Sheri Tepper - Cronache del dopoguerra

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Cronache del dopoguerra: краткое содержание, описание и аннотация

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Sono passati duecento anni dall’ultimo olocausto ma il dopoguerra dura ancora. Una parte del genere umano (le donne di Marthatown e di altri centri abitati pacifisti) hanno imparato la lezione e giurato di non riprendere più le armi, ma altri la pensano diversamente. Per molti fare la guerra è sinonimo di onore, di uno stile di vita eroico e irrinunciabile. Così, in alcuni avamposti militari disseminati sul pianeta attecchisce una civiltà aggressiva che si identifica con uomini non disposti a fare ammenda del passato. Per Stavia, una giovane dottoressa, non è facile convincere il compagno Chernon a rinunciare alla via della violenza, tanto più che i due devono compiere insieme una missione che non si prospetta facile. Presto dovranno misurarsi entrambi con mille difficoltà e pericoli, e allora non sarà Chernon il solo a dover fare una scelta radicale: anche Stavia si renderà conto che l’utopia potrebbe avere i giorni contati.

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— Non accendiamo il fuoco — disse Morgot. — Ci sono stati degli attacchi di zingari lungo la strada e non voglio attirare la loro attenzione con il bagliore del bivacco.

— Cosa vogliono?

Morgot si interruppe prima di rispondere come se volesse scegliere bene le parole. — Oh, di solito stuprare e rubare, razziare carri e animali, prendere del cibo e a volte uccidere.

— Da dove vengono?

— Per la maggior parte dalle guarnigioni. Uomini che non vogliono tornare nel Paese delle Donne perché è considerata una cosa disonorevole, ma che non sono abbastanza forti da sopportare la disciplina militare. Se la prendono con tutti, ma in particolare con le donne. Si sentono in colpa per aver lasciato le guarnigioni e questo li rende ancora più pericolosi. Si uniscono in gruppi, con qualche zingara e creano una banda.

— Perché non abbiamo portato con noi una scorta di guerrieri? — Stavia osservò i volti dei suoi compagni di viaggio alla luce del bivacco. Sembravano non averla sentita. — Morgot?

— Non ti preocupare per questo, Stavia. Sono sicura che andrà tutto bene.

Stavia invece era sicura che non avrebbe dormito, ma quando riaprì gli occhi era mattina. Joshua stava preparando il tè. — In piedi, ragazzina. Sorveglia le bestie al ruscello in modo che non abbiano la pancia piena di acqua fredda quando partiamo.

Morgot stava seduta sul ciglio del torrente; sembrava un poco più vecchia di Stavia. Aveva la pelle luminosa come avorio mentre raccoglieva l’acqua con un vecchio straccio, bagnandosi. — Bene, figlia mia — disse in tono di approvazione. — Partiremo presto così arriveremo al Riposo del Viaggiatore prima di sera.

Fecero colazione in fretta poi spensero il fuoco e partirono. Guardandosi indietro Stavia poteva vedere il fumo del loro bivacco che stillava dalla radura come una nebbia; in fondo alla valle saliva al cielo un’altra nebbiosa piuma di fumo. Zingari? Una banda di minatori itineranti? O una troupe di attori? Sia Morgot che Joshua osservarono il fumo senza fare commenti.

Attraversarono a lungo le colline nude in salita. A sera arrivarono presso una radura molto simile a quella dove si erano accampati la notte precedente. Dagli alti alberi secchi che circondavano la radura rami e foglie pendevano come un sipario aromatico. In quella radura, tuttavia, c’era un edificio lungo e basso costruito per metà in pietra e per metà in travi di legno, con il tetto spiovente e un grosso portale. Fuori dal muro di cinta c’era una mezza dozzina di carri: un paio di essi erano dipinti vivacemente, appartenevano a gente di spettacolo, poi vi erano tre carri ornati con frammenti di metallo e lingotti tratti dalle miniere e dalle cave della montagna, e infine un carro simile al loro.

Sopra la porta c’era una insegna: IL RIPOSO DEL VIAGGIATORE. La porta si apriva su un cortile che ospitava le stalle. Una porta introduceva in una stanza comune con il pavimento di assi, pregna dell’ odore del cibo. Due donne sino a quel momento in attesa dall’altra parte della stanza, vennero da Morgot, salutandola con uno sguardo severo. Riservarono una rapida occhiata a Stavia.

— Mia figlia — annunciò Morgot. — E questi è Joshua. Mi accompagnano nel viaggio.

Le donne assentirono, presentandosi. — Melanie Hagnessdaughter Triptor Susantown, Jessica Hagnessdaughter Triptor Susantown. Sorelle di Susantown. Abbiamo ordinato la zuppa. Volete unirvi a noi?

Joshua si scusò dicendo che doveva andare a staccare i muli e metterli nella stalla. Disse che avrebbe cenato nelle stanze dei servitori. Stavia era indecisa. Avrebbe potuto andare con lui o rimanere, scelse questa soluzione ma in seguito se ne pentì. La conversazione riguardò principalmente il commercio, il raccolto, lo scambio del pesce secco e delle radici. Quegli argomenti potevano essere interessanti, ma non se ne parlava per tutta la sera. Una volta che si fu saziata, Stavia si rannicchiò in un angolo vicino al fuoco astraendosi dalle loro conversazioni che le arrivavano intermittenti.

— … potremmo fare in modo che fosse ridotto di un terzo almeno — udì dire Morgot.

— D’accordo — disse una delle sorelle.

— Manderemo i nostri agenti.

— E noi i nostri.

— Fatelo. Grazie, sorelle.

Poi Mogort venne a scuoterla. — Andiamo, Stavia. È ora di andare a letto.

Sembrava così stanca, pensò Stavia, così stanca. Quando furono fianco a fianco nei loro letti al piano di sopra, posò confortevolmente il suo braccio su quello di Morgot che le mormorò una risposta.

— Dormi bene, Stavvy.

— Dormi bene, Morgot.

Tornarono per un’altra strada. A mezzogiorno circa Joshua fermò i muli e si sedette come per mettersi in ascolto, grattandosi la fronte con l’incavo tra l’indice e il pollice.

— Cosa c’è? — chiese Morgot.

— È successo qualcosa. Qualcosa è cambiato. Qualcuno ha percorso questa strada…

— Possiamo tornare indietro.

— No, non credo — aizzò i muli e questi si rimisero nuovamente in marcia. Verso sera, quando venne nuovamente il momento di stabilire il campo Joshua si protese nel carro e disse a bassa voce: — Morgot!

— Mm.

— Penso che ci siano dei problemi.

— Pensavo che avessi detto che questa strada era sicura.

— Lo credevo anch’io. Forse questa mattina qualcuno aveva deciso di prendere un’altra strada ma in seguito ci ha ripensato ed è tornato da questa parte… Non lo so. Non posso sentirli sinché non decidono di passare all’azione. A volte le cose cambiano. Non c’è stato molto movimento lungo il bosco nelle ultime due miglia. Nessun uccello, solo un silenzio innaturale.

— Oh, Signora!

— Be’, staremo a vedere cosa succede, vero?

— Cosa pensi?

Lui chiuse gli occhi con la fronte aggrottata, come se si stesse concentrando. — Direi che siano una mezza dozzina. Non di più.

— Cosa possono volere?

— Cosa state dicendo voi due? — chiese Stavia — Chi ha deciso di fare cosa? Stiamo per essere attaccati?

— Probabilmente, sì. Stiamo discutendo se sia più opportuno scappare e sperare che non ci inseguano o accamparci e vedere cosa vogliono. Così potremmo fornirgli un’esca.

— Offrirgli un’esca? — la voce di Stavia tremava come un topolino spaventato.

— Direi che dipende da Stavia, non è vero? — disse Joshua.

Mogrot assentì: — Stavvy, voglio che tu mi prometta una cosa.

Stavia deglutì tremante, era in uno di quei momenti in cui l’attrice Stavia prendeva il controllo della Stavia di tutti i giorni. E stava per dire qualcosa di pericolosamente imprudente. Le promesse venivano fatte solo in occasioni molto importanti; non erano roba da tutti i giorni. — Perché? Cosa? — chiese.

— Qualunque cosa accada non dovrai mai farne parola.

— Non hai bisogno che te lo prometta. Se non vuoi che dica nulla non lo farò.

— No, non è abbastanza. Voglio la tua promessa.

Rabbrividì. Poi l’attrice Stavia disse con calma: — Oh, va bene, Morgot. Lo giuro sulla mia appartenenza al Paese delle Donne. Non ho alcuna idea di quello che sta per succedere.

— Forse è meglio così — assentì Morgot. — Gli tendiamo una trappola, Joshua; e speriamo di aver giudicato bene che non sono più di sei.

Guidarono i muli in una fitta macchia di alberi e Stavia osservò con stupore Joshua che apriva un pannello sul lato del carro e ne traeva diverse lunghezze di catena. Con questa, impastoiarono i muli al carro e questo a un albero, stringendo il legami con molti giri di corda pesante.

— Potrebbero tentare di liberare gli animali durante la notte — spiegò — o di portarsi via il carro. Così non possono farlo; non ne potranno staccare neanche uno e scapparsene via.

Allora Morgot predispose attorno al carro diverse piccole pire. Ne preparò cinque con la legna che fece raccogliere a Stavia, che impilò tutt’intorno al bivacco. Quando ebbe terminato, cosparse ogni pira con una polvere speciale e tracciò una miccia che arrivava sino al carro. La polvere aveva l’odore penetrante dei fuochi artificiali.

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