Sheri Tepper - Cronache del dopoguerra

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Cronache del dopoguerra: краткое содержание, описание и аннотация

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Sono passati duecento anni dall’ultimo olocausto ma il dopoguerra dura ancora. Una parte del genere umano (le donne di Marthatown e di altri centri abitati pacifisti) hanno imparato la lezione e giurato di non riprendere più le armi, ma altri la pensano diversamente. Per molti fare la guerra è sinonimo di onore, di uno stile di vita eroico e irrinunciabile. Così, in alcuni avamposti militari disseminati sul pianeta attecchisce una civiltà aggressiva che si identifica con uomini non disposti a fare ammenda del passato. Per Stavia, una giovane dottoressa, non è facile convincere il compagno Chernon a rinunciare alla via della violenza, tanto più che i due devono compiere insieme una missione che non si prospetta facile. Presto dovranno misurarsi entrambi con mille difficoltà e pericoli, e allora non sarà Chernon il solo a dover fare una scelta radicale: anche Stavia si renderà conto che l’utopia potrebbe avere i giorni contati.

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— Ti hanno insultato?

— Oh, sì, lo fecero. Mi insultarono e qualcuno mi tirò anche delle pietre ma io continuai sulla mia strada. Poi, dopo che fui tornato, vagabondai per circa un mese mentre le donne mi osservavano per vedere se sarei stato in grado di reggere. Mi dissero che c’era una possibilità qui e scelsi Marthatown.

— E hai cominciato a studiare?

— Giusto. Comincia dall’inizio, mi dissero. Nella scuola dei servitori. Tutti i guerrieri imparano a leggere, a scrivere, a cantare e un po’ a far di conto. I servitori devono iniziare daccapo. Tuttavia per noi è un poco più facile che per voi donne. Visto che abbiamo iniziato in ritardo ci è consentito di specializzarci.

— E tu ti sei specializzato in medicina.

— Dovevo imparare qualcosa che avrebbe potuto servire a cambiare le cose. Divenni assistente infermiere e incontrai Morgot; così finii per entrare nella sua casa. A causa di Corny.

— Quelli che ritornano non possono imparare un’attività artigianale, vero? O un’arte?

— Oh, possiamo se ne abbiamo voglia; un’arte l’abbiamo: quella dei misteri. — assunse un’espressione comica.

— Non ne ho mai sentito parlare.

— Sono soprattutto i servitori a studiarla — sorrise lui. — Sebbene non solo loro; e, per favore, non ripetere quello che hai sentito. Non avrei dovuto dirtelo. — Tuttavia il suo sguardo le suggerì che lo aveva fatto solo per vedere cosa lei avrebbe detto o fatto.

Morgot, Joshua e Stavia partirono presto, la mattina successiva, sul carro trainato dai muli; i quattro animali tiravano con energia procedendo sulla strada che si dirigeva a est verso le colline. Joshua guidava il carro. Morgot stava in fondo alla carretta raggomitolata, con il capo appoggiato ai sacchi di provviste e gli occhi chiusi. Era rimasta sveglia quasi per tutta la notte con il piccolo Marcus, per cambiarlo e porgerlo a Myra che lo allattava. Ora giaceva nella branda del carro, che beccheggiava leggermente, raggomitolata per dormire, recuperando le troppe notti insonni. Stavia lesse finché gli occhi non le fecero male poi saltò sul sedile del carro osservando il panorama che cambiava attorno a loro. Le colline più vicine erano verdi, alcune brillanti a causa del grano che cominciava a maturare, altre punteggiate da piccole macchie scure come orsetti accovacciati. Dietro di esse le montagne boscose limitavano le valli, su fino al cielo striato a oriente da cumuli di nuvole. Il freddo vento dei giorni precedenti aveva lasciato spazio al calore; fiori selvatici erano sbocciati lungo la strada, gialli, bianchi e oro. Stavia si drizzò osservando il panorama circostante.

— Quanto siamo lontani?

— Due giorni di viaggio. Siamo quasi a metà strada per arrivare a Susantown.

— Cosa c’è, a metà strada?

— Un albergo per i viaggiatori. È a metà strada anche tra Abbyville e Mollyburg. Una specie di crocevia.

— Incontreremo qualcuno?

— Morgot deve incontrare qualcuno — disse lui a bassa voce. — Deve discutere un accordo commerciale. Rifornimenti di grano, credo.

— È molto preoccupata per il razionamento. Immagino che l’anno scorso il raccolto non sia stato buono.

— Be’, in realtà è stato uguale al solito.

— E allora perché razionarlo?

— Perché siamo di più. Sono nati più di duecento bambini a Marthatown l’anno scorso e altrettanti quello prima.

— Quelli che sono morti dovrebbero aver riequilibrato il numero…

— Non è morta molta gente, non ci sono state malattie contagiose quest’anno. Nessuna incursione o battaglia.

— Cosa ha intenzione di fare Morgot?

— Credo che voglia trattare uno scambio tra il pesce secco di Marthatown e il grano prodotto all’interno del paese.

La strada cominciava a salire verso le colline. Morgot prese la guida mentre Joshua e Stavia camminavano a fianco del carro per evitare che gli animali si stancassero. Non lontano dalla strada, sulle colline, una squadra adibita al rimboschimento stava lavorando in una radura, deponendo alberelli fronzuti dentro alcune buche che poi venivano ricoperte di terra. Morgot salutò la squadra al lavoro, poi scese a ispezionare il terreno soffice che ospitava i nuovi alberi che spuntavano tra le nodose radici di quelli vecchi. Al limitare della radura qualcosa si mosse, scivolando via simile a una macchia chiara.

— Un cervo? — chiese Morgot incredula.

— Ne abbiamo visti diversi — le disse la caposquadra.

— Pensavo che il programma di ripopolamento fosse stato realizzato molto più a nord.

— Sì, Morgot. Ma è stato dodici anni fa.

— È già passato tanto tempo…?

— Potrebbero essere cervi selvatici. Sopravvissuti da prima delle Convulsioni.

Stavia stava ancora osservando il punto dove la cosa era scomparsa nella foresta. Si era trattato di un animale di incredibile grazia e velocità. Un cervo. Ne aveva visti nelle illustrazioni, naturalmente, ma non se ne vedevano allo stato brado da generazioni. Dopo le Convulsioni, erano stati rinvenuti alcuni esemplari di cervo provenienti da un parco, o forse da uno zoo, a nord. Era stato realizzato un programma di ripopolamento che prevedeva che ogni anno ne fossero lasciati allo stato brado alcuni capi. Stavia lo sapeva, ma vederne uno dal vero era un avvenimento eccezionale! Erano molto diversi dalle pecore e dalle capre, e anche dalle renne del libro di Beneda.

Proseguirono sino alle prime colline. Qualcosa di strano al limitare del paesaggio attirò l’attenzione di Stavia. A sud della loro posizione si estendeva un territorio dove non vi erano campi o boschi, questi avevano lasciato spazio a un tappeto di colore nero e grigio che si estendeva verso sud e verso est, perdendosi in lontananza. — Guardate! Cosa è?

— Una devastazione del freddo — osservò Morgot dal retro del carro, sedendosi per guardare meglio. — Non ne avevi mai vista una prima, vero? Ce ne sono poche qui e intorno al Paese delle Donne, ma se si va verso sud, oltre i pascoli di Emmaburg, è impossibile attraversare il territorio a causa delle devastazioni. A sud e a est tutta la terra ha un aspetto simile a quello. L’intero continente è andato distrutto. Guarda, usa il mio binocolo.

Stavia puntò il prezioso binocolo spostando gli occhi sulla distesa grigia dall’aspetto canceroso. — Ma là non ci cresce niente. — La terra sembrava disseccata; persino le pietre parevano fuse e contorte.

— Assolutamente nulla — convenne Morgot. — Ricordi la battuta di Cassandra in Ifigenia a Troia : “Ho visto la terra devastata e bruciata a brandelli e la desolazione nata dai nobili grembi”, be’, quello è uno dei posti di cui parlava.

— È pericoloso?

Morgot agitò la mano davanti a sé. — Molto caldo. Non per il fuoco ma per le radiazioni; se ti avventurassi in quella zona pochi giorni dopo ti cadrebbero tutti i capelli e moriresti. Comunque una desolazione di quel tipo non è pericolosa come altre, almeno puoi vederla. Ne esistono alcune che non sono così evidenti. Rocce e piante hanno un aspetto normale, ma la zona è ugualmente letale. Ne esiste una così a sud di Marthatown. Le chiamano desolazioni mascherate.

— Come si fa a capire che c’è una desolazione mascherata?

— Abbiamo ancora alcuni rilevatori di radiazioni risalenti a prima delle Convulsioni. Quando parte una squadra di esplorazione ne porta sempre uno con sé. O comunque si fornisce di una buona mappa.

— Una desolazione — ripeté Stavia osservando la roccia scura e nuda che si estendeva in tre direzioni. — Come hanno fatto a provocare un disastro simile?

— Con le loro armi micidiali. Lo sai.

— Sì. Immagino che dovrei saperlo.

Quella notte si accamparono in una radura di eucalipti. L’aria era profumata dall’aroma delle foglie medicamentose. Le capre erano legate in un Campetto e il carro seminascosto sotto le fronde.

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