Edgar Pangborn - La compagnia della gloria
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- Название:La compagnia della gloria
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- Издательство:Nord
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- Год:1977
- Город:Milano
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“Hans uscì a ritroso dalla sala del trono e, per compiere la sua vendetta, corse da Mennoc Moses per fargli una proposta: il dieci per cento del suo sessanta per cento se Mennoc avesse fatto cortesemente ricomparire su due piedi la principessa. Era un ragazzo furbo e sapeva che le principesse scomparse nelle favole ricompaiono sempre. Ma Mennoc Moses gli urlò: “Potrei fare svanire l’intero regno, se volessi: perché dovrei accontentarmi del dieci per cento del sessanta per cento? Non ci pensare neanche. E poi, non faccio mai ricomparire nessuno… questione di principio.” (la verità è che non sapeva come fare.) “Però ti dirò come potrai trovarla, e te lo dirò per niente, tanto è un’informazione che non vale niente.”
«“E come, o fonte di saggezza ultraterrena, se così può esprimersi il ragazzo del ciabattino?”
«“Oh, grazie, figliolo. Dunque, vai a est, ovest, nord e sud, più o meno nello stesso tempo; poi vai a sinistra, poi a destra, e continua diritto per Peraselene… non puoi sbagliare, Adesso devo tornare al mio lavoro. Lieto di averti conosciuto.”
«Hans, il ragazzo del ciabattino, andò a est, ovest, nord e sud più o meno nello stesso tempo, poi andò a sinistra e poi a destra, e non vide niente che somigliasse a Peraselene, perciò chiese a un uccellino rosso “È questa la strada per Peraselene, Eminenza?” “Mio marito è occupato,” disse l’uccellino rosso. “Io sono la signora dell’Eminenza. Beh, dovevi svoltare a destra laggiù, però se svolti a sinistra dopo la scuola non puoi sbagliare.” E il povero Hans ebbe molte altre avventure del genere, fino a quando incontrò un Alieno il quale non gli disse che non poteva sbagliare: gli disse dov’era. Ma tutto questo richiese molto tempo.
«A Peranelios, intanto, il Re Dagobert aveva avuto la prima idea intelligente del suo regno lungo e glorioso. Chiese a Mennoc Moses, educatamente, quando non era troppo occupato, di far sparire i visigoti. E il vecchio lo accontentò, brontolando appena un po’: lo avrebbe fatto prima se avesse saputo che era quello che voleva Dag, e il re aveva in mente qualcosa d’altro?
«“Oh, Dio, no!” disse il Re Dagobert, andandosene finché tutto andava per il meglio. “No, è tutto favoloso. Buona giornata.”
«E Hans, seguendo le istruzioni dell’Alieno, arrivò finalmente alla graziosa casetta di Anya, la Guardiana d’Oche, che riconobbe subito sebbene fosse cresciuta parecchio. La moglie del fattore era morta per il suo caratteraccio, ma il fattore sperava ancora di finire Gibbon, e Anya, la Guardiana d’Oche, gli stava leggendo Proust a pagina 2004 proprio nel momento in cui Hans bussò alla porta. Adesso lei aveva meno tempo libero per leggere, per via delle faccende di casa e tutto il resto, ma il fattore era paziente, e voleva ancora studiare la struttura di ogni frase. Se la cara Anya tardò un po’ a riconoscere il ragazzo del ciabattino, questo avvenne perché doveva pensare a tante cose; ma poi cominciò a ricordare tutto, e gli chiese: “Mi hai portato le pianelle?”
«“No, scusami, me ne sono dimenticato. Ma, o mia diletta, metà dell’anima mia, sono venuto per riportarti a Peranelios, e per questo il tuo nobile padre mi darà metà del suo regno, o meglio il sessanta per cento.”
«“Ma non è possibile… tesoro, ridallo a Joe, sai bene che è suo… Scusami, stavo parlando con il mio più piccolo, passa una di quelle fasi…”
«“Tutto sistemato,” disse il figlio del fattore. “Ho separato quelle due carognette.” Gli era andata bene, tra l’altro (voglio dire al figlio del fattore) e cercava di essere un buon marito.
«“Certo,” disse Anya, la Guardiana delle Oche, “sei stato molto gentile a pensarci, ma vedi come sono combinata.”
«“Sarò felice se resterai a pranzo,” disse il figlio del fattore. “Magari vacci un po’ piano con quegli “o mia diletta”, perché qui siamo un po’ suscettibili, senza offesa.”
«“E la felicità occasionata dalla sua presenza al nostro desco,” disse il fattore, “presenterebbe un esempio di letizia reciprocamente desiderata non meno di un tranquillo apprezzamento del riassunto che egli potrebbe decidere di narrarci delle sue peregrinazioni…”
«“Fa sempre così,” disse Anya. “Resta a pranzo, naturalmente… Hans.” Si era ricordata il suo nome.
«Così Hans restò a pranzo, e giocò con i bambini che gli si arrampicavano sulle ginocchia, ammirò i melopoponi e le petunie, e venne presentato all’Oco Maschio, che lo beccò; e poi ripartì per Peranelios al più presto possibile… Dormi?»
— Solitaire non dorme, — sbadigliò Solitaire. — Perché sa che c’è dell’altro.
— Arrivato a Peranelios Hans disse al Re Dagobert, onestamente, come stavano le cose e concluse: «Perciò, o suprema Maestà, fai di me ciò che vuoi.» Re Dagobert lo nominò Cancelliere dello Scacchiere.
«Mennoc Moses… beh, egli annegò i suoi guai sposando un’incantatrice, e vissero felici e contenti, ma gli altri personaggi della storia erano un po’ troppo giovani per fare altrettanto. Dormi?…
«Dormi?… Uhm, bene.»
Poi ella si sarebbe svegliata per cenare, quando Demetrios o il Professore avrebbe portato su la cena per tutti e tre. Poi, se gli occhi del Professore la avessero supplicata, ella gli avrebbe dato quel tocco scherzoso di frusta che era una delle sue necessità, perché faceva parte della pazzia di Solitaire l’avere imparato ad essere buona verso quella che è considerata pazzia negli altri. E poi sarebbe piombata nel vero sonno della notte, dal quale si sarebbe destata a mezzanotte per mettere via le forbici. A Demetrios faceva piacere badare a lei. Era una bella vita, sotto molti aspetti. Peccato (accidenti a quel poliziotto!) che qualcosa la turbasse.
L’immagine di Angus Bridgeman gli passò per la mente, bellissima e orgogliosa, intenta a guardare dalla vetta della gioventù, con curiosità e forse con tenerezza. Sul tetto, la pioggia era sferzata dal ritorno del vento di tempesta che ormai stava per spegnersi.
CAPITOLO 6
FRAMMENTI D’UNO SPECCHIO INFRANTO
…. e io ricordo quel che non c’è mai stato, l’Età dell’Oro.
MADAM ESTELLE, DIARIO.Demetrios si svegliò nel vermiglio e nell’oro dell’aurora. Solitaire s’era alzata di notte, come al solito, per riordinare la stanza, e per un po’ era rimasta seduta alla finestra, protendendo i pensieri verso il temporale trascorso, quando erano spuntate le stelle. Adesso dormiva tra un paio di braccia brune. Il Professore doveva essere vicino ai cinquanta, Solitaire aveva diciannove o vent’anni: e tutti e due sembravano teneri bambini.
Demetrios si vestì senza far rumore e scese le scale, riposato. Le risatine e gli strilli e il movimento del lavoro notturno, i rari singhiozzi o schiaffi o grida non turbavano il suo riposo. Non aveva sognato Angus, durante la notte: se i sogni venissero a noi nel sonno a comando, chi mai si sveglierebbe?
Nella grande cucina, Madam Estelle si godeva quelle prime ore della giornata. Un bricco d’alluminio del Tempo Antico borbottava sul piano di ferro della stufa a legna di mattoni. Nel 47 non si trovavano molte stufe con quel piano di buona ghisa e i coperchi che si sollevavano facilmente; Madam Estelle aveva ordinato la sua alla famigerata Compagnia Recuperi di Nupal, giù sulla costa. — Buongiorno a te, uomo Demetrios! — La saggia gatta nera faceva la spola e si strusciava con ottimismo intorno alle caviglie di Madam Estelle: forse era amor di credenza, ma Jenny lo prendeva sul serio come un’arte. — È un po’ presto per te, no?
— Sì. Buongiorno a te, Steli.
Madam Estelle non era mai stordita, di mattina. Mentre il resto della casa dormiva fino a mezzogiorno dopo il tumulto erotico della notte, lei e Jenny sì alzavano e avevano il mondo tutto per loro. Era il momento più bello della giornata, diceva Estelle: l’unico momento in cui si poteva pensare. I suoi pensieri si riversavano nel diario, come un fiume che sceglieva da sé il suo corso.
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