Edgar Pangborn - La compagnia della gloria

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La compagnia della gloria

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Bosco si calmò; la Compagnia andò a letto in pace. All’alba aiutammo a far partire i carri del circo (e Bosco ci mise più impegno di tutti) e viaggiammo con loro per tutta la mattina.

Verso mezzogiorno ci fermammo a un crocicchio per fare un pasto a base di prosciutto. Poi, dopo molti addii affettuosi, dopo che T.S. ebbe scrupolosamente saldato le paghe arretrate di Wynken, Blynken e Nod, e ne ebbe avuto in cambio una ricevuta, dopo che T.S. e H.F. ebbero baciato tutte le ragazze (Blynken piagnucolava un po’), il Circo Sawyer Finn si avviò sulla strada per il nord, e sebbene la strada per l’ovest si perdesse tra l’erba, dopo un po’ ne trovammo altre. Non è difficile viaggiare, con il sole. Quando il sole scende tra gli splendori è il momento di dormire; quando si alza, basta che tu lo tenga dietro di te fino a mezzogiorno, e poi ti riposi, e continui fino al termine della giornata.

Come vostra romanziera, anch’io rimpiango che stiate perdendo cognizione del punto di vista di Demetrios. Ma i punti di vista (che strana espressione inesatta!) sbiadiscono, e talvolta svaniscono. Lusinga la mia vanità sapere che ho potuto darvi tutto il possibile di lui… ma io conoscevo bene quell’uomo, come dicono, e passavo molte ore a parlare con lui, a divagare, a osservare, a interrogarlo nel mio modo astuto, perciò, se c’è qualcosa nella sua vitaanche dai lontani inizi a Hesterville, compresi i dettagli degli anni di Nuber, la gaiezza e i guai della Casa del Sesso, l’orto ch’egli curava, le preoccupazioni per Madam Estelle e il suo tè, o il suono che faceva Elizabeth di Hartford quando preparava una crema con un cucchiaio e una ciotola del Tempo Antico — se c’è qualcosa che io non so o non ho segnato nei miei appunti, non val la pena di parlarne. Gli appunti erano un grosso peso nel mio zaino fino a quando convinsi Garth a portarmene una parte. Credo di avervi detto che Garth non sapeva leggere. Angus e Demetrios rimediarono a questo, ed egli imparò rapidamente, non con la passione scintillante di Frankie, ma con intelligenza e con l’interesse per le scoperte: però i miei piccoli scarabocchi sui quaderni degli appunti sono una stenografia mia personale. E poi, Garth era sempre un caro ragazzo, e non avrebbe curiosato senza permesso. Avrei potuto servirmi del suo punto di vista (qualche volta mi deciderò ad analizzare questa espressione, è abbastanza pazza)… anche del suo punto di vista, se ci avessi pensato: un adolescente non è in realtà più fantastico degli altri animali a sangue caldo.

Il punto di vista di Demetrios (adesso il lettore può farsi un’esegesi sua, poiché la romanziera è scomparsa di nuovo) si sta annebbiando a causa dell’oblio, quella cateratta mentale. E c’era anche il verme del dolore, che più spesso viaggiava su e giù nel suo ventre e sondava in modo più odioso, e la presenza di quell’essere finiva per colorare i suoi pensieri.

Venne un mattino in cui cadde una pioggia leggera. Non avrebbe impedito alla Compagnia di viaggiare, ma Angus decise che quel giorno avrebbero riposato, e così si misero al riparo di uno splendido granaio di pietra, rimasto ben saldo dove non c’era più la casa. La pioggia cessò e nel primo pomeriggio si affacciò il sole, ma Angus disse che era troppo tardi per muoversi, e pensava che Brand zoppicasse un po’ per l’inseguimento del giorno prima, quando Bosco non era riuscito ad abbattere un cervo con la prima freccia. Bosco aveva adoperato un arco nuovo che gli aveva fatto Garth — Garth faceva sempre qualcosa, e Frankie era sempre presente con la sacra Accetta — e aveva tirato troppo in fretta per prendere bene la mira.

— Perciò oziamo per il resto della giornata e mangiamo cacciagione, — disse Angus. — L’oceano occidentale ci aspetterà.

Demetrios non pensò mai che quel riposo era stato voluto per lui, e non si accorse che, quando proseguirono, il giorno dopo, l’avanzata fu lenta, con numerose soste.

Egli si godeva quell’andatura nuova, si godeva il sostegno del bastone di noce, amava riposare al sole con la schiena appoggiata a un albero. Qualcuno era sempre con lui, notò… Solitaire, molto spesso Wynken con la sua vocina e i curiosi occhi verdi, talvolta Frankie che non aveva mai molto da dire, ma più spesso di tutti Angus, che non era mai lontano, anche quando era qualcun altro che gli teneva compagnia.

Un giorno il Professore e Angus dividevano con lui il tronco soleggiato d’una grossa quercia quando Demetrios notò Solitaire in conversazione con Blynken, e vide che Solitaire era turbata. Ma non era uno dei suoi momenti di crisi. Anzi, a meno che la sua stanca memoria lo tradisse (e si era accorto che già gli rendeva difficile raccontare le storie), Solitaire non aveva più avuto crisi dopo quel piccolo episodio sulla strada per Trottersville. E adesso era solo eccitata, come chi ha trovato qualcosa di gradevole (una moneta che luccica sulla strada, una faccia amica in una folla di sconosciuti) e Demetrios la sentì dire: — Oh, sì, Blynken, mettiamoli al mondo insieme, e tu darai al tuo bambino il nome del mio, e io darò al mio il nome del tuo, ma Blynken, amore, non chiamarmi più Solitaire! Chi era, quella Solitaire? Non è mai esistita, ci sono solo io, e io sono io, io sono io, e mi chiamo Eve.

CAPITOLO 14

QUANDO COSTRUISCO SONO CONTENTO DI ME STESSO

Ma noi siamo spiriti di un’altra sorta.

Shakespeare, SOGNO D’UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE.

Viaggiando così, lentamente, arrivammo in una zona dove l’aria aveva un odore di sale e di alghe, come succede talvolta a Nuber o nelle nazioni orientali dove il vento soffia dall’Atlantico, l’oceano che nessuno attraversa più, adesso, e forse ancora nessuno attraverserà per molto tempo; ma qui, nel posto dove la Penn non ha confine, dove il noto e l’ignoto si uniscono, senz’altro segno di contatto che l’unirsi delle onde del mare, il vento soffiava da sudovest, ed era caldo. — Forse una palude salata, — disse Bosco. — Ma posso dirvi che è molto simile all’aria che sentivo vicino alla costa del Mare d’Acqua Dolce che non è dolce, la zona dei terremoti nel Moha occidentale. Direi di essere proprio là, se non sapessi che siamo tanto più a sud.

Era la costa del mare interno; nient’altro poteva essere così immenso e soverchiante con quel senso d’eternità… eppure era nuovo, formato dall’affluire delle acque là dove fino a tempi recenti c’erano state terre coltivate, foreste, città, strade. Nuovo e vecchio… nei millenni andati, ci aveva detto Demetrios, un oceano poco profondo aveva coperto quella terra per secoli incommensurabili. Eravamo già a sud e a ovest della Penn, forse. Demetrios aveva detto che non saremmo passati dalla città di Alberedo. Quando Nod gli chiese come faceva ad esserne così sicuro, la risposta del vecchio fu dubbiosa. Egli disse che il suo viaggio (doveva intendere il viaggio di noi tutti) conduceva attraverso il tempo e non solo attraverso lo spazio.

— È così anche il viaggio di una roccia, — disse Wynken, — quando la terra, girando, la porta con sé, e l’orbita della terra si muove con la galassia. — Demetrios la guardava con bontà e un po’ di divertimento. Wynken non piace a tutti, ma erano diventati amici intimi. Demetrios l’avrebbe portata volentieri, quando le sue gambe minuscole si stancavano, ma in quei giorni non ne aveva la forza; gli altri erano appesantiti dagli zaini e dal resto.

— Fatti portare da Brand, — diceva Angus, e qualche volta Wynken lo faceva, gli stava in groppa per brevi tratti, e il cane grigio camminava orgoglioso e ridente, con la lingua penzolante da un lato della bocca.

Ma arrivati sulla costa, ci fermammo. C’era una città deserta, e l’antica strada che aveva portato fin lì la Compagnia scendeva nel mare. Non c’era nessuno. Una piazza vuota, quasi tutte le case crollate, alcune coperte da rampicanti, i vecchi cartelli indicatori che penzolavano. Oltre la piazza abbandonata, in una zona aperta, un tempo asfaltata, dove numerosi semi avevano sfruttato le crepe per crescere — credo che nel Tempo Antico venisse chiamata parcheggio — ebbene, in quello spazio aperto e desolato arrivavano le acque, mormorando, crestate di bianco.

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