Quando i guerrieri fecero ritorno era quasi metà dell’inverno. L’intera città si radunò sulle mura intorno alla piazza; l’aria era fredda e frizzante per la temperatura invernale, le foglie secche sul piazzale delle parate scivolarono attraverso la Porta del Difensore quando questa si aprì perché i morti vi fossero introdotti. File e file di cadaveri, disposti in modo che fosse possibile vedere i loro volti. Molti tra i morti, compresi quelli che erano caduti all’inizio della battaglia, erano stati sepolti sul campo dove erano caduti e le loro bare contenevano solo i loro indumenti e le armature. In cima a ogni feretro c’era un bastone a T che portava le regalie del guerriero. Oltre le mura, sul campo della parata, i feriti in condizioni peggiori erano adagiati sulle barelle. Stavia e una dozzina di altre ragazze portarono dell’acqua dalla Fontana della Dolce Fine alle camere del Concilio, dove le consigliere la mescolarono con la cicuta. Poi le consigliere girarono tra i feriti offrendo l’acqua a tutti coloro che soffrivano. Alcuni l’accettavano mentre altri la rifiutavano. Stavia accompagnò Morgot mentre compiva il suo dovere, tenendo la coppa mentre i guerrieri bevevano.
— Per annullare il dolore — disse Morgot offrendo la fiasca.
— Non ne ho bisogno, matrona — dicevano alcuni. Altri, quelli feriti non troppo gravemente, sorridevano nel pronunciare quelle parole.
— Dammela, signora — dicevano altri e Stavia prendeva la coppa e la portava alle loro labbra. Bevevano abbattendosi sulle barelle, in silenzio. Alcuni sorridevano. Alcuni ansimavano semplicemente, chiedendo la fiasca con gli occhi. Alcuni erano privi di sensi ma così orribilmente feriti che erano i compagni a chiedere l’acqua per loro. Quando tutto fu finito, qualcuno venne e riabbassò le visiere degli elmi davanti ai loro volti e li portò oltre le mura dove li aspettavano madri e sorelle.
Non ci fu bisogno di nessuna coppa per Barten. Era già morto, avevano riportato il suo cadavere, colpito alla schiena. Essere colpiti alla schiena era quello che succedeva a coloro che scappavano o, a volte, era la sorte che toccava ai guerrieri odiati dai loro stessi compagni. Myra appuntò un nastro d’onore sul suo petto, sua madre pianse. Myra si gettò sul cadavere urlando: — Così lo hanno ucciso dunque, hanno ucciso anche lui! — Continuava a ripetere quelle parole. Quando gli altri cercarono di allontanarla dal cadavere, Myra vi si aggrappò ancor più tenacemente.
— Lasciatela — disse Morgot. — Tornerà dopo le tenebre quando nessuno starà a guardarla. — Fece così, infatti, scivolando in casa nella sua camera quando era già freddo e buio. Alla mattina tornò alla piazza un’altra volta; ma la madre e le sorelle di Barten avevano preso il corpo del ragazzo portandolo fuori dalle mura sino al mausoleo di famiglia dove lo avevano seppellito. Non avevano mandato un messaggio per invitare Myra ad accompagnarle. Gli usi imponevano dignità in occasioni simili, e quel dolore era troppo teatrale, troppo rumoroso, troppo lontano dal comportamento che le donne dovrebbero tenere per suscitare simpatia.
— Chi ha vinto? — chiese Stavia, domandosi perché non le era stato detto.
— Noi, naturalmente. Susantown ha avuto un’idea di cosa significherebbe attaccarci. — Morgot sospirò e scostò una ciocca di capelli dalla fronte.
— Quanti guerrieri hanno perso?
— Tanti quanti noi.
— Quanti?
— Quasi seicento — disse Morgot. — Molti di loro sono stati sepolti sul campo di battaglia. Ne moriranno circa altri cento a causa delle ferite.
— Madre, è più di un quarto della guarnigione. Quasi un terzo.
— Lo so. La guerra è orribile, bambina mia. Lo è sempre stata. Consolati pensando che prima delle Convulsioni era molto peggio. Ne morivano molti di più e tra loro c’erano donne, bambini e vecchi. Oltre a ciò si permetteva alle guerre di creare devastazioni. Grazie ai nostri comandamenti i bambini vengono risparmiati. E anche le donne. Solo gli uomini che scelgono di essere guerrieri affrontano la battaglia. E non ci sono devastazioni.
Stavia rimase in ascolto e trovò qualche conforto, ma Myra, era inconsolabile; le sue grida di dolore riempirono la casa per giorni e non volle essere aiutata da nessuno.
— Non puoi far nulla per lei? — chiese Stavia. — Darle qualche droga o qualcosa del genere?
— Meglio lasciare che le passi — sospirò Morgot. — Andrà avanti per un poco poi la smetterà. Il dolore è più facile da sopportare di altri sentimenti, Stavia. La gelosia per esempio. O la colpa. Se Barten fosse vissuto, Myra avrebbe imparato molto di entrambi questi sentimenti. Così Myra non ha nulla da rimproverarsi.
Nelle settimane che seguirono, morirono altri guerrieri feriti e ci furono altre cerimonie d’onore nella piazza. Per qualche tempo sembrò che non ci fosse giorno in cui non risuonasse il rullare dei tamburi o lo stridere di una fanfara, poi tornò l’abituale silenzio.
Morgot riunì tutti alla tavola una notte e presentò un nuovo membro della famiglia.
— Questo è Donal — disse posando la mano sulla spalla di un giovane massiccio dal viso deciso, con i capelli color ferro. — Ha appena compiuto sedici anni. Ha scelto di tornare nel Paese delle Donne e lo abbiamo accolto con grande piacere da Tabithatown al nord, dove ha appena completato il primo stadio della sua educazione. Donal è iscritto alla scuola dei servitori qui a Marthatown.
Myra si alzò senza una parola e lasciò la tavola. Morgot scosse il capo facendo capire che non era il caso di fare commenti e tutti loro dovevano lasciarla andare.
Donal mormorò qualcosa a Joshua.
— Era molto innamorata di un guerriero — gli rispose Joshua con un tono formale e molto misurato che Stavia trovò inusuale. — Non era un giovane che si potesse considerare un uomo d’onore per quel che riguarda il rispetto dei comandamenti. È riuscito a convincere diverse ragazze a lasciare la città e ad andare a vivere nel campo degli zingari per il suo piacere. Myra non è arrivata a tanto ma condivideva alcune delle sue idee. È stato ucciso da poco.
Donal arrossì e chinò il capo sul piatto.
— Ti suggerisco di ignorarla — disse Morgot. — Le passerà.
— Potresti renderti indispensabile con il bambino — suggerì Stavia. — Myra ne sarebbe contenta.
Fu Joshua a suggerire che Stavia aiutasse Donal negli studi. — Per lui è difficile — le disse. — Lo so. I libri non sono molto importanti nella guarnigione. La lettura non viene incoraggiata. È difficile abituarvicisi…
Così Stavia divenne insegnante, di matematica, di storia, di composizione, ripassando cento cose che aveva dimenticato.
— Le donne del Concilio non vengono elette dal popolo — gli disse per rispondere a una domanda. — Sono scelte da altre componenti del Concilio.
— Tua madre, cioè Morgot, è un componente del Concilio. Da quanto tempo ne fa parte?
— Sono alcuni anni adesso. Da quando aveva tredici anni — gli disse Stavia.
— Così giovane?
— Alquanto. Non ce ne sono molte così giovani.
— Perché l’hanno scelta?
— Non lo so. Non lo dice; nessuna di loro lo spiega. Non c’è un numero specifico per il Concilio, e alcune donne ne fanno parte e altre no; questo è tutto. Molte di quelle che ne fanno parte hanno delle conoscenze mediche, questo lo so. Credo sia perché il Concilio deve mantenere la salute della città…
— Probabilmente è così — convenne Donal. — I servitori non ne fanno mai parte, vero?
L’idea ridusse Stavia a un silenzio turbato. Fu Joshua a rispondere dalla porta.
— I servitori hanno una o più associazioni in ogni città. Il Concilio spesso chiede la loro opinione, se hanno opinioni degne di essere ascoltate. E le associazioni hanno opinioni degne di essere ascoltate in proporzione allo studio e alle riflessioni dei singoli servitori.
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