DOMANDA : Vuoi dire che ti rifiuti di dare altre risposte fino a che la commissione non abbia deliberato? Capirai che la commissione non è autorizzata a prendere una decisione immediata.
RISPOSTA DI BERTON : Lo so.
Qui finiva il primo verbale. C’era un frammento del secondo, redatto undici giorni dopo.
IL PRESIDENTE :… prendendo tutto in considerazione, la commissione, composta di tre medici, tre biologi, un fisico, un ingegnere meccanico e il sostituto capo spedizione, è arrivata alla conclusione che i fatti accaduti a Berton sono il contenuto di un insieme di allucinazioni avvenute sotto l’influsso dell’avvelenamento causato dall’atmosfera del pianeta, con sindrome morbosa accompagnata da eccitazione delle zone associative della corteccia cerebrale, e in questi casi niente, o quasi niente, corrisponde più alla realtà.
BERTON : Mi scusi. Che cosa vuol dire «niente o quasi niente»? Cos’è «quasi niente»? Che senso ha?
IL PRESIDENTE : Non ho ancora finito. E’ stato messo a verbale un votum separatum del dottore in fisica Archibald Messenger, il quale dichiara che quanto riferito da Berton potrebbe obiettivamente accadere e che, a parer suo, meriterebbe attento esame. Questo è tutto.
BERTON : Ripeto la mia domanda di prima.
IL PRESIDENTE : La spiegazione è semplice. «Quasi niente» sta a indicare che certi fenomeni reali potevano favorire le tue allucinazioni, Berton. Una persona completamente normale può vedere durante una notte di vento, invece di un albero, una persona. Chissà che cosa può succedere, su un pianeta estraneo, quando il cervello dell’osservatore si trova sotto l’influsso del veleno. Non è colpa tua, Berton. Allora, qual è la tua decisione?
BERTON : Vorrei, come prima cosa, sapere quali sono le conseguenze di quel votum separatum del dottor Messenger.
IL PRESIDENTE : Praticamente nessuna. Ciò significa che le ricerche in questo campo non saranno fatte.
BERTON : Ciò che stiamo dicendo viene messo a verbale?
IL PRESIDENTE : Sì.
BERTON : Vorrei dichiarare che la commissione, secondo il mio parere, non ha danneggiato me (io non conto), ma il significato stesso della spedizione. Come ho detto prima, alle altre domande non risponderò.
IL PRESIDENTE : E’ tutto?
BERTON : Sì, ma vorrei parlare col dottor Messenger. E’ possibile?
IL PRESIDENTE : Naturalmente.
Con questo terminava il secondo verbale. In fondo alla pagina era annotato a piccoli caratteri che il dottor Messenger ebbe con Berton, il giorno dopo, una conversazione di circa tre ore, dopo la quale si rivolse al consiglio direttivo della spedizione chiedendo di ricominciare da capo le ricerche in base alle dichiarazioni del pilota. Affermava che erano emersi dei dati nuovi, forniti da Berton, ma che avrebbe potuto riferirli solo se il consiglio avesse preso una decisione positiva. Il consiglio, composto da Shannahan, Timolis e Trahier, diede parere negativo, e con ciò la questione fu chiusa. Il volume conteneva anche la fotocopia dell’ultima pagina di una lettera trovata fra i documenti di Messenger dopo la sua morte. Probabilmente era una minuta, ma Ravintzer non era riuscito a stabilire se queste note avessero avuto un seguito.
« … colossale ottusità .» Così cominciava il testo. « Per la preoccupazione di mantenere la sua autorità, la commissione, e più precisamente Shannahan e Timolis (poiché la voce di Trahier non conta), ha respinto le mie raccomandazioni.
Mi rivolgo adesso direttamente all’Istituto, ma capisco che è una protesta inutile. Avendo dato la mia parola, non posso riferirti ciò che mi aveva descritto Berton. La decisione del consiglio è stata motivata dal fatto che la testimonianza veniva da un uomo incolto, anche se qualsiasi studioso dovrebbe invidiare a questo pilota la lucidità di mente e la capacità di osservazione. Mandami, ti prego, per posta: 1) la biografia di Fechner, specialmente i particolari sulla sua infanzia;
2) tutto ciò che sai della sua famiglia e della sua situazione familiare; sembra che sia rimasto orfano da bambino; 3) la topografia del luogo dove è stato allevato.
« Vorrei dirti che cosa penso di tutto ciò. Dopo la partenza di Fechner e Carucci, nel centro del sole rosso si creò una macchia che, secondo i dati forniti dal satellite, bombardò con le sue radiazioni corpuscolari particolarmente l’emisfero sud, dove si trovava la base, neutralizzando le trasmissioni radio. Fechner e Carucci si erano allontanati più di tutti dalla base.
«Dall’arrivo sul pianeta, e fino a quel malaugurato giorno, non c’era mai stata una nebbia così fitta, né un silenzio radio così completo.
«Penso che la cosa vista da Berton facesse parte della
‘Operazione Uomo’ intrapresa da quel mostro appiccicoso.
In effetti la fonte di tutte le creazioni viste da Berton era Fechner, o meglio il suo cervello, sottoposto a una ‘dissezione psicologica’ per noi inconcepibile; riguardava una ricreazione o ricostruzione sperimentale, sulla scorta di alcune tracce (quelle sicuramente più durature) incise nella sua memoria.
«Lo so che possono sembrare fantasticherie; so anche che posso sbagliare. Ma ti prego di aiutarmi. Attualmente mi trovo sull’Alarico, e lì aspetterò la tua risposta.
Tuo A.»
Si era fatto così buio che riuscivo a malapena a leggere. Il libro era diventato grigio, ma la pagina vuota indicava che ero arrivato alla fine di quella testimonianza, alla quale, avendo vissuto quel che avevo vissuto, ero incline a prestare fede. Mi girai verso la finestra. L’orizzonte era immerso in un viola profondo, come se ci fossero le braci di un fuoco di carbone che si spegne. L’oceano coperto di tenebre era invisibile. Sentivo il leggero fruscio della carta attaccata ai ventilatori. L’aria riscaldata, con un leggero odore di ozono, era immobile. Un silenzio assoluto riempiva la stazione.
Pensai che nella nostra decisione di rimanere non c’era niente di eroico. Il periodo delle spedizioni coraggiose, delle lotte planetarie epiche, delle tremende morti, come per esempio quella di Fechner, era chiuso già da tempo. Non m’interessava più chi fossero gli ospiti di Snaut e Sartorius. Poi mi ritrovai a pensare: «Smetteremo di vergognarci e isolarci. Se non riusciremo a toglierci di dosso gli ‘ospiti’, ci abitueremo e vivremo con loro, e se il loro creatore ha voluto cambiare le regole del gioco, ci adatteremo a queste novità, anche se per un certo periodo di tempo saremo recalcitranti e ci ribelleremo, anche se qualcuno di noi cederà allo sconforto e si ucciderà. Alla fine riusciremo ad arrivare a un equilibrio».
La stanza si riempiva di un buio che assomigliava molto a quello terrestre. Solo le forme bianche del lavandino e dello specchio schiarivano l’oscurità. Mi alzai e, tentoni, ritrovai il batuffolo di cotone sul ripiano: mi detersi la faccia e mi sdraiai sul letto. In qualche posto sopra di me si sentiva un ronzio simile a quello di una falena, che aumentava e diminuiva.
Era il condizionatore. Non vedevo nemmeno la finestra, tutto era immerso nelle tenebre, solo un filo di luce, che non sapevo da dove giungesse, passava sopra di me, forse proveniva dalla parete, forse da lontano, forse dal fondo del deserto che si trovava dietro la finestra. Mi ricordai come mi aveva spaventato, il giorno prima, lo spazio di Solaris, e quasi sorrisi.
Non ne avevo più paura. Non avevo paura di niente. Mi avvicinai il polso agli occhi. Il quadrante dell’orologio brillò con tutte le cifre fosforescenti. Di lì a un’ora sarebbe cominciata l’alba del sole azzurro. Mi godevo il buio, respiravo profondamente, vuoto e libero da ogni pensiero.
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