Jack Williamson - Il figlio della notte

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Il figlio della notte: краткое содержание, описание и аннотация

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Il ritorno dalla Mongolia della spedizione del celebre professor Mondrick segnerà forse l’inizio di un’era nuova nella storia dell’umanità. Perchè in una certa cassa che gli esploratori portano dal deserto di Gobi sono contenute le prove di una guerra spietata e segreta, che si combatte da innumeri millenni. E il campo di battaglie è il subcosciente stesso della razza umana, dove il Maligno sembra sferrare i suoi colpi più mortali e insidiosi. Perchè il genere umano, ha scoperto Mondrick, è un ibrido: il sangue dell’Homo sapiens è, ormai, contaminato da quello dell’Homo lycanthropus, l’antichissima razza caina… Ma la scoperta di Mondrick esige le sue vittime e un orrendo pericolo minaccia di nuovo l’umanità. Le forze del male sono scatenate e gli angeli ribelli tentano ancora una volta di rialzare il capo. Metapsichica e psicocinesi sono le strane scienze a cui questo romanzo senza precedenti nella letteratura del “soprannaturale” sembra ispirarsi. E’ un romanzo che non si dimentica!

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«Ma no, mia povera Nora!», non poté fare a meno di sorridere. «Saprò essere prudente, non sono meno in pericolo di Sam, sai. E ora, se tu mi dessi un po’ di roba da portargli? Abiti pesanti, stivali, sacco a pelo, fiammiferi, una padella, un po’ di scatolame, una carabina... immagino che tu abbia qui almeno una parte del suo equipaggiamento leggero della spedizione.»

Lei assentì col capo, pronta a muoversi.

«E avrò bisogno di quella macchina», aggiunse Barbee, «per raggiungerlo.»

«Prendila pure. Prendi tutto quello che ti occorre... e lascia che io gli scriva un biglietto.»

«Sì, ma facciamo presto, Nora. Dobbiamo aiutare Sam per qualcosa ancora più importante della sua sicurezza personale. Lui è l’ultima speranza... con­tro qualcosa peggiore di quanto la maggior parte degli uomini abbia mai te­muto.»

«Lo so, Will. Sam non ha mai voluto dirmi nulla, ma io l’ho sentito, questo, fin dall’istante in cui atterrarono al’aeroporto. È come se qualcosa si anni­dasse nell’ombra, invisibile, sogghignante, orrendo, troppo orrendo per avere un nome.»

Ma l’aveva un nome, pensò Barbee. E questo nome era: il Figlio della Not­te.

17.

Con l’orecchio teso alle eventuali sirene di auto lanciate alla sua ricerca, Barbee si recò nel bagno per cambiare le pantofole e la vestaglia della clinica con un paio di scarpe e un costume kaki di Sam, infilandosi due paia di calze, perché le scarpe erano troppo larghe. Frattanto Nora aveva messo insieme provviste, coperte, indumenti, altre cose di prima necessità. Poi, mentre la donna scriveva il biglietto per il marito, Barbee fece un gran pacco di tutte le robe.

«Non dire ai poliziotti che mi hai visto», ricordò a Nora con un roco sussur­ro. «Non dir nulla... per quello che ne so, la stessa polizia potrebbe operare d’accordo coi nemici di Sam.»

Poi, cogliendo un istante in cui la tranquilla viuzza era deserta, saltò in macchina e si avviò, sorridendo a Nora sulla porta con una speranza che non sentiva.

Percorreva Pine Street alla velocità regolamentare di quaranta chilometri all’ora, quando udì una sirena alle sue spalle; si costrinse a mantenere la velocità legale, e dopo qualche istante respirò di nuovo. Una decina di chilo­metri più innanzi, piegò a nord e imboccò una strada secondaria, piena di fosse, verso le colline.

Mentre guidava, analizzò l’intuizione che aveva avuto sul nascondiglio di Sam. Quain era cresciuto fra quelle colline. Non c’era dubbio che fosse scap­pato dall’Istituto con la cassa, e Barbee era certo di conoscere dove Sam avrebbe cercato di nasconderla.

Durante le vacanze natalizie, tanti anni prima, lui aveva fatto una corsa a cavallo con Sam e Rex su per un viottolo che serpeggiava tra le colline fino a una vecchia segheria abbandonata. A un tratto, Sam aveva tirato le redini del suo cavallino scozzese per indicare agli altri una striscia fumosa sul dirupo roccioso, ossidato, che strapiombava sul Laurei Canyon. Quella striscia, disse Sam, indicava la presenza in quei paraggi d’una grotta indiana.

Barbee sapeva che Sam doveva avere scelto quella grotta. Lontanissima dal­le strade comunemente usate, era tuttavia accessibile a un guidatore come Sam. C’era abbastanza vegetazione per nascondere la macchina, anche a un ricognitore aereo.

Con l’acqua vicina del Laurei Creek, legna a volontà per scaldarsi e un rico­vero abbastanza capace e comodo per chiunque non andasse troppo per il sottile, quella grotta era una fortezza naturale, come lo era stata per migliaia di anni.

Per due volte, Barbee fermò la macchina là dove la vegetazione la nascon­deva a qualunque occhio indiscreto, e si arrampicò su un’altura a guardare la strada percorsa. Era deserta, segno che nessuno lo seguiva, ma le tracce fre­sche di pneumatici sul terreno gli indicarono che Sam doveva essere passato di là.

Erano le dodici e mezzo quando il giornalista raggiunse il Bear Canyon. La giornata s’era fatta calda, ma pesanti nuvoloni nascondevano il sole, e aveva cominciato a soffiare dal sud un vento caldo che prometteva la pioggia.

Sotto il poggio rossastro che dominava il Laurei Canyon, scoprì la giardinet­ta di Sam, abilmente nascosta tra la vegetazione, là dove la strada di monta­gna serpeggiava fra un enorme masso di granito e una pianta che vi si piega­va sopra. Barbee lasciò la sua macchina accanto alla giardinetta, e iniziò la marcia, curvo sotto l’enorme fagotto delle provviste per Sam.

Si teneva bene in vista, salendo, perché conosceva Sam Quain, e cercar di seguirlo furtivamente equivaleva a un suicidio. E aveva la sensazione precisa che Sam tenesse la sua vita in sospeso.

«Sam!», chiamò con voce resa tremante dall’apprensione. «Sono Barbee, con le provviste!»

Ansimò di sorpresa e di sollievo quando vide la testa del fuggitivo apparire dietro il tronco di un’enorme quercia. La testa abbronzata di Sam era nuda, la camicia lacera e sporca di terra. Il corpo ossuto dell’esploratore sembrava piegato in due dalla spossatezza, ma la rivoltella che stringeva in mano era minacciosa come la dura voce che chiedeva:

«Barbee... che diavolo stai facendo qui?».

Barbee rispose informandolo succintamente della situazione e annuncian­dogli un biglietto di Nora. Ma la faccia minacciosa di Sam non si addolcì.

«Dovrei ammazzarti, Barbee.» La sua voce era cambiata, suonava atona e dura. «Avrei dovuto ammazzarti molto tempo fa... io o Mondrick avremmo dovuto farlo. Ma ritengo che tu non sia del tutto perduto... il tuo avvertimen­to a Nora mi ha salvato dalla polizia, questa notte, e io ho un gran bisogno di quanto mi hai portato.»

Barbee poté farsi avanti, curvo sotto il sacco, le mani alzate, fino a quando la rivoltella di Sam non gli fece segno di fermarsi.

«Sam, puoi fidarti di me ora?» La voce di Barbee aveva un’intonazione di tremula preghiera. «Io voglio aiutarti, se tu volessi soltanto dirmi che cosa diavolo sta succedendo. Ieri sono andato a Glennhaven, dubitavo della mia ragione, forse è così, ma sento che si tratta di ben altro!...»

Gli occhi arrossati di Quain si socchiusero per osservarlo meglio. «C’è ben altro è vero, molto di più», ribatté la voce aspra di Quain.

Si udì un tuono rotolare brontolando in lontananza e le prime gocce di pioggia cominciarono a cadere, mentre il vento s’era fatto bruscamente fred­do e umido.

«Su, prendi il sacco delle provviste», disse Barbee, «leggi il biglietto di Nora e lascia che ti aiuti come posso.»

Alla fine, con un gesto della rivoltella sempre stretta nella destra, Sam lo invitò a farsi innanzi.

«Togliti da sotto la pioggia», mormorò. «Non ho idea di quale e quanta possa essere stata la tua parte, conscia o inconscia che sia, in tutto questo complotto demoniaco. Non so fino a che punto posso fidarmi di te. Ma im­magino che non peggiorerà certo la situazione dirti quello che so.»

La caverna era invisibile dal basso, anche se quella sottile striscia di fumo la tradiva. Facendosi precedere da Barbee barcollante sotto il sacco su per la salita, Quain, sempre con la rivoltella in pugno, prese ad arrampicarsi su gradini rocciosi in quello ch’era stato il letto d’un ruscello, dove un solo uomo armato avrebbe potuto tenere a bada un centinaio d’inseguitori.

Simile a una fessura orizzontale alla fine di quell’angusta scaletta naturale, la grotta era stata scavata dallo scalpello del tempo fra due strati di durissima arenaria. Il soffitto era annerito dal fumo di fuochi antichissimi. Na­scosta nell’angolo più tenebroso, là dove il tetto si abbassava fino a toccare il soffitto, Barbee vide la cassa venuta dall’Asia. Lasciò cadere l’enorme fagot­to, guardando la cassa con aria significativa.

«Non ancora», disse Sam, con rabbia. «Prima devo mangiare!»

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