Frederik Pohl - Il lungo ritorno

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Il lungo ritorno: краткое содержание, описание и аннотация

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Sono gli Hakh’hli. Sono alieni. Si nutrono di carne umana. Il lungo viaggio nello spazio era alla fine. Sandy, l’umano cresciuto su un’astronave degli extraterrestri Hakh’hli, era pronto al ritorno sulla Terra. Gli alieni erano animati dalle migliori intenzioni.. Solo la scienza Hakh’hli poteva risolvere il problema di trasformare i pianeti. I terrestri avevano bisogno di quel contatto. Ma c’era da fidarsi?

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— Non in uscita, certo — concordò Marguery. — Ma il riflesso di quelle stesse emissioni ci forniva un’ottima immagine della nave. In seguito siamo riusciti a ottenere anche un’immagine ottica, almeno nel campo infrarosso… la vostra nave ha accumulato tanto di quel calore passando accanto al Sole che risaltava come una lampadina accesa. Sandy, le vedi quelle protuberanze sulla fiancata della nave? A che cosa credi che servano?

Sandy scrutò lo schermo con attenzione. — Intendi quei cinque bozzi uno in fila all’altro? Sono moduli di atterraggio. La grande nave hakh’hli ha metà di dodici navette, e infatti si può notare un vuoto nel punto in cui era alloggiata la nostra. — Si voltò improvvisamente verso Marguery. — Ci avete guardati anche mentre arrivavamo?

— Certo che vi abbiamo guardati. Non avreste forse fatto lo stesso anche voi? — domandò con pazienza. — Vi abbiamo tenuti d’occhio costantemente, e ci siamo anche sintonizzati su tutte le frequenze possibili per cercare di captare qualche vostro segnale di riconoscimento. Ma voi non ci avete mandato alcun tipo di segnale.

— Be’ — disse Sandy con tono di scusa — i Grandi Anziani non sapevano bene con che tipo di persone avrebbero avuto a che fare…

Marguery scrollò le spalle. — Be’, nemmeno noi eravamo sicuri del tipo di persone con cui avremmo avuto a che fare, e così abbiamo seguito la rotta della navetta fin dal momento in cui si è staccata dalla nave madre, calcolando con esattezza il punto in cui sarebbe atterrata. Non c’era assolutamente bisogno che tu vagassi da solo sotto la pioggia, Sandy. Se tu fossi semplicemente rimasto dov’eri, saremmo venuti a prendervi non appena finiva il temporale.

— E perché non ce l’avete detto?

— Be’, te lo sto dicendo adesso. — Poi, controvoglia, aggiunse: — A dir la verità non avevo il permesso di dirtelo, prima. L’autorizzazione a divulgare certe notizie mi è stata appena concessa.

— Capisco — disse Sandy con tono amareggiato. — Ora ti hanno concesso il permesso di condividere con me alcune verità. Ma non tutte, immagino. — Marguery si astenne dal commentare, limitandosi a una smorfia. — Adesso — continuò Sandy — oltre a permetterti di essere la mia carceriera, ti hanno anche dato il permesso di concedermi qualche piccola briciola di informazione, per vedere che cosa ne facevo?

— Non sono affatto la tua carceriera, Sandy!

— E allora come definiresti la tua funzione nei miei confronti?

— Il termine adatto — disse con tono compunto — è “accompagnatrice”.

— Ma tu sei un poliziotto. Una poliziotta, cioè.

— L’InterSec non è la polizia. Non esattamente, almeno. Oh, al diavolo — sbottò esasperata — che cosa ti aspettavi? Era solo una forma di precauzione. Naturalmente, dovevamo essere ben sicuri del tipo di faccenda in cui ci stavamo imbarcando, e così abbiamo… — Si fermò a metà frase per fissare il soffitto, poi continuò con decisione. — Vi abbiamo tenuto d’occhio. Allo stesso modo in cui voi avete tenuto d’occhio noi. — Cambiò improvvisamente argomento. — Vuoi ancora caffè?

— Se è questo che la mia “accompagnatrice” desidera che io faccia… — ribatté Sandy amareggiato. — E che altro desidera che faccia per soddisfare le sue naturali preoccupazioni?

Marguery gli rivolse uno sguardo che Sandy non fu in grado di interpretare. — Questo dipende da te — disse.

— Oh, ma sono sicuro che avrai istruzioni ben precise al riguardo — insistette Sandy.

Marguery fissò il vuoto per un istante, poi emise un sospiro e rivolse lo sguardo verso il suo orologio. — Fra poco inizierà il discorso di Polly — disse.

— Allora dobbiamo recarci senz’altro sul posto, non è vero? Affinché tu possa portare a termine gli ordini che ti sono stati impartiti?

Marguery si astenne dal rispondere. Sandy si girò e fece per andarsene, ma lei lo fermò appoggiandogli una mano sul braccio. Prima di parlare, si guardò rapidamente attorno per vedere se vi fosse qualcuno in ascolto. — Sandy — disse, quasi sottovoce. — Hai detto che ti sarebbe piaciuto andare a visitare la vecchia New York. Se lo desideri ancora, penso che potremmo andarci oggi pomeriggio.

Il tono di Marguery era piuttosto strano, ma Sandy non si lasciò commuovere. — Certo — rispose con tono acido. — Farò esattamente ciò che mi dirai. Dopotutto, non è che abbia molte alternative.

Polly era in ritardo. Erano tutti seduti da un pezzo nella sala quando fece finalmente il suo ingresso, sbatacchiando le possenti zampe sul pavimento del corridoio centrale con i suoi lunghi passi saltellanti da hakh’hli. Hamilton Boyle la seguiva, evidentemente affaticato dall’andatura. Quando quest’ultimo si diresse verso gli scalini al lato del palco invitando l’aliena a seguirlo, Polly gli rivolse uno sguardo sdegnato. Senza alcuno sforzo, saltò direttamente sul palco con un agile balzo. Quando Boyle giunse nuovamente al suo fianco, Polly si era già accomodata dietro al leggìo e stava passando in rassegna i suoi appunti.

Il pubblico si produsse in una risatina sommessa.

Una cosa del genere rientrava perfettamente nel carattere di Polly, pensò Sandy. Anzi, si corresse, rientrava perfettamente nel carattere degli hakh’hli. Polly alzò lo sguardo ed espresse la propria gratitudine per la risatina secernendo una piccola lacrima di soddisfazione. Seduto com’era in prima fila, circondato da esseri umani, Sandy la vide per la prima volta con occhi terrestri e si rese conto al di là di ogni dubbio che la sua compagna di coorte aveva un aspetto decisamente comico per loro.

Mentre Hamilton Boyle la presentava al pubblico, Polly si lisciò il pelo, pavoneggiandosi e facendo finta di niente. Dopo un po’, Boyle premette un pulsante che fece discendere un grande schermo bianco alle loro spalle e concluse il suo discorso: — …Quindi ora il nostro onorato ospite ci mostrerà alcuni dei dati astronomici acquisiti dal suo popolo nel corso del loro lungo viaggio.

Polly assunse un’aria irritata. — Devo proprio? — domandò a Boyle.

Boyle si produsse subito in un’espressione esterrefatta. — Ma credevo che tu fossi d’accordo — disse. — In fondo tu sei stata invitata qui proprio per questo motivo…

Polly contrasse il corpo in un gesto scocciato. — Oh, va bene — disse. — Vediamo di liberarci in fretta di questa parte. È questo il comando per le immagini? — Con fare impaziente, lasciò che Boyle le spiegasse come andava usato, dopodiché glielo strappò letteralmente dalle mani. — Va bene, ora spegnete le luci — ordinò. Allungò il collo per vedere lo schermo alle sue spalle e iniziò a far scattare un’immagine dopo l’altra in rapida successione prima ancora che le luci della sala fossero state spente. — Queste sono alcune stelle che si trovano nelle vostre vicinanze — disse, lasciando le immagini sullo schermo per non più di mezzo secondo ognuna.

— Questa prima serie riguarda la stella che voi chiamate Gamma Cefeo e i suoi due pianeti. Non è nulla di molto interessante; si tratta di ciò che voi chiamate “nane brune”, di nessuna utilità per chicchessia. Stavamo allontanandoci dal sistema di Gamma Cefeo per dirigerci verso ciò che voi chiamate Alfa Centauri quando abbiamo captato i vostri segnali radio e abbiamo deciso di passare da queste parti, circa 50 dei vostri anni fa. Queste immagini invece si riferiscono ad Alfa Centauri. Il sistema non possiede alcun pianeta pienamente formato di dimensioni degne di considerazione, ma solo una serie di oggetti simili a comete o asteroidi. Eccoli qui. Ma ora veniamo al vostro sistema solare… Perché mi interrompi, Boyle?

L’uomo dell’InterSec le aveva appoggiato una mano sul braccio. — Non credi che sarebbe il caso di procedere un po’ più lentamente? — le domandò con tono cortese.

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