Sheri Tepper - Cronache del dopoguerra

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Cronache del dopoguerra: краткое содержание, описание и аннотация

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Sono passati duecento anni dall’ultimo olocausto ma il dopoguerra dura ancora. Una parte del genere umano (le donne di Marthatown e di altri centri abitati pacifisti) hanno imparato la lezione e giurato di non riprendere più le armi, ma altri la pensano diversamente. Per molti fare la guerra è sinonimo di onore, di uno stile di vita eroico e irrinunciabile. Così, in alcuni avamposti militari disseminati sul pianeta attecchisce una civiltà aggressiva che si identifica con uomini non disposti a fare ammenda del passato. Per Stavia, una giovane dottoressa, non è facile convincere il compagno Chernon a rinunciare alla via della violenza, tanto più che i due devono compiere insieme una missione che non si prospetta facile. Presto dovranno misurarsi entrambi con mille difficoltà e pericoli, e allora non sarà Chernon il solo a dover fare una scelta radicale: anche Stavia si renderà conto che l’utopia potrebbe avere i giorni contati.

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IL FANTASMA DI ACHILLE appare in cima alle mura — lesse domandandosi come Joshua potesse sopportare di impersonare Achille. Ci si sarebbe aspettati che il personaggio fosse portato in scena da un servitore con un gran senso dell’umorismo e poca dignità, caratteristiche che Joshua certo non possedeva.

ACHILLE: Dov’è la mia serva, Polissena?

IFIGENIA: ( rispondendo da sotto ) Oh, potente guerriero, non è qui.

ACHILLE: ( con voce petulante ) Dovrebbe esserci invece. Hanno spruzzato il suo sangue sulla mia tomba, dunque dovrebbe essere qui!

IFIGENIA: Ma non le hanno chiesto se voleva essere la tua serva, oh Achille. Ora i comandi dei guerrieri non hanno più valore, vive nel mondo dei morti.

ACHILLE: Ma è la mia schiava! Era tutto predisposto; fai sprizzare il sangue di una vergine, dal cuore o dalla testa, e lei diventerà tua. Tutti lo sanno.

IFIGENIA: Non è la schiava di nessuno. Nel mondo delle ombre siamo tutti eguali…

ECUBA: Oh, Spirito Vergine, cos’è questo rumore?

IFIGENIA: L’ombra di Achille si staglia sulle mura, con il membro turgido per la lussuria, chiama Polissena.

ECUBA: Povera Polissena.

IFIGENIA: Ora può fare ciò che vuole, sposa di Priamo. Niente la può costringere.

ANDROMACA: Cosa vorrà fare Polissena se non c’è nulla che la costringe? Madre, cosa dobbiamo fare?

ECUBA: Penso che dormirò un poco. Polissena ha sempre adorato dormire. Dormono i morti nell’Ade? Oppure danzano? Forse mangerà, o dormirà. Le piaceva anche danzare.

“Se fossi io” pensò Stavia, “dormirei. Niente danze o banchetti Solo dormire.” Sbadigliò voltando pagina.

ACHILLE: ( discende la scala ) Se Polissena non vuol servirmi allora mi dedicherò a un altro gioco divertente. Tu sei Ifigenia, la giovane figlia del possente Agamennone?

IFIGENIA: Sì, io ero quella donna.

ACHILLE: Allora siamo fidanzati!

IFIGENIA: ( ridendo ) Non dire stupidaggini, Achille!

ACHILLE: Ma Odisseo ha promesso che saresti venuta a sposarmi, vero?

IFIGENIA: Un trucco per attirarmi qui, Achille. Non lo chiamano la Volpe per nulla. Maledico quel trucco come maledico mio padre. Del resto tu non sai nulla di promesse di matrimonio. Quando mia madre si è dichiarata d’accordo sulle nostre nozze tu l’hai schernita.

ACHILLE: Questo è vero, ma più tardi ho pensato che non fosse una cattiva unione. Tu sei la figlia di Agamennone, dopotutto. Mi sono offerto di difenderti.

IFIGENIA: ( con una risata stridula che riecheggia tra le mura come venisse da un’orda di fantasmi femminili ) Oh, Achille, Achille… ( declama ) Dopo che sono morta hai detto di ammirare il mio coraggio, sebbene non di coraggio si sia trattato! Fu rabbia, verso voi tutti, uomini assassini di altri uomini. Rabbia che mi ha rafforzato, non umiliato. Qualche poeta, udendo le tue fatue parole, ha composto una canzone su quell’atto di sangue e non contento l’ha riempita di menzogne e sentimenti patetici. In realtà è successo che ti sei nascosto e lo sei rimasto sino alla mia morte.

ACHILLE: Non fosti tu a morire. Artemide mandò un cervo che fu ucciso al tuo posto. Tutti lo sanno…

IFIGENIA: La gente sa quel che vuole sapere. Quel cervo arrivò in ritardo e io non lo vidi mai arrivare. Artemide non mandò nessun cervo. Artemide aveva affari più urgenti altrove. Fu il mio sangue a sprizzare sulle pietre ogni volta che il mio cuore fu trafitto, fu il mio cervello a torcersi per il dolore, fu la mia voce che divenne muta, i miei occhi che rotearono nelle orbite scure piene di vermi, Ifigenia, la figlia di Agamennone, morì su quelle pietre imbrattandole col suo sangue, non un povero cervo.

ANDROMACA: Oh, pietà. Pietà.

IFIGENIA: Sebbene i poeti abbiano congiurato per cambiare la verità non ci fu il prode Achille al mio fianco, e nessun cervo mandato dagli dei a prendere il mio posto. Non mi offrii io in sacrificio sebbene tutte le canzoni dell’Eliade lo dicano.

ECUBA: Cosa dici, o spirito?

IFIGENIA: Sto cercando di spiegare a questo guerriero che chi prese il mio sangue mi assassinò, sebbene i poeti dell’Eliade affermino il contrario.

— Ehilà — disse una voce all’orecchio di Stavia.

— Ah! — grugnì Stavia trasalendo quasi addormentata. — Chi… cosa… cosa c’è?

— Joshua, Stavia. Cosa stai facendo qui, mezza addormentata, ad abbrustolirti ai raggi del sole?

— Josh? Non volevo addormentarmi, sebbene ogni poeta dell’Eliade dica di sì — la voce sfuggiva ancora addormentata — Quando sei tornato?

— Circa un’ora fa. Non c’era nessuno a casa. Sono andato all’ospedale e tua madre ha detto che eri tornata a riposarti, ma pensavo di trovarti qui. Tuttavia, dal tuo aspetto, direi che faresti meglio ad andare a dormire. — Si sedette sul parapetto e le lanciò uno sguardo duro, mentre la luce alle sue spalle rendeva la barba grigia luminosa come fosse d’argento. Le rughe attorno agli occhi erano fitte tradendo la sua concentrazione. — È stata così dura, Stavvy?

— Be’, sapevo come ci si sente ma ho mentito a me stessa — confessò, come non avrebbe fatto che con Joshua e Corrig. — Non ho potuto dormire la scorsa notte; pensando a Dawid, domandandomi cosa avrei potuto fare che invece non ho fatto. Ho ricordato quando ero bambina, quando tutto cominciò. Lo sai. Come mi hai trovato? Non potevi vedermi da là sotto — le parole le erano uscite di bocca prima ancora di pensarle, poi arrossì. Naturalmente era chiaro che lui aveva saputo dove trovarla.

Joshua le prese il libro dal grembo, sbirciando la parte del testo che aveva appena letto. — Stavvy, sapevi benissimo che non c’erano possibilità che il ragazzo si comportasse diversamente da quello che ha fatto. Pensa ad Achille. Così è per Dawid. “Non posso offendere i miei amici, ma tu non morirai veramente, madre. Atena manderà un cervo.” Tutti i guerrieri la pensano così altrimenti non rimarrebbero nella guarnigione. Il problema con te, è che ti crei delle fantasie. “Dawid cambierà idea, Dawid supererà il suo retaggio e il suo ambiente. Dawid sarà accecato dalla sacra luce.” Andiamo, Stavvy — si volse e lei, vedendo i muscoli della sua mascella tendersi e rilassarsi, si rese conto che stava cercando di impedirle di vedere la sua espressione. Proprio così. A dispetto di quelle parole severe, aveva voluto bene a Dawid proprio come ne aveva voluto ad Habby, a Byram e a Jerby. Anche lui aveva sperato.

— Vorrei che fossi stato qui a mettere un po’ di buon senso dentro di me prima di andare — disse a mezza voce — o dopo.

— Non ero qui per un’ottima ragione, e lo sai. Ora smetti di tormentarti a proposito di Dawid. Può essere per metà tuo, ragazza, ma è la metà sbagliata. Andiamo, ti porto a mangiare qualcosa.

Quasi la trascinò sino a un negozio che vendeva salsicce, fingendo di avere un’espressione compiaciuta, e mostrando di gradire un piatto di montone condito con aglio e basilico e un piatto di riso, un alimento raro e molto apprezzato. Tra un boccone e l’altro le raccontò le sue storie riuscendo quasi a farla ridere. Quando ebbe terminato il piatto che aveva davanti, chiese: — Perché stai studiando Ifigenia ?

Stavia, che stava semplicemente piluccando un piatto di insalata ancora acerba, abbassò lo sguardo sul libro consunto. — Reciterò la parte principale quest’estate. Morgot ha rifiutato di rifarlo e loro sono state molto chiare. Hanno detto che ero la sola componente del Concilio che poteva avere un aspetto convincente per la parte di una ragazza, non ridere, so che aspetto ho oggi, Morgot me lo ha detto.

— L’estate è piuttosto lontana. Io farò Achille, ma non ho intenzione di cominiciare a studiare ancor per diverse settimane.

— Sarei sopresa che tu ripassassi la parte. L’hai recitata per anni; pensavo che se me la fossi riletta ogni settimana l’avrei mandata a mente senza troppa fatica. — Improvvisamente le lacrime le riempirono gli occhi e singhiozzò al ricordo di un dolore intenso, simile a quello che si prova per il parto.

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