— Beneda! — protestò Stavia.
— Forse sì. E forse potresti avere un bambino da Chernon e allora saremo veramente sorelle.
— Beneda! Non voglio neanche parlarne. — Il suo viso avvampò. Non riusciva neppure a parlare di una cosa del genere. Si avvicinava troppo ai suoi desideri segreti ed era una sensazione della quale non aveva controllo o comprensione.
Il grande portale centrale dal quale i guerrieri erano andati e venuti nelle ultime due settimane fu chiuso sulla piazza ancora una volta. Soprapensiero le donne cominciarono a ripulire le strade. Le taverne adibite al carnevale furono chiuse, i barili furono asciugati fino alla successiva occasione. Nelle case d’appuntamento, sui mobili, furono deposti dei teli, gli impianti igienici ripuliti e le porte furono nuovamente richiuse.
In città quasi regnava il silenzio, un silenzio da funerale; le porte venivano chiuse silenziosamente. Le voci mormoravano. Perfino la Fontana della Dolce Fine sembrava aver cessato la sua musica, e le canzoni degli uccelli suonavano come domande confuse piuttosto che affermazioni di vitalità. Sembrava un periodo di dolore. — Il distacco — disse Morgot citando un poeta del Paese delle Donne. — Il silenzio della separazione, un recipiente di silenzio per raccogliere il dolore, per coloro che si sono detti arrivederci, addio. Il momento per recuperare quelle cose non tanto perdute quanto dimenticate.
— Penso che siano tutti stanchi — disse Stavia pragmatica. Lei comunque sapeva di essere stanca. Stare senza Chernon le pareva impensabile ma stare con lui a volte la faceva sentire irritabile in modi che le sembravano strani. — Solo stanchi — preoccupata dei propri confusi sentimenti, non vide lo sguardo di apprensione che Morgot le aveva rivolto.
La settimana dopo Stavia tornò allo studio.
Non prima di aver mandato un libro a Chernon, tuttavia. A dispetto di quanto pensava essere giusto o del comune buonsenso, l’osservatrice Stavia implorava l’attrice Stavia di essere ragionevole. L’attrice Stavia lo fece comunque, asserendo che i comandamenti erano stupidi, arbitrari e che Chernon era diverso dagli altri.
— Me ne porterai degli altri, vero? — la implorò Chernon attraverso il buco nel muro mentre le loro dita si sfioravano, tremando come piccoli animali che si adorano a vicenda. — Ti prego, Stavia. Attraverso il buco nel muro. Tutto. Tutto quello che posso leggere.
— Sarai scoperto — disse lei, sperando che lui non esagerasse. Sarebbero stati problemi per entrambi… forse. Eppure ciò li avrebbe legati ancora di più, forse…
— Non voglio farmi scoprire. Verrò qui durante le ore libere e starò qui a leggere poi lascerò i libri proprio qui, nascosti sotto l’albero. Oh, so che lo farai. Per favore, Stavvy.
— Va bene, Chernon — gli promise sciogliendosi allo sguardo liquido che lui le riservò, una sensazione che giudicò essere la famosa “infatuazione”. Non sapeva quale altro nome dargli. Prestargli qualche libro le sembrava un sacrificio così piccolo per evitare che assumesse quello sguardo triste e ferito. Non poteva sopportare di vederlo così.
Diversi giorni dopo il carnevale, Myra andò al centro medico, portando Stavia per farle compagnia. Dopo un’ora, Myra uscì con un’aria furiosa e scombussolata e se ne andarono assieme.
— Ti sei presa qualche malattia? — chiese Stavia.
— No, non ho preso niente. Sto bene.
— E allora qual è il problema?
— È che… sono così rozzi. La dottoressa fa sempre le stesse domande. Quando ho avuto l’ultimo ciclo? Lo sa bene. È stato proprio prima di carnevale e mi ha anche sottoposto a un esame. Stai prendendo i miei supplementi alimentari? Hai dei problemi sessuali?
— Non mi sembrano domande così rozze.
— C’è qualcos’altro. Mi ha fatto distendere sopra il tavolo e mi ha aperto come un pesce inserendo un affare di metallo, pungendomi con siringhe e roba del genere, poi l’hanno chiamata per un’emergenza e mi ha lasciato là sul tavolo.
— Capitano delle emergenze, Myra. Davvero.
— Be’, sarebbe potuto venire qualcuno a liberarmi. Sono stata là distesa sulla schiena per più di mezz’ora.
— Pensa che tu sia incinta?
— Dice che potrà dirmelo tra circa sei settimane.
— Vuoi affrontare la gravidanza?
— Sicuro. Voglio dire, bisogna cominciare prima o poi, giusto?
— Ma vuoi veramente un bambino? Da Barten?
— Sarebbe il bambino più bello di tutti, Stavvy. Ho sempre odiato questi miei capelli. E le lentiggini. Odio le lentiggini. Il figlio di Barten avrebbe capelli scuri, occhi blu e la pelle bianca come lana appena filata.
— Di questo non puoi essere certa, Myra.
— Be’ c’è una buona possibilità.
— Stavo solo dicendo di non esserne sicura. Il bambino potrebbe avere capelli rossi e lentiggini come te e non sarebbe bello che tu facessi capire che non ti va.
— Oh, per carità, Stavia, non sei l’unica nella nostra famiglia ad aver frequentato i corsi sull’allevamento dei figli. Per la Signora, a volte sembri Morgot. Hai solo undici anni e ti comporti come lei.
Stavia fu colpita da quella brusca conclusione del discorso, lasciò che Myra andasse avanti da sola. Era vero. A volte parlava come Morgot. La colpì perché non aveva mai pensato a se stessa come simile a Morgot. Una versione più piccola. Le pareva brutto che Myra le avesse ricordato che aveva solo undici anni. Era vero, ma questo non significava nulla, salvo che in senso fisiologico. Non aveva seno. E ancora non aveva il ciclo mestruale. Probabilmente entrambe le cose sarebbero venute presto. Quando giaceva a letto di notte, toccandosi per darsi piacere pensava a Chernon, desiderando che gli anni passassero fino a… Divenne rossa, rendendosi conto del calore che aveva invaso il suo corpo. Questo significava che dal punto di vista sessuale era normale. E che ormai aveva la mente di una donna.
Dentro di lei i pensieri fluivano liberamente. Se era vero che Morgot e Stavia erano molto simili, allora Morgot avrebbe capito perché Stavia dava dei libri a Chernon, lo avrebbe capito e approvato…
Il pensiero le sfuggì come l’acqua di un’irrigazione sfugge da un buco nel canale, tutte le sue giustificazioni consolatorie e razionali se ne andarono lasciando dietro di sé solo una triste certezza. Lei, Stavia, poteva anche essere come Morgot o una sua gemella, simile come potevano esserlo madre e figlia, ma Morgot non avrebbe approvato che desse dei libri a Chernon. Morgot avrebbe citato i comandamenti. Morgot avrebbe detto: “Se vuole dei libri, lascia che torni al Paese delle Donne e potrà avere tutti i libri che vuole…”.
Era vero. Joshua aveva dei libri. Molti. E anche il piccolo Minsining e ogni altro servitore che li desiderasse.
Ma non i guerrieri. Un uomo che sceglie di essere un guerriero sceglie di combattere per la guarnigione e la sua città. Un guerriero ha bisogno di tutta la sua concentrazione. Avere altri irrilevanti pensieri in testa poteva rivelarsi rischioso. Oltre a ciò poteva essere pericoloso per un guerriero sapere troppo su certe cose. La metallurgia, per esempio. Un guerriero poteva ottenere uno spiacevole vantaggio se imparava cose che gli altri ignoravano. Al di là della lealtà alla sua guarnigione, un guerriero avrebbe potuto realizzare degli oggetti che potevano riportarlo ai tempi precedenti alle Convulsioni. Solo degli scontri ad armi pari tra guerrieri di eguali mezzi potevano decidere le questioni senza mettere gli altri in pericolo, senza creare la minaccia di una nuova devastazione…
Poteva quasi sentire le parole di Morgot. Ma poteva sentire anche quelle di Chernon: “Ti prego, Stavia. Li desidero così tanto. Ci sono cose che devo sapere…”.
Quando la implorava in quel modo, Stavia si scioglieva. Dopo tutto non era migliore di Myra che diventava una pappetta quando uno stupido uomo la implorava: “Ti prego, Stavia”. I suoi occhi erano chiari come quelli di Jerby, quasi da bambino. I capelli avevano il soffice colore dell’oro, come quelli di Beneda. Assomigliava molto a Beneda, con quell’amabile faccia ossuta, tutta piani e angoli.
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