aveva ventiquattro e non poteva permettere che la sorellina lo canzonasse. Tornato nuovamente sul piazzale si diresse a nord verso le baracche, recandosi poi nel cortile ombreggiato degli alloggi ufficiali. Michael lo vide arrivare e uscì sul portico, con un boccale di birra in mano.
— L’ho appena scoperto — disse Chernon. — Forse Stavia partirà con una spedizione esplorativa.
— Bene, bene, bene — disse Michael, protendendosi verso la porta per parlare a qualcuno. — Hai sentito?
— Ho sentito. — Stephon uscì sul portico chiudendo con cautela la porta alle sue spalle. Nello spiraglio tra il battente e lo stipite, Chernon vide due strani personaggi seduti all’interno. Cospiratori provenienti da altre guarnigioni. — Avevo dimenticato che è venuto il momento di tentare una nuova esplorazione.
— Raramente trovano qualcosa — commentò Michael — l’ultima volta se ne sono tornate con due nuovi insetti e delle piante da tè.
— Potrebbe pensare di portarmi con lei — disse dubbioso Chernon. — Forse.
— Assicuratene, ragazzo — disse Stephon. — Devi mostrarti irresistibile.
— Pensi ancora che sia questo l’anno?
— Sembra di sì, ragazzo. Anche le altre guarnigioni sembrano esserne sicure. Ma ancora dobbiamo risolvere un piccolo e fastidioso particolare. Quell’arma che il vecchio Besset ha detto di aver visto. Lo abbiamo sentito di tanto in tanto e ancora giura di averla vista. Non che importi molto. Solo che potrebbe crearci qualche problema.
— Lo so.
— Be’, non saperlo troppo ad alta voce — ordinò Michael.
— Non farlo se non vuoi sparire come il nostro vecchio amico Vinsas.
Chernon, che non apprezzava l’idea, cambiò argomento: — Veramente credete che Stavia sappia tutto?
Michael indirizzò uno sguardo alla volta di Stephon, come per interrogarlo.
Stephon aggrottò la fronte e assentì. — Abbiamo incaricato un uomo di corteggiare la sorella di Stavia, Myra. Se n’è andata qualche anno fa dalla casa di Morgot, ma ce l’ha ancora molto con la madre e la sorella. Continua a ripetere che Stavia era la favorita, che Stavia si interessa sempre a tutto. Una delle cose interessanti che sono emerse è che Stavia aveva fatto un viaggio a Susantown con Morgot e uno dei loro servitori.
— E allora?
— Be’ la cosa interessante è che Myra ricorda esattamente quando avvenne. Fu proprio prima della guerra con Susantown. Prima che morisse Barten. Myra lo ricorda; non lo ha mai dimenticato. È stato quasi nello stesso periodo in cui Besset e la sua banda videro quel carro che veniva da Susantown.
Chernon cercò di ricordare. — Pensi che Stavia fosse in quel carro. Pensi che sappia cosa è avvenuto?
Stephon si strinse nelle spalle. — Forse. Potrebbe darsi…
— Io penso che Besset se lo sia inventato; oppure era così ubriaco che non ha visto nulla…
Michael rispose con uno dei suoi sorrisi minacciosi. — Ammettiamo di crederti, ragazzo. Fa’ un tentativo. Fatti bello e provaci.
Non era necessario farsi belli per parlare a Stavia attraverso un buco nel muro ma a lui non importava. Il vecchio albero al limitare del campo delle parate nascondeva ancora il buco nel muro. Nascondeva anche il pacco di carta oleata che Chernon vi aveva tenuto nascosto per anni. Un libro che aveva rubato a Beneda.
Si fece strada nel sentiero dietro l’albero dove era possibile sentire se qualcuno arrivava dall’altra parte del muro. Il pacco era ancora là, un involto di carta nascosto in un anfratto dell’albero. Conteneva un libro rosso. Anche se dentro di lui ne conosceva ogni parola, anche se non vi aveva trovato nulla di interessante, averlo era proibito. Il significato risiedeva proprio là, nella sua sfida ai comandamenti, nel suo disprezzo per le regole. Non gli era permesso leggere ma lui avrebbe letto.
Le pagine si erano aperte quasi da sole. — Società migratorie, i lapponi. — Tappandosi le orecchie con le dita per azzittire il lontano rumore proveniente dai campi di gioco, Chernon cominciò il rituale con il quale mostrava il suo disprezzo per i comandamenti delle donne.
Stavia venne più volte a curare il vecchio Bowough, lo fece in numerose occasioni ma la sua condizione non migliorò. Anzi, quasi peggiorò. La respirazione divenne più faticosa. La mente sembrava vagare nel nulla. Septemius era nervoso, si tormentava le mani facendo commenti stupidi ogni volta che Stavia appariva.
— Vieni, amico mio — disse lei, portandolo nella stanza adiacente dove c’erano tre cani grigi accoccolati a terra, che alzarono i musi neri per guardarla, leccandosi le labbra scure con piccoli colpi delle lingue rosate. — Sei preoccupato per lui. Quanti anni ha veramente?
— È vecchio — ammise Septemius. — Sai quanto lo sono io stesso. Lui non lo ricorda, se mai lo ha ricordato. Io so quanti anni ho, sessanta e qualcosa, ma non ho la minima idea di che età avesse quando sono nato io.
— Qualcosa tra gli ottanta e i novanta — scherzò lei. — Ho qualcosa che gli sbloccherà i polmoni, quasi sicuramente, ma non è sulla lista disponibile per gli itineranti. Il che significa, Septemius Bird, che o devo rifiutarmi di dartelo oppure devo rubarlo al Paese delle Donne.
Septemius borbottò qualcosa senza comprendere dove la ragazza volesse arrivare, ma sicuro che avesse in mente qualcosa.
— Vuole qualcosa — gli aveva detto Kostia una sera o due prima. — Quella dottoressa vuole qualcosa da noi, Septemius.
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