Quando Marguery parcheggiò finalmente l’automobile, Sandy aprì lo sportello e osservò dal basso l’edificio nel quale sarebbero dovuti entrare. Si trattava di un alto palazzo dalle pareti di vetro arroccato sulla collina del Palisades sul cui ingresso capeggiava la scritta:
CENTRO DI RICERCA SCIENTIFICA LAMONT-DOHERTY
— Chi erano questi Lamont e Doherty? — domandò incuriosito.
— È solo un nome — rispose Marguery. — Una volta questo edificio ospitava un centro di ricerca geologica, poi invece hanno iniziato a riempirlo di cose provenienti dalla vecchia New York City. — Si guardò attorno, come se stesse tentando di orientarsi. Al momento si trovavano quasi da soli in mezzo a un vasto salone. Le poche persone in vista si stavano affrettando tutte in direzione di una scalinata. — Probabilmente staranno proiettando le fasi della discesa nell’auditorio — disse Marguery. — Da questa parte.
Mentre salivano le scale, udirono un improvviso boato di applausi e grida festose proveniente proprio dallo stesso auditorio. Marguery trascinò Sandy dietro di sé, aumentando la velocità. Una volta nella sala, si concentrarono subito sull’immagine proiettata sul grande schermo dietro il palco. A quanto pareva, la ripresa veniva effettuata dal ponte di una nave. Le immagini infatti oscillavano in maniera regolare, e di tanto in tanto Sandy riusciva a scorgere qualche frammento di antenna o di parti di nave. Le immagini però non si riferivano alla nave stessa, poiché la telecamera era puntata verso il cielo, dove si potevano vedere chiaramente una serie di scie infuocate che piombavano verso la superficie del mare come una pioggia di meteoriti.
Marguery afferrò immediatamente il braccio di uno sconosciuto che si trovava al loro fianco. — Cosa succede? — domandò.
— È andato — disse l’uomo producendosi in un ampio sorriso. — Ha iniziato il rientro nell’atmosfera sopra il Madagascar, ma si è sbriciolato quasi subito. Questi che vedete sono gli ultimi frammenti rimasti, e le immagini vengono dall’Oceano Indiano. Perth non corre più alcun pericolo ormai.
— Grazie a Dio — commentò Marguery con evidente sollievo. A quel punto si girò verso Sandy e lo fissò con aria sorpresa, come se si fosse completamente dimenticata della sua presenza. — Oh — disse. — Be’, lo spettacolo è finito. Prendiamo una tazza di caffè?
— Se ti fa piacere — rispose Sandy. — Marguery? — domandò subito dopo incuriosito. — Avevi per caso degli amici a Perth?
— Amici? No. Non che io sappia, almeno. Non ho mai avuto modo di visitare l’Australia.
— Eppure mi sembravi molto preoccupata — osservò.
Marguery lo fissò. — Cristo, Sandy, alle volte dici cose davvero strane. È logico che fossi preoccupata. In fondo ci sono esseri umani anche in Australia, no? E poi chissà in che punto potrebbe cadere il prossimo satellite? Potrebbe essere proprio sulle nostre teste!
Sandy pensò alla misteriosa sorpresa promessa da Polly e si domandò se fosse o meno il caso di accennare qualcosa in proposito. Solo che non sapeva proprio di che cosa si trattasse, quindi si limitò a fare una considerazione in tono piuttosto serio: — Le possibilità statistiche che una persona venga effettivamente colpita da un satellite sono realmente molto basse, lo sai Marguery?
— Le possibilità? Sandy, tu non sai niente a proposito di certe cose. Non hai trascorso gran parte della tua vita con la paura di essere colpito all’improvviso da un oggetto proveniente dal cielo, e quindi non hai idea di quanto possa renderti nervoso una cosa del genere. Dai, andiamo a prenderci questo caffè. — Quando furono nuovamente nel corridoio che dava accesso alla sala, il suo tono si ammorbidì. — Scusami per prima, Sandy — disse. — Non era mia intenzione darti una simile lavata di testa.
— Lavata di testa? — domandò Sandy con tono perplesso.
Marguery scoppiò a ridere. — Oh, scusa Sandy. Continuo a dimenticarmi che sei nuovo di queste parti. — Gli fornì una spiegazione dettagliata mentre aspettavano in fila davanti al tavolo del caffè. — Senti — aggiunse infine — dato che abbiamo un po’ di tempo a disposizione, pensi che ti piacerebbe andare a dare un’occhiata laggiù?
Stava indicando una porta in fondo al corridoio in cui si trovavano sulla quale era scritto SALA MONITOR DI SORVEGLIANZA ORBITALE. — Che cos’è? — domandò Sandy incuriosito.
— È esattamente ciò che dice la scritta. È una sala dalla quale si possono controllare gli oggetti che si trovano in orbita attorno alla Terra, compresa la nave hakh’hli. Ti piacerebbe andare a dare un’occhiata?
All’interno della stanza vi erano persone che lavoravano, e Marguery si rivolse a una di queste a bassa voce. La donna annuì e indicò un terminale. Marguery vi si sedette, si produsse in una piccola smorfia di fronte alla tastiera, poi iniziò a digitare codici.
— A quanto pare, un poliziotto dell’InterSec può fare più o meno tutto ciò che gli pare — osservò Sandy alle sue spalle.
— Certo, se è accompagnato da te — ribatté Marguery senza sollevare lo sguardo dallo schermo. — E soprattutto se una volta faceva parte del corpo degli astronauti. Ecco qua. Da’ un’occhiata.
Sullo schermo davanti a Marguery stava iniziando a formarsi un’immagine… un piccolo oggetto luminoso in lontananza, simile a una lattina.
— Ora la stiamo vedendo con lo spettro infrarosso — spiegò Marguery. — Si tratta degli stessi telescopi che hanno seguito il rientro del satellite. Ogni tanto può capitare di vedere qualche striscia luminosa che attraversa lo schermo, ma non farci caso. Si tratta semplicemente di altri relitti in orbita, come quello che è appena caduto. Aspetta che ti ingrandisco l’immagine con lo zoom.
Sandy fissò l’immagine che si ingrandiva. Non vi potevano essere dubbi, si trattava proprio della grande nave hakh’hli! Sembrava brillare di luce propria tanto era luminosa, ed era perfettamente visibile in ogni suo dettaglio. Sandy non aveva mai avuto l’occasione di vederla a quel modo. Mentre girava lentamente su se stessa allo scopo di non surriscaldare eccessivamente un lato piuttosto che un altro, divenne chiaramente visibile anche il piccolo incavo nella superficie che era stato la sede del modulo di atterraggio con il quale erano scesi sulla Terra.
— Non sapevo che foste effettivamente in grado di vedere la nave — commentò sorpreso.
— Certo che siamo in grado — ribatté Marguery con tono offeso. — Ci hai forse presi per dei selvaggi ignoranti? Ormai sono quasi due mesi che vi osserviamo.
— Due mesi?
Marguery si produsse in un gesto di stizza. — Il fatto che non siamo più in grado di andare nello spazio non significa necessariamente che non siamo nemmeno in grado di continuare a guardare. L’emissione di raggi gamma è stata individuata diverse settimane fa nel corso di un controllo di routine. È apparso subito evidente che la fonte delle emissioni si stava muovendo a grande velocità, così naturalmente è stata seguita. Credo che sia il vostro propulsore che emette tutti quei raggi gamma.
Toccò qualche tasto, e l’immagine dell’astronave si ingrandì ulteriormente sullo schermo. — In quel momento però la vostra nave si trovava ancora al di fuori del piano dell’eclittica, a oltre un miliardo di chilometri di distanza, e di conseguenza non riuscivamo a ottenere una buona immagine ottica. Poi, quando siete usciti da dietro il Sole, vi abbiamo seguiti costantemente con il radar.
— Radar?
— Onde radio — spiegò. — Quando incontrano qualche oggetto, vi rimbalzano sopra e tornano indietro, rivelandone la presenza.
— Ah — disse Sandy, gratificato dal fatto che almeno un punto risultasse finalmente chiaro per lui. Annuì. — ChinTekki-tho ci ha detto che stavano captando qualche genere di trasmissione proveniente dalla Terra, ma nessuno fra gli hakh’hli aveva idea di che tipo di emissioni potessero essere. Apparentemente, non trasportavano alcun tipo di informazione.
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