— Anche adesso? — domandò Sandy con tono sorpreso.
— Quando vuoi — confermò Marguery.
In quel momento gli venne in mente la chiamata di Polly a ChinTekki-tho. — Non adesso però — disse mentre consultava il suo orologio. Con un certo sollievo, constatò che era passata solo mezz’ora da quando erano usciti dall’albergo. Si appoggiò alla balaustra e osservò il panorama. Appena sotto di loro vi era una striscia di sabbia, e in lontananza vi erano diverse imbarcazioni che solcavano silenziosamente le acque della baia. Sulla sabbia vi erano delle persone con indosso dei costumi molto ridotti sdraiate nei pressi dell’acqua, o addirittura dentro l’acqua stessa. — Che cosa stanno facendo quelle persone laggiù? — domandò.
Marguery si protese sulla ringhiera per guardare da basso. — Ah, stanno facendo il bagno — rispose. — Vorresti provarci anche tu?
— Io? — Le rivolse uno sguardo dubbioso, quindi tornò a guardare la gente sulla spiaggia. — Non so se ne sono capace — confessò. — Non l’ho mai fatto prima d’ora.
— Non c’è nulla di più facile — lo rassicurò Marguery. — Immagino che tu non abbia un costume da bagno, ma non credo che faticheremo molto a trovarne uno.
— Non adesso però — disse Sandy, temporeggiando. Abbassò nuovamente lo sguardo verso la piacevole scena della spiaggia e il panorama della vecchia città. — Magari dopo pranzo — disse. — Adesso ho qualcosa da fare in hotel, quindi forse faremo meglio a tornare.
— Va bene — disse Marguery. Tuttavia, proprio mentre si accingevano ad allontanarsi vennero fermati da una donna con indosso un ampio cappello, occhiali da sole e pantaloncini corti che porse a Sandy un blocchetto e una penna.
— Voglia scusarmi — disse la donna. — Ma lei è l’uomo dell’astronave aliena, vero? Posso avere il suo autografo?
Quando Sandy tornò alla suite, era ormai troppo tardi per parlare con ChinTekki-tho. La radio nella stanza di Polly era spenta, e il tavolo era disseminato dai resti del suo pasto. In quanto a Polly, stava russando rumorosamente, completamente immersa nel suo periodo di intontimento.
— Oh, cacca — disse Sandy ad alta voce. Poi però la sua attenzione si focalizzò sui resti lasciati da Polly sul tavolo. Dopo tutti quegli esotici cibi terrestri, l’odore di quel cibo risultava per lui decisamente stuzzicante e familiare. Prese un piatto d’argento sul quale era stato sistemato un vaso di fiori, si scelse il meglio fra quanto era rimasto del pasto di Polly e si recò in camera sua per mangiare.
Quando ebbe finito, si avvicinò alla finestra e guardò fuori per un certo tempo. Dopo un po’ emise un profondo sospiro e si sedette per scrivere una nuova poesia.
Questa, decise, sarebbe stata una vera poesia umana. Non si sentiva ancora abbastanza sicuro di sé per farla in rima, ma perlomeno l’avrebbe fatta in stile umano, e cioè senza dare alle parole nessun tipo di forma grafica particolare. Quando Polly entrò nella sua stanza con aria assonnata per lamentarsi del fatto che avesse perso l’appuntamento con ChinTekki-tho, Sandy stava nuovamente sorridendo.
Polly invece no. — Sei arrivato in ritardo e non in tempo — lo accusò parlando in hakh’hli.
Per niente pentito, Sandy contrattaccò immediatamente. — Gli hai chiesto per quale motivo non ci ricordiamo di aver visitato Alfa Centauri?
— E perché mai avrei dovuto fare una cosa del genere? Se volevi saperlo, avresti dovuto trovarti qui al momento giusto per chiederglielo di persona.
— Ma gliel’hai chiesto o no?
— Certo che gliel’ho chiesto — disse Polly con tono trionfante. — E lui mi ha fornito una risposta. Ha detto: “Queste cose verranno discusse quando i Grandi Anziani decideranno che è il caso di discuterne e non prima di allora”.
Quando Sandy scese da basso in seguito a una telefonata di Marguery, trovò “la gente che voleva parlare con lui” radunata nella sala da ballo dell’albergo. — Sono proprio tanti — disse con tono niente affatto entusiasta scrutando attraverso la porta del salone. Vi erano circa un centinaio di persone sedute che chiacchieravano fra loro.
— È ciò che noi chiamiamo una “conferenza stampa” — gli spiegò Marguery. — Questa gente vuole solo conoscerti meglio, tutto qui. In fondo, sei una celebrità ormai.
— Davvero? — domandò Sandy con tono compiaciuto.
— Certo che lo sei. Non te ne sei ancora accorto? Altrimenti perché ti fermerebbero per strada per chiederti l’autografo?
Detto questo, Sandy si lasciò trascinare nel salone senza ulteriori proteste. Non appena si sistemò dietro al leggìo sopraelevato, si accesero una serie di faretti e telecamere. Marguery Darp pronunciò alcune brevi frasi di introduzione, quindi iniziarono le domande. Che cosa ne pensava di Hudson City? Aveva apprezzato il pomeriggio alla “spiaggia”? Che cosa avrebbe detto la hakh’hli, Ippolita, agli astronomi terrestri? Sarebbero scesi altri hakh’hli dalla grande nave? Quando? E quanti, esattamente?
In verità, alla maggior parte di queste domande Sandy non poteva che rispondere con un “Non lo so”, ma per il resto tentò di fare del suo meglio, consapevole del fatto che Marguery Darp si trovava seduta in silenzio alle sue spalle. Alcune delle domande però erano veramente difficili per lui, tanto da metterlo in imbarazzo. — Dove ha intenzione di vivere? — domandò per esempio un giornalista. Sandy si girò verso Marguery in cerca di aiuto, ma non ne ricevette alcuno. — Voglio dire — insistette il giornalista — ha forse intenzione di rimanere qui a Hudson City? O meglio, ha intenzione di rimanere sulla Terra, o tornerà con la nave quando gli hakh’hli decideranno di ripartire? — Si trattava di una domanda realmente difficile. Fino a quel momento, Sandy non aveva mai preso realmente in considerazione il fatto che la nave hakh’hli potesse effettivamente ripartire per recarsi in qualche altro sistema solare. Il solo fatto di pensarci gli fece aggrottare visibilmente le sopracciglia. Poi però venne una domanda ancora più difficile, soprattutto perché non se l’era assolutamente aspettata. — Se rimane sulla Terra, che cosa farà?
Sandy sbatté le palpebre davanti alle forti luci. — Che cosa farò? — domandò a sua volta con un tono incerto.
— Voglio dire, che tipo di lavoro le piacerebbe fare? — insistette la donna che aveva posto la domanda.
Sandy ci pensò sopra. In effetti, non aveva mai riflettuto sull’eventualità di “trovare lavoro” sulla Terra. Quali lavori terrestri poteva essere in grado di intraprendere? — Potrei pilotare moduli di atterraggio hakh’hli — disse infine.
La risposta venne accolta da una risata sommessa ma generale. — Ma qui non abbiamo moduli di atterraggio hakh’hli — osservò la giornalista. Fortunatamente, a quel punto intervenne Marguery Darp.
— Il signor Washington possiede molte abilità — spiegò ai giornalisti — ma dovete dargli il tempo per decidere in che modo ha intenzione di farne uso. In ogni caso, ritengo che almeno per il momento abbiamo abusato fin troppo della sua cortesia. Fra l’altro, ho promesso di portarlo a nuotare oggi pomeriggio!
Quando si trovarono nella piccola vettura di Marguery, Sandy tentò di spiegarle il motivo per il quale aveva trovato tanto difficile rispondere a quell’ultima domanda. — Io non sono abituato a prendere decisioni del genere, Marguery. Gli hakh’hli non decidono mai dove vivere o che lavoro fare, perché ci sono i Grandi Anziani che decidono per loro.
Marguery tentò di rassicurarlo appoggiandogli una mano sul braccio. — Qui sulla Terra facciamo le cose in maniera un po’ diversa — disse. A quel punto parcheggiò la macchina e si voltò nella sua direzione. — Ma tu rimarrai qui con noi, non è vero?
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