Notò anche che il suo amico pareva indeciso sull’occhio da usare per osservarlo. Continuava a dimenare un peduncolo dopo l’altro in direzione di Don, come se ne cercasse uno che gli permettesse di mettere meglio a fuoco l’immagine. Don si domandò se per caso Sir Isaac non avesse sopravvalutato l’entità più appropriata di una dose terapeutica.
«Mi permetta,» continuò il venusiano, sempre con poderosa dignità, «Di giudicare io stesso il valore del servigio che mi ha reso.» Cambiò argomento, «Quella parola ‘shucks’… non riesco a riconoscere l’uso che lei ne ha fatto. Si tratta forse di bucce di piante?»
Don si sforzò di spiegare quanto e quanto poco ‘shucks’ potesse significare. Il drago rifletté sulle complicazioni verbali, e formò sui tasti una risposta.
«Io credo di aver ottenuto una porzione di nuova comprensione. Il contenuto semantico di questa parola è emotivo e variabile, invece che essere ordinato e descrittivo. Il suo referente è lo stato dello spirito di chi la usa?»
«Proprio così,» disse Don, soddisfatto. «Significa esattamente quel che lei vuole che significhi. Dipende dalla maniera in cui lo dice.»
«Shucks,» disse il drago, a tìtolo sperimentale. «Shucks. Mi sembra di cominciare a percepirne la sostanza. Una parola deliziosa. Shucks.» Continuò, «Le sottili mutazioni del parlare devono essere apprese dai vivi che se ne servono. Forse potrò ricambiare il favore, aiutandola ad acquisire qualche piccola saggezza in più nella sua già grande padronanza della parola del mio popolo? Shucks.»
Questo confermò il sospetto di Don, secondo il quale il suo modo di sibilare era diventato così selvaggio da poter essere usato da un venditore ambulante, per annunciare il prezzo della sua merce, ma non per comunicare regolarmente a un livello civilizzato.
«Apprezzerei certamente la possibilità di migliorare,» rispose. «Non ho avuto occasione per molti anni di parlare la ‘vera lingua’… da quando ero bambino. Essa mi è stata insegnata da uno storico, che lavorava con mio padre sulle rovine di (una breve serie di sibili). Forse lei lo conosce? Il suo nome è ‘Professor Charles Darwin’.» Don aggiunse la versione sibilata, o meglio, autentica, del nome dello studioso venusiano.
«Lei mi domanda se io conosco (una serie di sibili)? Egli è mio fratello; sua nonna, nove generazioni prima di lui, e mia nonna sette generazioni prima di me, furono lo stesso uovo. Shucks!» Aggiunse, «Una persona erudita, per essere così giovane.»
Don rimase un po’ sconcertato nell’udire che il «Professor Darwin» veniva descritto come «un giovane»; da bambino, aveva classificato lui e le rovine più o meno della stessa età. Ora fu costretto a ricordare che Sir Isaac poteva vedere le cose da un punto di vista diverso.
«Be’, ma questo è magnifico!» rispose. «Mi chiedo se lei non abbia conosciuto anche i miei genitori… il professor Jonas Harvey, e la dottoressa Cynthia Harvey?»
Il drago puntò tutti gli occhi su di lui. Si trattava della massima manifestazione di sorpresa, per un drago.
«Lei è il loro uovo? Non ho mai avuto l’onore di incontrarli, ma tutte le persone civili conoscono loro e il loro lavoro. Ora non sono più sorpreso della sua eccellenza. Shucks!»
Don provò una mescolanza d’imbarazzo e di piacere. Non sapendo cosa dire, suggerì a Sir Isaac di erudirlo un poco nella ‘vera lingua’, un suggerimento che il drago accettò con evidente piacere. Erano ancora impegnatissimi nel lavoro, quando il segnale di allarme suonò, e una voce che veniva dalla sala di comando annunciò:
«Assicurarsi le cinture per l’accelerazione! Prepararsi all’appuntamento orbitale!»
Don posò le mani sul fianco corazzato del suo amico, e con una lieve spinta ritornò alla sua cuccetta. Si fermò là, e disse:
«Non c’è pericolo che si senta male, ora?»
Il drago produsse un suono che a Don parve l’equivalente venusiano di un rutto di soddisfazione, e la voce artificiale annunciò:
«Ne sono certo. Questa volta sono fortificato.»
«Lo spero. Senta… non vorrà schiacciare di nuovo il suo voder. Vuole che lo prenda in custodia io?»
«Se è disposto, ne sarò lieto, grazie.»
Don ritornò accanto alla mastodontica creatura, prese il voder, e lo legò saldamente al mucchio dei suoi bagagli. Ebbe appena il tempo di allacciare le cinture di sicurezza, quando il primo impatto dell’accelerazione li colpì. Questa volta non fu una prova così spiacevole, e furono diverse gravità in meno di quelle del decollo dalla Terra, e la durata fu minore, perche l’astronave non si stava liberando dalla potente forza di attrazione del pianeta, ma stava semplicemente regolando la traiettoria… modificando l’estremità dell’orbita ellittica, il Cammino della Gloria poteva adattare perfettamente la sua traiettoria all’orbita circolare di Circum-Terra, la stazione di transito sospesa nello spazio, vero incrocio tra la Terra e tutti i mondi colonizzati, che era la loro destinazione.
Il comandante diede una lunga spinta d’accelerazione, aspettò, poi accese i razzi per altre due volte, a brevi intervalli… senza trovare necessario, notò Don, di invertire la rotta e azionare i razzi di prua. Il giovane annuì tra sé, esprimendo la propria approvazione. Quello era un buon modo di pilotare una nave spaziale… il comandante conosceva bene i suoi vettori. La sirena interna ululò, e una voce cantilenante disse:
«Contatto! Potete slacciare le cinture. Prepararsi allo sbarco.»
Don restituì il voder a Sir Isaac, poi dovette separarsi dal drago, perché ancora una volta il venusiano dovette essere portato via attraverso la stiva. Don sibilò un saluto, e poi si diresse verso prua, portando i suoi bagagli, per uscire attraverso il condotto pressurizzato di sbarco per i passeggeri.
Circum-Terra era una grande massa confusa nel cielo. Era stata costruita, ricostruita, nuove sezioni erano state aggiunte, e numerose modifiche erano state fatte nel corso degli anni, per una buona dozzina di motivi diversi… stazione di osservazione meteorologica, osservatorio astronomico, stazione di classificazione delle meteore, relé televisivo, stazione di controllo per missili teleguidati, laboratorio di fisica immerso in un invidiabile, autentico vuoto, e libero da ogni tensione gravitazionale, laboratorio per esperimenti biologici perfettamente e naturalmente sterile… questi erano solo alcuni degli usi che erano stati fatti di Circum-Terra, ma ce n’erano moltissimi altri.
Ma sopra ogni altra cosa si trattava di una stazione di transito per merci e passeggeri nello spazio siderale, il luogo nel quale le astronavi adatte per brevi distanze e fornite di alettoni che partivano dalla Terra incontravano gli incrociatori siderali che viaggiavano tra i pianeti. A questo scopo la stazione conteneva grandi serbatoi di rifornimento, officine meccaniche ed elettroniche, ‘telai spaziali’ di riparazione che potevano ricevere gli incrociatori più grandi e i traghetti cosmici più piccoli, e un cilindro rotante, pressurizzato… «Goddard Hotel»… che offriva gravità artificiale e atmosfera terrestre ai passeggeri e al personale residente di Circum-Terra.
Goddard Hotel sporgeva dal fianco di Circum-Terra come la ruota di un carro da un mucchio di rottami. Il mozzo intorno al quale girava passava per il centro e si protendeva nello spazio. Era a questo mozzo che un’astronave collegava il tubo pressurizzato, quando scaricava o caricava degli esseri umani. Fatto questo, grandi braccia metalliche spostavano l’astronave fino al boccaporto delle merci, uno dei tanti nel corpo maggiore, e non rotante, della stazione siderale. Quando il Cammino della Gloria stabilì il contatto, c’erano altre tre astronavi in sosta a Circum-Terra, la Valchiria , sulla quale era stato prenotato il passaggio per Marte di Don Harvey, il Nautilus , appena giunto da Venere, e sul quale Sir Isaac si aspettava di ritornare a casa, e l’ Alta Marea , il traghetto lunare che si alternava sulla rotta Terra-Luna con la sorella Bassa Marea.
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