Dan Simmons - Endymion

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Anno Domini 3126. Quasi tre secoli dopo la Caduta. Pianeta Hyperion. Raul Endymion, una giovane guida, viene condannato a morte dopo un omicidio commesso per legittima difesa. E la sua morte, al contrario di quella dell'uomo da lui ucciso, sarebbe definitiva, perché il ragazzo è fra i pochi a non essersi convertito alla religione della Chiesa ufficiale, non è un cristiano rinato e non ha accettato su di sé il simbionte crucimorfo che rende possibile la Risurrezione. La sentenza, tuttavia, non viene eseguita. Martin Sileno lo ha infatti scelto per una missione destinata a cambiare il volto dell'universo: accompagnare nel futuro e proteggere la giovane Aenea, figlia di Brawne Lamia e del cibrido John Keats, che sta per riemergere dalla Sfinge nella Valle delle Tombe Del Tempo. Dal teleporter di Vettore Rinascimento al ghiaccio eterno di Sol Draconis Septem, Endymion accompagnerà così Aenea in un viaggio verso la verità e la salvezza del genere umano, chiarendo lungo il cammino molti enigmi rimasti irrisolti in "Hiperion" e nella "Caduta di Hiperion": qual è il ruolo del TecnoNucleo all'interno della Pax? perchè le IA hanno 'rapito' la vecchia terra? qual è l'origine e la vera natura dello Shrike? chi ha creato il simbionte cruciomorfo che permette la Risurrezione e perché?

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Dan Simmons

Endymion

Non dobbiamo dimenticare che l’anima umana (per quanto creata a parte, la nostra filosofia la presenta come ente) è inseparabile nella sua nascita e nel suo sviluppo dall’universo nel quale è nata.

TEILHARD DE CHARDIN

Dateci dèi. Oh, dateceli!

Dateci dèi.

Siamo stufi d’uomini

e di potenza motrice.

DAVID H. LAWRENCE

1

Sono sicuro che leggi questo scritto per la ragione sbagliata.

Se lo leggi per imparare che cosa si prova a far l’amore con un messia, il nostro messia, allora non dovresti proseguire nella lettura, perché sei poco più d’un voyeur.

Se lo leggi perché sei un appassionato dei Canti del vecchio poeta e muori dalla voglia di sapere quale fine hanno poi fatto i pellegrini su Hyperion, rimarrai deluso. Non so che cosa sia accaduto alla maggior parte di loro: vissero e morirono quasi tre secoli prima della mia nascita.

Se leggi questo scritto per capire meglio il messaggio di Colei Che Insegna, anche in questo caso rimarrai forse deluso. Ero interessato a lei come donna, lo confesso, non come maestra o come messia.

Se lo leggi infine per scoprire il destino di lei, o addirittura il mio, leggi il documento sbagliato. Per quanto il suo e il mio destino sembrino inevitabili e prestabiliti come per qualsiasi persona, non ero con lei, quando si compì il suo, e il mio attende l’atto conclusivo proprio mentre scrivo queste parole.

Già mi sorprenderebbe il semplice fatto che tu legga questo scritto. Ma non sarebbe la prima volta che gli eventi mi sorprendono. Gli ultimi anni sono stati per me una successione di eventi improbabili, ciascuno più straordinario e, a quanto pare, inevitabile del precedente. Scrivo infatti per condividere con altri questi ricordi. Forse non proprio per condividerli (lo so, è molto poco probabile che qualcuno trovi i miei scritti) ma soltanto per mettere sulla carta la serie di eventi, in modo da darle nella mia mente forma compiuta.

"Come so ciò che penso, finché non vedo ciò che dico?" scrisse uno scrittore pre-Egira. Per l’appunto. Devo vedere quegli eventi, per sapere che cosa pensarne. Devo vedere gli eventi mutati in inchiostro, le emozioni mutate in pagina stampata, per credere che siano davvero accaduti e che mi abbiano toccato.

Se leggi questo scritto per la stessa ragione per cui io lo scrivo… per ricavare dal caos degli ultimi anni una sorta di schema, per imporre una parvenza d’ordine alla serie d’eventi in fondo casuale che ha regolato la nostra vita negli ultimi decenni standard… allora forse, tutto sommato, lo leggi per la giusta ragione.

Da dove iniziare? Da una sentenza di morte, forse. Ma quella di chi? La mia, o di lei? E, se la mia, quale delle mie? Ho varie morti fra cui scegliere. Ma forse quest’ultima, la mia morte definitiva, è la scelta appropriata. Iniziare dalla fine.

Scrivo questi fogli mentre mi trovo, come il gatto di Schròdinger, in una scatola che gira in orbita alta intorno a un pianeta in quarantena, Armaghast. La scatola non è affatto una scatola, ma un ovoide dalle pareti lisce, solo sei metri per tre: fino al termine della mia vita, sarà tutto il mio mondo. L’interno è in pratica una cella spartana che comprende la scatola nera per riciclare l’aria e i rifiuti, la cuccetta, il sintetizzatore di cibo, uno stretto ripiano che mi fa da tavolo da pranzo e da scrittoio, e infine il water, il lavandino e la doccia, posti dietro un tramezzo di fibroplastica per ragioni di decenza che mi sfuggono: qui nessuno verrà mai a farmi visita. La riservatezza mi pare una vuota battuta umoristica.

Ho una tavoletta di scrittura e uno stilo. Terminata una pagina, ne faccio una stampa su micropergamena ottenuta dal riciclatore. Durante ogni giornata, l’unico cambiamento visibile nel mio ambiente è il lento accumulo di pagine sottili come un’ostia.

La fiala di gas venefico non è visibile. Si trova nel guscio statico-dinamico dell’ovoide ed è collegata all’apparecchio per filtrare l’aria, in modo tale che un tentativo di manomissione provocherebbe la fuoruscita di cianuro; e analogo risultato si avrebbe, se si tentasse di forzare il guscio stesso della mia cella. Nell’energia solidificata del guscio sono fusi anche il rivelatore di radiazioni, il suo timer e l’isotopo. Non so mai quando il timer casuale attiva il rivelatore. Né so mai quando lo stesso timer casuale apre la schermatura di piombo del minuscolo isotopo. Non so mai quando l’isotopo emette una particella.

Ma saprò quando il rivelatore sarà già attivo nell’istante in cui l’isotopo emette una particella. Dovrei sentire l’odore di mandorle amare, in quel secondo, o paio di secondi, prima che il gas mi uccida.

Mi auguro che non duri più d’un paio di secondi.

Tecnicamente, secondo l’antico paradosso della fisica quantistica, al momento non sono né morto né vivo. Sono nell’indeterminazione di onde di probabilità parzialmente sovrapposte, come il gatto dell’esperimento filosofico di Schrödinger. Poiché il guscio della scatola è poco più che energia solidificata pronta a esplodere alla minima intrusione, mai nessuno vi guarderà dentro per scoprire se sono morto o se sono ancora vivo. Teoricamente, nessuno è responsabile diretto della mia esecuzione, poiché le immutabili leggi della meccanica quantistica mi perdonano o mi condannano da ogni microsecondo a quello successivo. Non ci sono osservatori.

Ma io sono un osservatore! Io aspetto, con qualcosa di più del freddo distacco d’un osservatore, questo particolare collasso delle onde di probabilità. Nell’istante in cui inizierà il sibilo del cianuro, ma prima che il gas mi arrivi ai polmoni, al cuore, al cervello, io saprò in quale modo l’universo ha scelto di riordinarsi.

Almeno, lo saprò per quanto riguarda me. Cosa che, a pensarci bene, è l’unico aspetto della determinazione dell’universo al quale la maggior parte di noi è interessata.

Nel frattempo, mangio e dormo e produco rifiuti e respiro e seguo l’intero rito quotidiano di ciò che si può in definitiva dimenticare. Ecco l’ironia: in questo preciso momento, io vivo… se "vivere" è la parola esatta… solo per ricordare. E per scrivere di ciò che ricordo.

Se leggi questo scritto, quasi certamente lo leggi per la ragione sbagliata. Ma, come tanto spesso accade nella vita, la ragione per fare una cosa non ha importanza. Rimane l’ azione compiuta. Alla fin fine, contano solo due fatti immutabili: io ho scritto queste pagine e tu le leggi.

Da dove iniziare? Da lei? Lei è la persona di cui tu vuoi leggere e l’unica che io desidero ricordare su tutto e su tutti. Ma forse dovrei iniziare dagli eventi che mi condussero a lei e poi qui, attraverso gran parte di questa galassia e oltre.

Inizierò dall’inizio… dalla mia prima sentenza di morte.

2

Mi chiamo Raul Endymion. Sono nato sul pianeta Hyperion, nell’anno 693 del calendario locale, o nell’a.D. 3099 secondo il conteggio pre-Egira, o ancora, come molti di noi calcolano il tempo nell’era della Pax, 247 anni dopo la Caduta.

Si disse di me, quando viaggiavo con Colei Che Insegna, che fui un pastore: ed è vero. Quasi. La mia famiglia si guadagnava da vivere con la pastorizia itinerante nelle brughiere e nelle praterie delle regioni più remote del continente Aquila, dove fui allevato; e talvolta, da bambino, badavo alle pecore. Ricordo con piacere quelle placide notti sotto il cielo stellato di Hyperion. A sedici anni (secondo il calendario locale) scappai di casa e mi arruolai nella Guardia Nazionale controllata dalla Pax. Ricordo che la maggior parte di quei tre anni fu solo una noiosa routine interrotta dalla spiacevole eccezione dei quattro mesi nei quali fui inviato nell’Artiglio di Ghiaccio per combattere gli indigeni durante la rivolta di Ursa. Congedato dalla Guardia Nazionale, lavorai come buttafuori e croupier di blackjack in uno dei peggiori casinò delle Nove Code; per due piovose stagioni pilotai una chiatta lungo il corso superiore del Kans, e poi lavorai come apprendista dell’architetto di giardini Avrol Hume in alcune tenute del Becco. Ma evidentemente per gli storiografi di Colei Che Insegna, quando si trattò di precisare la precedente occupazione del suo più stretto discepolo, il termine "pastore" suonava meglio. "Pastore" ha un simpatico suono biblico.

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