Edgar Pangborn - La compagnia della gloria
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- Название:La compagnia della gloria
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- Издательство:Nord
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- Год:1977
- Город:Milano
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— Ancora oggi, — disse Wynken, — ci mette in grado di condividere lo sbalordimento di questo Seiji Ohara, cresciuto in un ambiente in cui la norma era una desolazione tollerata e accettata. Hoton era una rovina abitata da giganti tardi, dal cuore spezzato. La pietà, di solito, spunta nell’adolescenza avanzata, se pure uno ne è capace. Era così per Seiji, impaziente con quei grossi individui storditi, anche se erano le sole persone che conosceva, e pieno di pietà per loro più tardi, quando erano stati spazzati via dalla faccia della terra. Amava sua madre, ma anche lei esisteva in uno stato di trauma, era stordita quasi come tutti gli altri. Il vecchio padre di Seiji… abituato ad insegnare le fantasie medievalistiche, e agli adulti… fece del suo meglio per dargli un’istruzione basilare: leggere, scrivere, far di conto, un po’ di storia. Morì quando Seiji aveva dodici anni. Teru tirò avanti come poteva… Seiji non era un ragazzino docile. Quando lui aveva già quattordici anni, sua madre era ancora convinta che sarebbe cresciuto di colpo, sebbene le sue mani e i suoi piedi non fossero grossi come quelli dei bambini destinati a crescere. La solitudine, a Hoton, era estrema, in parte…
— … a causa di vecchie vanità, — disse Blynken. — Dopo la guerra, in generale i gruppi colpiti cercavano di unirsi ad altri, come voi ci avete detto della gente sperduta che affluiva a Nuber. Ma non andò così a Hoton, e neppure a Lowelltown. Là pensavano ancora che fosse il mondo a dover andare da loro; e poteva anche arrivare con stupida crudeltà. Così, immobili, nell’attesa di tempi migliori, quelle cittadine fantasma erano preda dei fuorilegge, dei nuovi selvaggi. Seiji aveva quindici anni e lavorava con sua madre nel campo di granturco quando arrivarono all’improvviso tre uomini a cavallo e portarono via Teru. Seiji venne scagliato da una parte…
— Addentai il polso di quello che mi aveva afferrato, e lo sentii scricchiolare. Lui urlò, io caddi sulla terra, e quelli scomparvero.
— Poi vide altri della stessa banda che incendiavano, e massacravano i suoi vicini per il gusto di farlo. Scappò nei boschi e fu raggiunto da alcuni superstiti di Hoton e di altre cittadine devastate. Formarono una specie di banda. Gli altri stimavano Seiji nonostante la sua piccolezza, perché per un po’ fu più feroce dei giganti, e più sveglio di tutti nell’imparare a vivere nei boschi e a cacciare. La sveltezza e il silenzio con cui si muove tra gli alberi sono straordinari. Partecipò a certe azioni di rappresaglia…
— … che preferisce non ricordare, — disse Nod. — Non trovammo mai gli uomini che avevano portato via mia madre. A diciassette anni mi resi conto che anche noi stavamo diventando dei banditi, non migliori del resto. Lasciai i miei compagni, vissi solo nella foresta per due anni, visitando le zone abitate dagli umani come un’ombra, ad ascoltare. Avevo bisogno di poco. Le punte di freccia le ricavavo dalle selci, le faccio ancora adesso. Ne vale la pena… le preferisco, con il mio arco leggero. Quando mi occorreva qualcosa che non potevo ottenere senza rubare, avevo…
— …l’abitudine, per capriccio, di lasciare qualcosa in cambio, — disse Wynken. — Per esempio, una pelle dì coniglio per una matassa di filato.
Il signor Virgil osservò: — Guai a chiunque altro che osasse interrompere così.
— Loro non conoscono i segnali, uomo Virgil, — disse Wynken.
— A me, non mi hanno ammazzata, — disse Solitaire.
— Beh, tu sei una cara bambina, — disse Nod. — Facciamo qualche eccezione.
— In effetti era qualcosa di più di un capriccio, — continuò Wynken, — perché allora e anche adesso Seiji ha più principi morali delle sue mogliettine, che cercano di ispirarsi al suo esempio eppure fanno solo modesti progressi, uhm. (Hai usato la prima persona singolare, Solitaire, tesoro.) Avevano, certo, l’educazione di cui lui ha parlato, ma qualche volta se ne dimenticano. Se ne erano dimenticate la prima volta che Seiji le osservò, standosene invisibile nella foresta, mentre avanzavano per una strada deserta, senza avere un’idea di dove andavano, perché avevano perduto la lucidità. A quel tempo, si potrebbe dire, erano temporaneamente idiote. Vedete, Lowelltown era stata spopolata da una malattia. Non sappiamo neppure di che epidemia si trattasse. Là non c’era più nessun dottore del Tempo Antico; e forse poteva essere una malattia nuova… febbre violenta, eruzioni cutanee, gonfiori ghiandolari, collasso improvviso. La cittadina era sopravvissuta alle pestilenze postbelliche, alla difterite; alla Peste Rossa dell’Anno Sedici, ma questa ripulì la lavagna. Voglio dire… tutti, tranne mia sorella e io, la bella e la nanetta, spiegatelo un po’ voi. Quando capimmo quel che era successo, pensammo solo ad andarcene, ad avviarci per quella strada, senza altra meta che la fuga. Blynken, che allora io conoscevo come Sophia, voleva…
— … morire, o almeno dicevo così, ma tu mi facevi sdraiare all’ombra, Miranda, e mi tenevi la testa sulle ginocchia e mi dicevi. «No, tu vivrai…» E così sono vissuta. Per un po’ dormii così profondamente che un mondo si allontanò da me, ma…
— … tutti i mondi, — disse Nod, — possono essere pieni d’illusioni e non solo di verità, e i loro filosofi possono restare sbalorditi.
— E quando lei si svegliò Nod era già arrivato, e stava là, nudo e bellissimo, con il suo arco…
— … e di poco più alto di te, Miranda. Così i miei pensieri corsero per i millenni, e tutti erano in lode della vita…
— … e il vento aveva giocato con i capelli sulla tua fronte, mentre dormivi, e i tuoi seni erano bianchi e vergini.
— E le prime parole che lui disse dopo che Blynken si svegliò furono: «Venite con me, così avremo cura l’uno dell’altro e non saremo soli».
— Perciò io capii che era di una sostanza migliore degli dèi, cioè di carne e di sangue. E adesso vi spiegherò i nostri nomi, ma lo farò sottovoce, perché il nostro eroe, senza il quale il Circo Sawyer Finn ora potrebbe essere in rovina, sembra si sia addormentato. La spiegazione è semplice: nostra madre, che non ricordiamo bene, conosceva quella strana poesiola e la musica che l’accompagnava, e ce la cantava per farci addormentare, e quando lei morì, continuò nostro padre e…
— … qualche volta me la cantavate quando avevo sonno, nei pomeriggi afosi o nelle notti nella foresta e negli altri posti che abbiamo conosciuto, e così l’imparai. E la cantai per te, Wynken, quando il sonno ti abbandonò, nei momenti terribili dopo che perdemmo la nostra piccina. Poi quando incontrammo il Circo, e T.S. ebbe la bontà di invitarci ad unirci a loro, e ci chiese come ci chiamavamo, noi pensammo, perché non prendere il nome da un frammento della fantasia del Tempo Antico? È vero che noi siamo spiriti diversi, ma Shakespeare non è per tutte le occasioni e… già, — disse Nod, — Frankie si è addormentato davvero. Russa come un delfino molto piccolo.
— E dove mai…
— … hai sentito russare un delfino molto piccolo?
— Nei tuoi sogni.
Sabato 24 agosto
È più di un mese che il mio vecchio Demetrios se ne è andato, e qualche volta Babette e io ci chiediamo chissà cosa gli è successo. Ma è un Gioco che non si può nutrire di Niente. Oggi Babette ha detto: Non c’è niente di troppo grande perché tu non possa guardarlo.
Il Professore fu il Primo. Mi sembra che fu dodici anni fa quando arrivò sul Portico dietro casa con il suo Liuto, e suonò e mi guardò nel suo Modo Particolare. E fu dieci anni fa che Demetrios venne da me?… Mi confondo. Prima di Babette comunque. Solitaire è stata qui solo due anni ma io l’Amavo più di quanto loro immaginano. Non volevo andare a letto con lei come ho fatto con Fran qualche volta, neanche Amore Materno ma un Amore che era voglia di aiutare, perché era più forte le Volte che lei aveva le Crisi era come vedere un Angelo in una Ragnatela.
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