Algis Budrys - Morte dell'utopia

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Morte dell'utopia: краткое содержание, описание и аннотация

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Il pavimento del mondo è increspato come il fondale di un oceano. Il sole al tramonto inchiostra d’ombra violetta ogni increspatura. Le dune riempiono il mondo fino agli orli. E su questo pianeta che non è la Terra, un uomo insegue l’amsir, la grande bestia alata, per ucciderla. Perché gli uomini hanno sempre fatto cosi, da che il tempo è iniziato all’ombra della Spina. Ma per Honor White Jackson qualcosa cambia all’improvviso: l’amsir parla, e scaglia dardi. Forse, allora, la realtà non è soltanto quella di cui ha sempre parlato l’Anziano... Cosi inizia Morte dell’utopia, uno dei romanzi più originali, magici e inquietanti della fantascienza moderna, scritto da un maestro del genere, Algis Budrys.

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Jackson posò la mano illesa sul terzo gradino. Diede un lieve strattone, seguito da un altro più forte. La scaletta non cedette. Si vedeva che usciva dal fianco dell’Oggetto, lassù, immediatamente al di sotto della porta. E si vedeva una specie di snodo a ogni gradino, come se la scala fosse fatta per venire issata e ripiegata entro uno spazio ristretto. O per venire sospinta all’esterno con un calcio e lasciata a pendere lì fuori, quando era necessario. Ma se quelli erano cardini, non cedevano affatto. Jackson accostò l’orecchio alla scaletta, che aveva la stessa temperatura della sua pelle, e sentì qualcosa che ronzava. Bene, tutto ciò che poteva parlare doveva avere anche un cuore.

Jackson guardò il gruppetto degli amsir. Lo osservavano tutti con interesse considerevole. E c’erano altri amsir che si radunavano lassù: passanti e sfaccendati che avevano notato il nuovo essere in procinto di affrontare la porta parlante.

Uno di essi scese in picchiata, portandosi sopra la testa di Jackson. «Aah, Diavolo Bagnato! Arrampicati! Arrampicati!». Si librò all’altezza della porta e simulò tentativi falsamente disperati di aggrapparsi, finché riuscì a mantenersi a quella quota; poi ricadde, raddrizzò le ali, e le batté, risalendo di nuovo nell’aria. Jackson pensò che la beffa sarebbe stata molto più riuscita se l’amsir avesse veramente osato toccare la porta.

Jackson spiccò un salto, si aggrappò alla scaletta, puntò un piede sul gradino più basso e cominciò a salire.

Era strano: il metallo non era né freddo né caldo. Sebbene fosse costretto a servirsi solo delle gambe e di un braccio, non era faticoso come quando aveva dovuto scendere slittando e scivolando dall’orlo di quel mondo. Anzi, si sentiva piuttosto a suo agio. Un uomo poteva impiegare il suo tempo in cose molto peggiori che non salire una scaletta. Ma avrebbe voluto sapere cos’era l’Oggetto.

Ben presto arrivò abbastanza in alto per vedere gli amsir sotto di sé, a terra. Lo osservavano tutti, con le facce levate come griglie, per seguire la sua scalata, come se ognuno dei loro corpi fosse una Spina, e lui fosse il Sole.

Fino a quel momento, la scala era ragionevolmente distaccata dal fianco dell’Oggetto. Ma più Jackson saliva, più la curvatura dell’Oggetto si accostava alla scaletta che pendeva verticalmente. Ormai i suoi occhi erano a poche dita dalla fiancata: e vide qualcosa che non lo rallegrò affatto. C’erano macchie di grasso che riflettevano la luce nei colori dell’iride, lasciate da tutte le mani che s’erano strofinate lì, prima che lui venisse ad appoggiare il suo peso sul metallo ronzante.

Oh, pfu, si disse, e continuò a salire, fino a quando arrivò in cima alla scaletta. E lì c’era una porticina aperta, non troppo spessa e non troppo sottile, montata su cardini robusti, situata sotto la fessura, come per proteggerla contro ogni cosa che potesse venire lanciata dal basso. Quando la scaletta veniva ritirata, probabilmente lo sportello si chiudeva, senza lasciare segni più vistosi della porta sovrastante. Quando i suoi occhi arrivarono allo stesso livello, Jackson notò che c’era l’osso spolpato di un dito incastrato nella fenditura tra lo sportello aperto e il fianco dell’Oggetto. E nello stesso istante una voce, sopra la sua testa, ringhiò cavernosamente: «Ouwwetenshowneh. Qhhvvesshtaa pwourrtaah shii awpprreeh shwoulou peer l pehrrsowwnnuhlleh himmahnoh. Thwouhttii l auhlttriih shauhrannhoh dhaysstrouhttih ihndiishchriihminhautammennteh».

Jackson guardò la porta. Non accadde nulla. La porta cominciò a ripetere: «Ouwwetenshouwneh. Qhhvvesshtaa pwourrtaah…».

Jackson ridiscese la scaletta.

«È sconvolgente, no?», chiese l’Anziano.

«Sembra uno stomaco che parla», rispose Jackson. Si girò a guardare l’istruttore. « Cosa dice, secondo lui?». L’Anziano seguì la sua occhiata e alzò la punta di un’ala. L’amsir istruttore si fece avanti, fremendo per l’impazienza di parlare.

«Non lasciarti fuorviare dai ringhi e dai rombi. Li ho ripetuti a me stesso a tutte le velocità e con tutti i toni di voci, e li ho fatti ripetere da molti miei subordinati in modi diversi secondo le mie istruzioni. Ho fatto giudicare i diversi effetti da un gran numero di testimoni, e questi sono pervenuti a conclusioni unanimi circa il significato di questo tipo di linguaggio. Si ritiene», continuò, in tono fiero e deciso, «che innanzi tutto la porta emetta un suono corrispondente alla nostra espressione “prestate ascolto”. Segue poi un suono che è sicuramente la parola “oggetto”. Quindi ce n’è uno che equivale al nostro “portello”…».

«Stai zitto», disse Jackson, suscitando lo sgomento di alcuni e il divertimento dell’Anziano. «Vuoi dire che è solo un modo strano di parlare normalmente».

L’istruttore guardò Jackson come se fosse sul punto di mettersi a piangere, quasi fosse un contadino la cui figlia se ne fosse appena andata via ridendo insieme a un Honor. «È esatto».

«Vorrei capire bene. Parla come noi, ma ha una bocca strana, è così?».

«Sembra che sia così», disse l’Anziano.

«Bene, state a sentire», disse Jackson. «È una gran cosa. Ci sono gli esseri della vostra specie e ci sono gli esseri della mia specie, e adesso, all’improvviso, c’è una terza specie. E se è tutto collegato alle cose che sono qui fin dal principio del tempo, allora può darsi che questo Oggetto parli per conto di ciò che ha fatto cominciare il tempo. Può darsi che sia quello che ha fatto cominciare il tempo».

«Senti, fetente d’un Diavolo Bagnato… Non immischiarti di teologia!».

Il giovane amsir che l’aveva condotto lì aveva continuato a oziare per tutto quel tempo senza dire una parola. Jackson si sentì torcere dentro, nell’udirlo sbottare così, all’improvviso. Tuttavia, girò gli occhi verso il giovane con abbastanza calma da impressionarlo. «E adesso, cosa stai dicendo?».

«Lascia stare», disse l’Anziano al giovane guerriero. Forse era un affettuoso surrogato di «Stai zitto!». «È solo un essere ignorante. Senti, credo che qui sia tutto normale, quindi puoi andare a casa e dire al tuo stormo che adesso sei ben superiore a molti per quanto hai fatto oggi. Vai a casa. Subito».

Il giovane amsir si lanciò nell’aria. «Sono stato ricompensato!», disse con gratitudine all’Anziano, prima di avventarsi in verticale, come un dardo scagliato verso il Sole, gridando a piena voce: «Io sono superiore a molti! Io sono superiore a molti!». In alto, molto in alto, si avventò in orizzontale, e poi piombò in un lungo angolo verso una delle case su palafitte, continuando a gridare. Jackson udì la sua voce perdersi in lontananza.

L’Anziano guardò Jackson e si scrollò. «Dovrai stare attento a due o tre cose, oltre alle condizioni del tuo stomaco. Una è il fatto che, se ti urterai troppo con le superstizioni, qui non vivrai abbastanza a lungo per morire di fame. E non c’è molta speranza che qualcuna delle poche persone illuminate possa fare qualcosa per aiutarti».

«Qui abbiamo una situazione molto delicata», spiegò l’istruttore. «Vedi, noi sappiamo che ci sono due Spine, due mondi, due specie di esseri, e sappiamo che furono tutti creati nello stesso tempo. Gli uni devono essere buoni, gli altri malvagi. Ma, vedi, oltre questo punto ci lasciamo alle spalle la logica razionale e sconfiniamo nelle questioni di fede.

«Un grande profeta, che da giovanissimo io ebbi il privilegio di ascoltare in uno dei suoi ultimi sermoni, c’insegna che, poiché dobbiamo valutare in base alla fede il valore della nostra Spina, può essere altrettanto logico ritenere che ogni individuo crei da sé il bene o il male. Ma proprio per questo, il grande profeta venne fatto precipitare da una grande altezza, con le ali spezzate, da coloro che rifuggono da tali complicazioni etiche. La concezione più semplice consiste nel sapere che il mio mondo è buono e il tuo è malvagio, e che quindi la nostra gente è buona perché vive nel posto del bene.

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