— Lo dici come se fosse un’infezione.
— Stavo solo ripetendo le parole di Morgot. Be’, almeno Myra si comporta così, tutta febbri e deliri. Continua a dire di volere un figlio da lui, solo perché è bello.
— Non c’è niente di male in questo — disse Beneda dubbiosa — o no?
— È fisicamente matura; immagino che non ci sia nulla di male. Dovrebbe esserci qualcosa di sbagliato, tuttavia, se capisci quello che intendo.
— Perché lui si comporta così?
— Be’, non credi? Voglio dire, alcuni dei guerrieri sono persone a posto, vero? Alcuni di loro sono anche belli. Ma Barten non è certo una persona perbene. Non mi sembra che sia giusto che diventi padre, visto che è così.
— Però è bello. Se dovessi avere un bambino non vorresti che fosse bello?
— Immagino di sì. Ma pensa se fosse una bambina e crescesse come lui!
— Già. Una sgualdrina! Una gallina — Beneda mise la mano destra sulla testa come una cresta e quella sinistra dietro la schiena per simulare una coda.
— Proprio quello che pensavo. Tuttavia, qualunque cosa ne pensi Myra, Morgot le ha dato tutti i ricostituenti della dieta — le dita di Stavia si arcuarono per poi stendersi. — Myra farà quello che vuole, comunque!
Beneda posò il libro che fingeva di studiare e disse: — Stavvy, parlare di galline mi ha fatto venire in mente una cosa. Mia mamma mi ha detto di passare al mercato a prendere delle uova.
— Va’ avanti — disse Stavia — ti aspetterò qui.
— Vieni con me.
— Non ne ho voglia. Va’ tu. Se, come al solito, ti fermi a chiacchierare, ci metti due ore invece di cinque minuti. Se ti aspetto qui non diventerò impaziente.
— Cosa farai qui da sola?
— Leggerò — lanciò uno sguardo ai libri sparsi attorno a loro. — Società preconvulsive. Leggerò il tuo libro di antropologia, poi ti farò delle domande.
— È un libro stupido; parla solo di isole tropicali e lapponi.
— Cosa sono i lapponi?
— Vuoi leggere? Scoprilo da te. — Beneda si alzò e si spazzolò i capelli. — Torno presto.
Se ne andò non troppo dispiaciuta di andarsene da sola. Beneda amava chiacchierare con la gente al mercato, Stavia no. La madre di Beneda non faceva parte del Concilio mentre la sua sì. Beneda poteva dire tutto quello che le passava per la testa — e di solito lo faceva — e nessuno ne avrebbe tratto delle conclusioni; ma se Stavia diceva “sembra che pioverà” tutti cominciavano a domandarsi se ciò avesse un significato particolare a causa di qualcosa che Morgot aveva detto a casa. Morgot però non diceva mai nulla a casa! Era muta come una tomba.
Allontanati questi pensieri, Stavia prese il libro rosso che Beneda stava leggendo. Società preconvulsive, tribù delle isole tropicali. Tribù che vivevano di commercio; tribù migratorie… lapponi.
Stavia lesse, entrando nel loro mondo di vesti imbottite e alti stivali (non dissimili da quelli che si usavano d’inverno nel Paese delle Donne), un popolo che sceglieva la renna più docile dal branco perché potesse guidare le loro greggi di pascolo in pascolo senza perderne nessun capo. Poteva quasi sentire l’odore dei grandi branchi di animali che si muovevano da nord a sud a seconda delle stagioni, quasi riusciva a sentire gli ululati delle fiere, i morsi gelidi della neve, il peso degli abiti imbottiti e degli stivali, il verso del capobranco che guidava il gregge. Si perse nelle parole, diventando una dei nomadi, sentendo…
Quando Beneda tornò, Stavia stava seduta sul muro con il libro aperto sul grembo e le lacrime che le rigavano il viso.
— Stavvy? Cosa è successo?
— Le renne — disse quasi soffocata dalle lacrime.
— Cosa vuoi dire con “le renne”?
— Non ce ne sono più.
Beneda spalancò le labbra. — Stavvy, onestamente. Ci sono un sacco di cose che non ci sono più. Non abbiamo più… le macchine per asciugare i vestiti, i trasporti meccanici, le fornaci che riscaldano la nostra casa e il cotone e la seta… mucche e cavalli e… molti tipi di animali e uccelli e… un sacco di cose insomma.
— Ne sento la mancanza.
— Non li hai mai visti.
— Sì, ma so della loro esistenza. E questo rende tutto differente.
— Sei strana — Beneda le gettò le braccia al collo e la strinse quasi ridendo. — Ti voglio bene, Stavvy, perché sei strana. Sarai sempre la mia migliore amica?
Stavia rise tra sé, asciugandosi le lacrime con il bordo della gonna. — Sarò sempre la tua migliore amica, Beneda, per sempre. E lo so che sono strana. È quello che dice anche Morgot.
— Vorrei che fossimo sorelle.
— Perché? Non significa molto essere sorelle — rispose Stavia con una smorfia pensando a Myra.
— Oh, solo perché vorrei che fossi parte della mia famiglia. Vorrei che appartenessi a me. — Beneda arrossì imbarazzata da quella dichiarazione. — Sembra stupido.
— No, non lo è. È carino quello che dici, ma non è necessario che io sia tua sorella per appartenerti, Beneda. Ci apparteniamo entrambe, non è vero? — Posò il libro che stava leggendo e abbracciò Beneda, improvvisamente piena di una gioia calorosa che venne a riempire il vuoto evocato dal libro. — Non piangevo veramente di dolore, immagino. Odio quelli che hanno causato tutta questa desolazione, ecco tutto. Ci hanno derubato.
— Questo è il motivo per cui dobbiamo obbedire ai comandamenti, in modo da non derubare i nostri stessi discendenti — citò Beneda, aspettando che Stavia si riprendesse. — Vuoi farmi delle domande sui lapponi?
— Parlami dei lapponi — chiese obbediente Stavia ancora con gli occhi umidi, tenendo la mano dell’amica.
— Vivevano nel nord dove c’era freddo e neve per la maggior parte dell’anno. Ricavavano i vestiti dal feltro, come noi. Seguivano le greggi delle renne. Era difficile tenere insieme quegli animali, così scelsero dei maschi che non correvano troppo e li allevavano per guidare i branchi. E li mungevano, voglio dire le femmine, le renne. E usavano le pelli per vestirsi. E solo la Signora sa cosa facevano per ottenere verdure fresche, perché il libro non ne parla…
— Mi domando se sono ancora là…
— Dove?
— In Lapponi a. Mi domando se ne esistono ancora. Potrebbe essere, sai?
— Be’, non lo sapremo mai. È dall’altra parte del mondo; ma il libro dice che la loro vita dipendeva dagli animali e dalla loro capacità di addomesticarli, così potrebbero ancora esistere.
— Forse, uno di questi giorni, quando il Paese delle Donne invierà una spedizione di esplorazione, troveranno una via. O forse decideranno di mandare una nave attraverso l’oceano.
— Lo fecero centinaia di anni fa, Stavia. La nave non tornò mai indietro.
— Forse decideranno di provare di nuovo; le cose potrebbero essere cambiate. In ogni modo, quando tra dieci anni partirà la prossima spedizione esplorativa forse io ci andrò come ufficiale medico.
— Non ci sono molte possibilità — Beneda le fece una smorfia canzonatoria.
— No, non ci sono molte possibilità. Penso che andrò ad Abbyville per frequentare l’istituto medico. Forse per un paio d’anni. Quella potrebbe essere una possibiltà — si interruppe, con l’occhio aveva colto un movimento sul piazzale delle parate sotto di loro. — Qualcuno sta facendoci un cenno — Stavia saltò in piedi, stupita.
Qualcuno stava attraversando il campo delle parate diretto verso le scale che portavano al tetto dell’armeria; solo pochi metri dividevano il tetto dell’armeria dal muro di cinta, che era il posto prediletto per gli appuntamenti amorosi. — È Chernon? — chiese Stavia. Aveva visto Chernon solo con la tunica bianca il giorno della cerimonia. Quel ragazzo indossava una consunta tuta da lavoro di pecora.
— Stavia? — la chiamò salendo in cima alle scale. — Ti ricordi di me?
Читать дальше