Edgar Pangborn - La compagnia della gloria

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La compagnia della gloria

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Angus non criticava, voleva solo informarsi. Lo disse a Demetrios, quel giorno: ci teneva sempre più a informarsi. Era una vecchia sete che non aveva mai saziato nella Città Interna a Nuber (se non per mezzo dei libri!). — La gente che conoscevo non poteva capire che io volevo davvero la verità, se la verità era scomoda o fuori moda. — Era seduto insieme a Demetrios nella taverna; gli altri stavano ancora assaporando la città e li avrebbero raggiunti al circo. — Ma io volevo scoprire come stavano le cose, Demetrios, ed è così ancora adesso. Per esempio, scoprire perché scoppiò la vecchia guerra, quarantasette anni fa. E com’era diversa, essenzialmente, dalla guerra che sta per scoppiare tra Moha e Katskill nei prossimi anni perché quelle due piccole nazioni vogliono sfruttare le stesse vecchie miniere vicino al confine.

— Forse la differenza principale consiste nelle armi. Non possiamo più distruggere la vita su grande scala, a meno che non venga creata una nuova tecnologia, e forse per questo non ci sono le risorse necessarie. La differenza negli armamenti determina una differenza psicologica. Saranno piccole guerre medievali, con molti scontri corpo a corpo, il metodo più emozionante per un guerriero… ricordi l’Iliade?… e nessun bottone da premere. Ma è sempre guerra, e ci sarà perché siamo troppo stupidi per leggere la storia, e non siamo abbastanza coraggiosi o intelligenti per rispettare i nostri simili.

— Rispettare, non amare. Siete amareggiato, Demetrios. — Demetrios non si sentiva amareggiato. Soffriva, ma piacevolmente, per la bellezza delle mani di Angus, la dolcezza della sua bocca, e una cascata di luce sulla sua spalla. — Voi… ogni tanto parlavamo così, nella Città Interna. Per me è una cosa occasionale… la si può usare anche insieme al modo moderno.

— Mi piace, Angus. Nella Città Esterna, di solito se ne rideva… Sì, rispetto. L’amore è per gli individui. Chiunque affermi di amare l’umanità è un ipocrita o inganna se stesso. Noi amiamo gli uomini e le donne e i bambini, non le astrazioni. Ma il concetto Uomo merita rispetto, e in un clima di rispetto, un giorno, potrebbe emergere qualcosa politicamente decente. Gli stati americani avevano incominciato benino alla fine del secolo decimottavo, ma non riuscirono a proteggere le loro conquiste dal Watergate e da altre corruzioni… Nessuno ama l’Uomo, povero mostro. E un artista non ama la sua arte… vive in essa e per essa, si lascia trascinare, ma l’amore non ha significato in questo senso, che io sappia. Io amo, tu ami… l’amore è per te e per Solitaire… dimmi, è bello, tra voi?

— Molto bello, uomo Demetrios.

— È per Garth e Frankie, per Solitaire e per me. Per voi e per me, Angus. — Coprì le mani del ragazzo, che risposero.

— C’entra il desiderio fisico?

— Io sono vecchio, eppure non credo che vorrei morire senza avervi abbracciato.

— Il serpente nell’Eden… non si chiamava Gelosia?

— Mio Dio! — esclamò Demetrios. — Mi hai dato l’idea per un’altra storia.

Angus sorrise. Poi disse: — Una volta mi hai detto, ai Giardini, il giorno che ci conoscemmo, che l’amore è un paese. Mi piace. — In Angus c’era sempre un osservatore, addirittura un giudice, ma questo non toglieva niente al suo calore… anzi, pensò Demetrios, era questo che faceva della sua accettazione una beatitudine. — Un grande paese, — disse Angus, — con tante strade, ma senza spazio per camminare timidamente. Avrò sempre bisogno di te, adesso e per molto tempo ancora dopo che sarai morto, amico mio.

Il Circo Sawyer Finn non aveva tendone, perciò il prato di Smallways sembrava una fiera. Un tratto era stato cintato con delle funi, dove un pendio formava una specie di teatro basso, semicircolare. Il pubblico poteva sedersi lì oppure girare per le tende, dopo aver pagato l’ingresso al cancello della staccionata di Smallways, dove Frankie e Solitaire aspettavano Demetrios e Angus. Gli altri erano già entrati gratis. — H.F. dice che sarà un grande spettacolo.

— Ma è preoccupato, Frankie? — chiese Demetrios.

Solitaire baciò Angus e gli strofinò la fronte contro il petto. — Gattina, — mormorò lui.

— Gattina gravida. Il frutto di Demetrios sarà un maschio.

— Sono preoccupati, — disse Frankie, sporgendo il labbro inferiore. — Il signor Virgil dice che gli spettatori arrivano troppo in silenzio.

— Il signor Virgil sono io, — disse l’uomo con i baffoni a manubrio, che sorvegliava l’ingresso. Non arrivava più nessuno. La folla che c’era già dentro non era gran cosa. — Io ho il numero con i puma, ed è per questo che non possiamo far entrare il cane… mi dispiace davvero, è magnifico. Frankie mi conosce da molto tempo, venti minuti, perciò pensa che dispiaccia anche a te.

— Sì certo, — disse Frankie gentilmente, impensierito.

— Resterò un po’ qui fuori con Brand, — disse Angus. — Poi qualcuno potrà venire a tenerlo e io entrerò. Ma non tira mai il guinzaglio.

— È per l’odore. Farebbe innervosire i puma.

— Sicuro.

— Sarebbe bello se fossero tutti gentili come te, — disse il signor Virgil. — È vero, sono arrivati troppo in silenzio, come fa la gente quando cerca guai.

— Non vedo molti bambini, — disse Demetrios.

— Non ce ne sono molti a Trottersville. È una città così.

Frankie disse: — La gente non potrebbe divertirsi e star buona invece di continuare a combinare guai? Specialmente al Circo? — Tornò insieme a Demetrios sullo spiazzo del circo, ma davanti a una tenda nera ornata di segni cabalistici disse: — Oh, è solo la vecchia Blynken… — E corse via per continuare le sue ricerche.

Demetrios piegò la testa ed entrò nell’oscurità illuminata da una candela, dove la piccola Blynken sedeva sola a un tavolino con due seggiole, e guardava una sfera di cristallo. — Chiudi la Cortina Interna, affinché nessuno possa… Oh, sei tu, ciao! Chiudila lo stesso. C’è scritto sopra «Occupato». Peccato che quasi tutti i clienti non sappiano leggere. — Si tolse il turbante stellato di borchie. — T.S. ha fatto fare questo coso molti anni fa, per qualcuno che aveva la testa grossa. Poco fa ho sentito un fruscio, lì dentro, come di topolini. — Si riassettò i bei capelli rossi. — Siediti. Si riempie, là fuori?

— Non molto. Al signor Virgil non piace.

— Già, e lui ha esperienza! Dammi la mano, caro… se entra qualcuno, ti sto leggendo il palmo. Oppure devo farlo davvero? La vita scrive su di noi, anche se non nel modo in cui crede la gente. Che bel pugno da vecchio giardiniere!… Wynken ha pianto quasi tutta notte.

— Oh?

— Ha i nervi a fior di pelle, e oggi lei e Nod devono ballare sul dorso dei cavalli. Lei vuole che veniamo con la vostra Compagnia, Demetrios. Se ci volete. E anch’io, e anche Nod, credo, solo che non gli piacciono le decisioni affrettate.

— Per noi sarebbe una gioia. Ma non sappiamo neppure dove andiamo, Blynken. — L’ovest è solo una parola, e il mondo è rotondo.

— Davvero, mio caro?… Beh, per noi, come capita spesso… Il Circo Sawyer Finn ci prese in un momento in cui noi avevamo bisogno di loro, ma loro non avevano veramente bisogno di noi. Fu per bontà dei due vecchi. La moglie del signor Virgil è più brava di me a predire la sorte, ma qualcosa dovevo pur fare. Adesso lei si occupa dello spaccio, del bucato e un po’ di tutto… dice che lo preferisce. Io mi sento provvisoria, T.S. e H.F… Dio, qualche volta sembra quasi che siano proprio. … — E lo studiò, forse per valutare la sua accettazione e la sua pietà.

— Sarebbe piacevole, in qualunque momento, — disse Demetrios, — parlare con te delle sfaccettature della verità. Non finiremmo mai.

— E io potrei servire il tè. Ecco, T.S. parla di ritirarsi, ma gli si spezzerebbe il cuore. H.F. è più ragionevole: «Senti, Tom, io mi sono ritirato per tutta la vita, e a cosa mi è servito?» Ma noi siamo fenomeni viventi di un tipo diverso, moderni. Gente del nuovo secolo.

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