Sheri Tepper - Cronache del dopoguerra

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Cronache del dopoguerra: краткое содержание, описание и аннотация

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Sono passati duecento anni dall’ultimo olocausto ma il dopoguerra dura ancora. Una parte del genere umano (le donne di Marthatown e di altri centri abitati pacifisti) hanno imparato la lezione e giurato di non riprendere più le armi, ma altri la pensano diversamente. Per molti fare la guerra è sinonimo di onore, di uno stile di vita eroico e irrinunciabile. Così, in alcuni avamposti militari disseminati sul pianeta attecchisce una civiltà aggressiva che si identifica con uomini non disposti a fare ammenda del passato. Per Stavia, una giovane dottoressa, non è facile convincere il compagno Chernon a rinunciare alla via della violenza, tanto più che i due devono compiere insieme una missione che non si prospetta facile. Presto dovranno misurarsi entrambi con mille difficoltà e pericoli, e allora non sarà Chernon il solo a dover fare una scelta radicale: anche Stavia si renderà conto che l’utopia potrebbe avere i giorni contati.

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— Chernon?

— Esatto. È Beneda quella vicina a te?

— Sei mio fratello? — Beneda si protese dal muro e Stavia fu costretta a trattenerla per paura che cadesse di sotto.

— È da quando avevi sei o sette anni che non ti vedo — rispose Chernon con un sorriso indagatore.

— La madre mi ha detto cosa è successo, mi spiace Chernon.

— Anche a me. Quel guerriero, quel pazzo, quello che mi minacciava adesso è morto; è stato ucciso durante un raid di banditi. Vorresti dirlo a nostra madre? Per favore. Mi piacerebbe venire a casa questo carnevale; o alme no a farvi visita. La zia Erica è buona, ma vorrei vederti. E anche la mamma — i suoi occhi stavano implorando sinceramente adesso, e le labbra parevano tremare, anche se solo un poco.

— E vedere le ragazze.

— E anche le ragazze — lanciò uno sguardo rapido al piazzale della guarnigione — non posso star qui. I ragazzi non devono rimanere in questo punto, solo i guerrieri possono farlo. Del resto ho il turno di guardia stanotte. Devo far la guardia all’ottava centuria. Ascolta, c’è un terrapieno nel muro oltre l’estremità occidentale del campo delle parate; se ci vai troverai un buco attraverso cui si può parlare o passare messaggi. Alcuni dei guerrieri lo usano per gli appuntamenti. Portami la risposta là, va bene? Sarò là domani a mezzogiorno…

La sua voce svanì mentre si diffondeva il rumore di un tamburo che risuonava dietro le baracche. — I quattordicenni. La mia centuria — disse, poi a bassa voce, mentre scendeva le scale, aggiunse: — Ricordati.

Le due ragazzine si guardarono l’un l’altra quasi incredule per quell’incontro. — Chernon — sospirò Beneda — Oh, Stavvy, è magnifico; penso che tu gli piaccia, sai? L’ho capito dal modo in cui ti guarda.

— Andiamo a cercare quel posto che ti ha detto — suggerì Stavia con un tono pragmatico; ma dentro di lei non si sentiva affatto pragmatica. Si sentiva liquefatta. Era un sentimento strano, quasi indecente; e non voleva confrontarcisi o neppure considerarlo. — Se devi andarci domani a mezzogiorno per portargli il messaggio devi scoprire dove si trova.

C’erano delle scale che conducevano dalle mura alla strada che scendeva leggermente a est della piazza; da quel punto attraversarono il piazzale, superarono gruppi di persone venute a consumare il pasto al sole e trovarono un sentiero tortuoso che portava dal muro sino agli edifici a due piani dove si svolgevano i convegni d’amore, che in quel momento avevano le porte-finestre aperte per la semestrale pulizia prima del carnevale. Lo spazio tra le case di appuntamento e il muro era coperto di ragnatele e pieno di spazzatura, ma qualcuno aveva tracciato un sentiero attraverso i rifiuti sino al muro. Il buco era al livello del spalle; un’apertura larga quanto una mano, la luce vi passava dall’altro capo creando una macchia chiara illividita dalle ombre.

— È nascosto da un albero — osservò Stavia — ecco perché nessuno se ne è accorto.

— Noi non lo racconteremo, vero Stavia?

— No. Almeno finché non avremo detto a Chernon quello che pensa tua madre.

— Non credo che dovremo comunque parlarne — disse Beneda esaminando il sentiero polveroso tra i rifiuti sul quale si vedevano le impronte di diversi piedi. — Ci vengono in molti.

Chernon andò direttamente dall’armeria a fare rapporto al Vice comandante Michael, seduto con Stephon e Patroclo sotto le fronde di un albero vicino agli alloggi degli ufficiali. I sedili di ardesia e i bassi tavoli che si trovavano sotto quell’albero facevano parte del territorio degli ufficiali e, quando questi fecero cenno a Chernon di raggiungerli, il giovane sperò che qualcuno della sua centuria lo vedesse. Non capitava di frequente che gli ufficiali parlassero con un ragazzo che non era ancora un guerriero.

— L’hai vista? — domandò Michael.

— Sì, signore.

— E allora?

— E allora cosa, signore?

— Come ha reagito?

— Bene. Voglio dire, mi è sembrata interessata.

— Tua sorella?

— Nossignore, voglio dire, sì, signore, anche Beneda era interessata, ma stavo pensando a Stavia.

— Voleva dire proprio Stavia, ragazzo — sorrise Stephon, un centurione alto e spigoloso con un viso tirato e lungo con molte rughe attorno agli occhi. — Il tuo comandante vuol sapere se sei riuscito a… entrare nelle sue grazie. — Il sorriso divenne freddo come la lama di un coltello, e le sue sottili sopracciglia scure sembrarono unirsi sopra il naso.

— Sissignore, penso di sì.

— Sai di cosa si tratta, vero?

— Sissignore, Michael me lo ha detto.

— E cosa ti ha detto? — disse queste parole rivolgendo uno sguardo d’intesa confidenziale verso Michael, che stava appoggiato allo schienale osservando Chernon di sottecchi da sotto le palpebre grosse da sembrare gonfie. Quando Chernon cercò un cenno di incoraggiamento in quegli occhi essi non ammiccarono.

— Mi ha detto…

— Parla pure, ragazzo.

— Mi ha detto che le donne sanno qualcosa. Qualcosa che ci tengono nascosto.

— Tutte le donne? — questa volta era stato Patroclo, il terzo ufficiale, un uomo massiccio, con la barba.

— No, no, signore. Questo no, probabilmente; quelle che fanno parte del Concilio. E la madre di Stavia è una consigliera. Michael ha detto che probabilmente potrei scoprire di cosa si tratta se riesco a convincere Stavia a venire da me durante il carnevale… o se riesco io ad andare da lei…

— Molto bene, Chernon — mormorò Michael — e naturalmente ci racconterai tutto quello che scoprirai, vero?

— Naturalmente, signore.

Gli fecero cenno di andarsene e lui obbedì, con la testa piena di orgoglio, lusingato per quello che era appena successo. Molti ragazzi della sua età non parlavano neppure agli ufficiali, e ancor meno svolgevano incarichi per loro.

— Non ci sono molte possibilità che scopra qualcosa, vero? — disse il barbuto Patroclo agli altri quando il ragazzo uscì di vista. Patroclo aveva peli dove gli altri avevano solo pelle liscia; persino la sua voce suonava profonda e cavernosa, quasi avesse avuto peli anche sulla gola.

— Non si sa mai — disse Michael. — Abbiamo raccomandato ai nostri uomini più avvenenti di corteggiare le donne del Concilio e le loro figlie per scoprire qualcosa. Non possono essere tutte così riservate come Morgot. Forse il ragazzo, o uno degli altri, riuscirà a scoprire qualcosa.

— E forse non scopriranno nulla. Magari Jik ha mentito solo per salvarsi la pelle.

— Anche questo è possibile — Michael si stiracchiò con uno dei suoi sorrisi annoiati. — La prossima volta che mentirà su una donna perderà una parte vitale del suo corpo. Nel frattempo, tuttavia, non possiamo rifiutarci di credergli solo perché è un ladro. È stato a Emmaburg e ad Abbyville. È stato a Tabhitatown che si trova dannatamente a nord rispetto a qui. Jik sente un sacco di cose. Se dice di aver sentito che le donne ci nascondono qualcosa, probabilmente è vero. Segreti, dice.

— Che genere di segreti ha detto? — chiese Stephon.

— Solo che sta succedendo qualcosa che non sappiamo. Qualcosa che ha a che fare coi servitori e con il Concilio. — rispose Michael.

— Non so perché ci preoccupiamo dei loro piccoli segreti. Perché vogliamo scoprirli? — le labbra di Stephon si contrassero in una smorfia di disgusto mentre sibilava: — Stupide, pecorelle belanti! Perché non prendiamo il controllo della città? Potremmo farlo. Ogni guarnigione potrebbe farlo. Perché no?

Michael scoppiò a ridere con un impeto di sincero divertimento. — Oh, quale guerriero ambizioso! C’è solo il piccolo problema del comandante Sandom. Il comandante Sandom trova lo stato attuale delle cose perfetto.

— L’ho sentito — borbottò Stephon. — Uno dei ventiduenni l’altro giorno gli ha chiesto perché lasciamo che siano le donne a governare e il vecchio Sandom ha risposto: “Io sto steduto qui con indosso una veste fatta nel Paese delle Donne, a bere birra prodotta nel Paese delle Donne. Questa notte Bilby mi preparerà il pranzo e lo farà con carne, fagioli e formaggio del Paese delle Donne. Volete andare nei campi a coltivare? Volete godervi il fango e il freddo? Vuoi diventare un pastore, ragazzo? Lascia che siano le donne a fare tutto. A loro piace e perché dovrei preoccuparmene io?”.

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