Beneda aveva portato un messaggio a Chernon, dicendogli che sarebbe stato il benvenuto a casa. Stavia passò i suoi esami in materie femminili e fisiologia e fu assegnata a un programma di giardinaggio. La sua recitazione in Ifigenia fu giudicata accettabile e le fu affidata la parte. Riuscì a scrivere sul diario dei compiti la parte assegnatale dei comandamenti, facendo solo pochi errori di punteggiatura. Poi tutti gli studi e i programmi furono sospesi per un mese per permettere alle istruttrici di fare i preparativi per il loro carnevale. Salvo che per queste vacanze semestrali la scuola durava per tutto l’anno, una stagione dopo l’altra. Non importava quanto si fosse anziane, tutte le donne della città dovevano studiare qualcosa.
— Dopo le Convulsioni — disse Morgot — molta della conoscenza andò perduta perché la gente non sapeva nulla al di fuori della propria area ristretta e i libri erano andati perduti. Anche a settant’anni puoi imparare qualcosa, in caso possa servire.
Il pensiero di dover studiare ancora a settant’anni faceva venire il mal di testa a Stavia.
L’arrivo di Chernon a casa di sua madre coincise con la possibilità per Stavia di disporre di più tempo del solito per vedere Beneda… e Chernon naturalmente, visto che era là. Lui aveva comunque fatto in modo di chiedere a Beneda di invitarla.
— Perché mi hai parlato il giorno in cui abbiamo portato Jerby da suo padre? — gli chiese. Si trovavano nel portico superiore della casa di Stavia, a stendere il bucato. Beneda aveva portato il carrello del bucato e Stavia si era offerta di appenderne il contenuto se Chernon le avesse tenuto il cesto sulla scala.
Lui pensò attentamente cosa rispondere. Di certo non voleva dire a Stavia che lo aveva fatto perché era stato Michael a dirglielo. — Non osavo andare da mia madre o da Beneda — disse temporeggiando. — Non sapevo se sarei stato il benvenuto e, del resto, loro erano troppo lontane. Volevo darti un messaggio per loro ma non c’è stato tempo — scrollò un telo bagnato e glielo porse tenendolo per gli angoli.
Lei pose il telo in fila con gli altri e stese il bucato sul cortile. — Ti è permesso di mandare messaggi scritti, vero?
— Sì, se proprio devo. E se voglio passare un sacco di tempo a discutere e a spiegarmi con gli ufficiali. Se avessi avuto otto o nove anni nessuno ci avrebbe fatto caso. Faccio la guardia notturna per i bambini di quell’età e molti di loro hanno nostalgia di casa. Ma quando hai tredici o quattordici anni, ci si aspetta che tu vada a casa solo per dovere; nessuno si aspetta che tu lo voglia davvero.
— Immagino che pensino che sia un atteggiamento femminile. — Stavia terminò di appendere l’ultimo capo, la sottoveste di Beneda, e asciugò le mani sui calzoni.
— Già, e anche peggio. Tuttavia non c’è niente di male a sentire la mancanza dei piatti cucinati da tua madre.
— Beneda dice che li hai divorati — in realtà Beneda aveva detto che ne aveva fatto un solo boccone senza preoccuparsi neppure di assaporarne il gusto.
Lui arrossì e lei cambiò argomento. — Perché quel guerriero ha insultato tua madre?
Sul viso di Chernon comparve una strana espressione, metà furiosa e metà imbarazzata.
Stavia si affrettò a dire: — Oh, mi spiace. Morgot dice che la mia lingua sarà la mia rovina. Non volevo essere indiscreta.
— Non ti preoccupare; non credo che l’abbia mai conosciuta. Mia madre dice di averlo incontrato una volta. E ha detto che non è mai stata… capisci… con lui. Lui si vantava di averla messa incinta ma che lei non voleva ammettere che lui fosse il padre di suo figlio per dispetto.
— È stupido, Chernon.
Le lancio una rapida occhiata che Stavia interpretò come uno sguardo inaspettamente scettico, poi sorrise senza convinzione. — Oh, una pazzia. A volte diceva perfino che ero suo figlio, ma io so che non è così. L’ho anche chiesto a mia madre, ma lei mi ha detto di no. Probabilmente non ha mai avuto un figlio; probabilmente nessuna donna gli ha mai consegnato suo figlio.
— E perché hai fatto tutto quel pasticcio?
Il ragazzo sembrò irritato da quella domanda. — Voi donne non capite. Mia madre voleva che gli mentissi e io le ho detto che era una cosa disonorevole; lei replicò che dire la verità a un pazzo era inutile e anche tua madre diceva la stessa cosa. Ma Vinsas era il mio superiore, il mio mentore e comunque dovevo comportarmi in maniera onorevole. I guerrieri non si raccontano bugie. Ho cercato di spiegare a voi donne questo concetto.
— Voi donne?
Avvampò di imbarazzo. — Mia madre, tua madre. Ho cercato di spiegare che dovevo fare quello che Vinsas mi aveva chiesto anche se era pazzo, perché è così che si fa nella guarnigione; obbediamo agli ordini e non ci domandiamo se un ufficiale è pazzo o meno.
— Sapevi che era pazzo?
— Durante il carnevale… uno dei guerrieri ha detto che durante il carnevale c’erano sempre sei donne con lui, dovunque andasse e bastava che lui ne guardasse una che tutte si gettavano ai suoi piedi. Ho sentito… che una volta ha persino costretto un ragazzo.
— Chernon! Ma è proibito — Stavia si morse un labbro; persino durante i tempi prima delle Convulsioni era noto che la cosiddetta “sindrome gay” era causata da uno scompenso ormonale durante la gravidanza. Le dottoresse ora identificavano quella condizione come “un maladattamento riproduttivo ormonale” e lo correggevano prima della nascita; c’erano molto pochi invertiti, sia uomini che donne nel Paese delle Donne, sebbene ci fossero di tanto in tanto dei casi di persone asessuate o bisessuali che avrebbero, così dicevano le istruttrici, potuto accoppiarsi con una persona del loro sesso. Se il guerriero aveva “costretto un ragazzo” lo aveva quasi sicuramente fatto per vizio o per dominarlo piuttosto che per libidine; le necessità sessuali erano considerate normali e utili quali componenti dell’esistenza; il vizio no. Lo stupro non veniva tollerato nel Paese delle Donne. — Avrebbe dovuto essere giustiziato per quello — disse lei con serietà. — Non riesco a capire perché non lo hanno fatto.
— Nessuno poteva provare nulla — rispose Chemon a disagio. — In ogni caso era solo una voce.
— Non potevano controllarlo?
— Gli ufficiali vuoi dire? Vinsas era agli ordini di Michael e io credo che Michael avrebbe potuto far qualcosa se avesse voluto. Ma quando mia madre è andata da Michael lo ha irritato, e così non ha voluto far nulla. Vinsas era pazzo, veramente. La maggior parte degli altri lo evitava. Poi è morto. Penso che qualcuno lo abbia ucciso.
— Assassinato?
— Ucciso. Penso che sia avvenuto durante una campagna che la sua centuria ha condotto contro i banditi. A volte abbiamo sospettato che non fossero stati i banditi a ucciderlo. Tutti sono stati contenti che sia morto.
Stavia si morse il labbro mentre raccoglieva il cesto per portarlo al piano di sotto. Anche se Chernon si era comportato in maniera irragionevolmente acida verso la sua famiglia, lei lo scusava per causa di quello che aveva passato. Il pensiero le fece bruciare gli occhi. Scosse il capo furiosamente, portando l’ultimo indumento bagnato al viso per asciugare le lacrime. — Hai pensato di ritornare a casa?
— Vuoi dire come adesso, per il carnevale?
— Voglio dire per sempre. Attraverso la porta… — colse sul suo viso uno sguardo improvvisamente lontano e leggermente irritato.
— Non dirlo, Stavia. Naturalmente ci ho pensato ma non voglio parlarne. Non è una cosa di cui parliamo.
Questa sua ritrosia la sorprese e la spaventò. Non aveva rifiutato di parlare di nessun altro argomento. — Giusto. Parliamo di qualcos’altro. Conosci Barten?
Il ragazzo si rilassò, nuovamente sul terreno sicuro. — Oh, tutti conoscono Barten. Dici che la tua lingua ti mette nei guai, be’ Barten ha una lingua lunga il doppio della tua. Passa tutto il tempo a vantarsi. Saremo tutti contenti quando avrà venticinque anni e potrà combattere veramente invece di limitarsi a parlare di quanto diventerà famoso. Forse qualcuno gli taglierà la lingua e così saremo tutti contenti.
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