«Cosa farai, se lo schiacciassero?».
«Oh, non è un problema. Riceverebbe immediatamente adeguate cure mediche».
«Per tutto il resto della sua vita».
«È il mio dovere. Non si può permettere che i fattori accidentali interrompano il normale corso di qualcosa». Ahmuls sparì dalla vista di quei particolari exteroaffettori, quando corse dietro una rupe. «Vuoi che cambi soggettiva, oppure adesso vuoi guardare Durstine?».
Jackson aprì gli occhi, quando udì la voce di Durstine, davanti a lui: «Mi chiedevo quanto tempo sarebbe passato prima che venissi a cercarmi».
Era difficile passare dalla diretta a qualcosa che poteva vedere con i suoi occhi. Gli fu necessario un momento per organizzare il proprio cervello. Vide che lei portava una sorta di elmetto crestato, una maschera pallida e affilata sulla parte superiore del volto che lasciava scoperti solo il mento e le labbra rosse. Poi vide che era ancora vestita, a differenza dagli altri all’interno, semplicemente decorati. Durstine indietreggiò di un passo, avvolta in un turbine di veli bianchissimi che forse erano particelle di pigmento sospese nell’aria, o forse erano una stoffa meravigliosa.
Comunque, sembrava una stoffa meravigliosa, che si avvolgeva intorno al corpo, alla vita, si fissava di nuovo alle spalle e ai gomiti. Lei rise e balzò in punta di piedi, con le braccia prima allargate in linea retta con le spalle, e poi piegate ai gomiti per puntare verso di lui. Il movimento del corpo disperse l’abito in nastri di trina, rizzò la cresta della maschera e spalancò le ali bianche. Lei rise in un tintinnio argentino di gioia. «Vedi? Io sapevo esattamente cosa volevi! Sono tua, tua!», gridò, gettandosi con languore verso di lui.
Jackson ebbe appena il tempo di alzare le mani per afferrarle le spalle, e nel toccarla si sentì scuotere da un brivido. «Hai capito tutto a rovescio», disse, stordito. «Devo ammetterlo, è un risultato notevole».
«Cosa? Cosa?». Lei sussultava e si agitava sotto le sue mani. «Che cosa ti prende?».
«O tu o io», ammise Jackson, facendola girare per spingerla all’indietro attraverso la porta, per rimandarla al suo posto. Cosa avrebbe fatto Elmo Lincoln in un caso simile? «Vai. Vattene, mangani!», gridò, spingendola con forza, scagliandola indietro in un turbine di stoffa. Tremava di rabbia; e sentiva Comp che ridacchiava.
Si guardò intorno, minacciosamente. Non c’era niente intorno a lui che non fosse falso, e il cielo azzurro pieno di baluginii di ricettori. Non era stato mai, mai tanto furioso in vita sua, e Comp non la smetteva di ridere di lui. Cercò di colpire un’ape sfrecciante. Ma non era svelto come Ahmuls.
Si acquattò, rivolto verso la porta. Chi fosse uscito per primo avrebbe dovuto fare i conti con lui. Vedeva una nebbia rossa orlare la sua visuale, e nel contempo c’era quella terribile, meravigliosa chiarezza in tutto ciò che provava. Era un pretesto valido per qualunque cosa. Un uomo spinto a quel sentimento era un monarca, come lo era stato il Tyrannosaurus rex. Si mosse, con le cosce flesse e le braccia contratte come cavi metallici.
Timida e diffidente, Pall uscì dalla Spina. «Non arrabbiarti, Jackson», disse. «Lo so che sei sconvolto». Allungò la mano e gli toccò il pugno. «So cosa provi. Trattavano così anche me. Ma ho imparato a ignorarlo. E non mi sono arresa. Ho continuato a cercare di migliorarmi, e un giorno…». Abbassò gli occhi. «Quello che devi fare», spiegò, di slancio, «è… be’, imparare a esprimerti. Esprimere te stesso. Vedi, se impari ad avere fiducia in te stesso, in ciò che sei, se sei sicuro di quel che sei, allora… Be’, hai visto cos’è successo. Se hai fiducia… e amare qualcuno può darti quella fiducia, e anche soltanto ammirare molto qualcuno può darti molta fiducia… bene, allora puoi tirare diritto e fare tutto quello che fanno gli altri, pur continuando a esprimere te stesso, quindi vedi, ecco, è così che puoi far parte del gruppo e continuare a essere te stesso. Voglio dire, conoscere te stesso ti permette di far parte di un gruppo. E hai visto come mi hanno accettata, finalmente. Be’, ciò lo rende molto bello, perché d’ora innanzi saprò sempre che essere parte di un gruppo è l’unica cosa che ti permette di essere te stesso. E io posso darti la stessa cosa. Lasciami stare con te. Ti farà bene».
Jackson alzò lo sguardo verso la spirale di baluginii. «Lo vedi?», chiese. «Lo senti?».
«Certamente. Ti piacerebbe vedere una attualità in diretta di Petra Jovans?».
Jackson rabbrividì. «No. Non mostrarmi mai Petra Jovans».
Pall gli prese la mano e se la portò alla bocca. «Ti prego, Jackson», disse. «Io ti comprendo veramente».
Gesù santo, pensò lui. E poi pensò: per me stesso, io sono l’unico uomo sano di mente concepibile. E lei è abbastanza matta per assecondarmi, se la porto con me. «Oh, vieni», disse, tenendola per il polso, e allontanandosi dalla Spina.
Pall gli trottò graziosamente al fianco. «Dove andiamo?».
«Non lo so». Jackson passò tra i padiglioni, si avviò tra i campi. C’era una specie di sentiero fiancheggiato dalle siepi, e lo percorse. Gli exterocettori li accompag narono.
«Magnifico!», stava dicendo Comp. «La ricerca del Nuovo Eden! L’uomo e la sua compagna, nell’interminabile viaggio verso…».
«Merda», disse Jackson.
Pall lo fissò. «Perché?».
Perché? Doveva essere sempre per qualcosa, no? Jackson scosse la testa. «Vuoi sapere davvero? Vuoi davvero che io mi esprima , giusto?».
Lei annuì. «Certamente».
D’accordo. Jackson esordì: «Il pavimento del mondo è increspato come il fondale di un oceano e si estende fino agli orli. Gli orli si ergono alti e crudeli. Al tramonto, l’orizzonte occidentale è la parete più lontana del cratere. È nero. Nerazzurro…».
«Magnifico! Meraviglioso!», mormorò Comp al suo orecchio, in tono d’ammirazione. «Perdonami. Credevo che avresti prodotto soltanto una specie di cliché. Qualunque tuo cliché sarebbe ammirevolmente drammatico, certo, di grande richiamo. Ma non devi credere neppure per un istante che io non sappia apprezzare il suono crudo e onesto della verità viscerale. Non ha un pubblico altrettanto numeroso, certo, ma va benissimo. Non scendere a compromessi. Non inzuccherarlo solo perché vuoi che piaccia a lei. Toni echeggiami, ragazzo! Racconta com’era!».
«…E tu al mio fianco nel deserto», mormorò Jackson, mentre Pall gli trottava al fianco, con gli occhi lucenti come exterocettori. Jackson disse: «La luce del sole colpisce all’orlo superiore del cratere, che è color ruggine. Forma un lungo arco color ruggine che sembra abbassarsi a sinistra e a destra, come una muraglia, o un arco, o la scia di qualcosa che è saettata a tua insaputa da un orizzonte all’altro, e tu puoi vedere soltanto quella scia. Ci sono rocce, sul fondo del cratere. La luce del sole che le investe, un attimo prima di spegnersi, le colora d’arancio. Lassù si librano le stelle, dure e brillanti».
«Questo è l’orizzonte verso il quale ti dirigi, quando vai a caccia di amsir».
«In principio, io seguivo quell’uccellaccio…».
FINE