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Carl Sagan: Contact

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Carl Sagan Contact

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Ellie è il direttore del «Progetto Argus,» nel quale i segnali provenienti dallo spazio e captati da radiotelescopi nel Nuovo Messico sono analizzati intensivamente per cercare l’intelligenza extraterrestre (SETI). Dopo un po’, il progetto scopre, effettivamente, la prima comunicazione confermata da esseri extraterrestri, una serie ripetitiva dei numeri primi sino al 261 (una sequenza di numeri primi è un primo messaggio comunemente previsto da intelligenza aliena, poiché la matematica è considerata «un linguaggio universale», ed è congetturato che le procedure che producono i numeri primi successivi sono sufficientemente complicate da richiedere intelligenza per effettuarli). Un’ulteriore analisi del messaggio rivela che due messaggi supplementari sono codificati all’interno di esso in forme differenti di modulazione del segnale. Il secondo messaggio è un abecedario, una specie di manuale d’istruzioni che insegna come leggere ulteriori comunicazioni. Il terzo è il messaggio vero e proprio, i progetti per una macchina che sembra essere un genere di veicolo altamente avanzato, destinata ad ospitare un equipaggio umano. Una sottotrama vede Ellie interagire con una coppia di predicatori cristiani, che dibatte in maniera informale l’esistenza di Dio. Applicando il metodo scientifico, dichiara che «non esiste una prova schiacciante che Dio esista… e non esiste una prova schiacciante che Dio non esista.» Infine, una macchina è costruita con successo ed attivata, e trasporta cinque passeggeri — compresa Ellie — attraverso i buchi neri in un luogo vicino al centro della Via Lattea, dove vengono a contatto con i mittenti del messaggio. Molte delle domande dei viaggiatori trovano risposta. Al ritorno, i passeggeri scoprono che la loro esperienza che soggettivamente per loro era durata molte ore, sulla Terra era durata solo circa venti minuti, e che tutta la loro registrazione video è stata cancellata, presumibilmente da un certo fenomeno nel veicolo. Rimangono pertanto privi di prove del loro racconto.

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Ma nello stesso tempo, aveva dovuto ammirare la potenza della radioastronomia. Gli astronomi se ne erano rimasti a casa, avevano puntato i loro radiotelescopi su Venere e misurato la temperatura della superficie pressapoco con la stessa accuratezza degli strumenti della sonda Venus a tredici anni di distanza. Ellie, da quanto poteva ricordare, era sempre rimasta affascinata dall’elettricità e dall’elettronica. Ma questa era la prima volta che era stata profondamente impressionata dalla radioastronomia. Si sta al sicuro sul proprio pianeta e si punta il telescopio collegato ad apparecchiature elettroniche. Allora, informazioni su altri mondi arrivano giù oscillando attraverso i canali autoalimentati. Si meravigliò al pensiero.

Ellie cominciò a visitare il modesto radiotelescopio dell’università che si trovava vicino ad Harvard, ricevendo alla fine un invito a collaborare alle osservazioni e all’analisi dei dati. Venne accettata come assistente estiva pagata dall’osservatorio radioastronomico nazionale di Green Bank nel West Virginia, e all’arrivo guardò estasiata il radiotelescopio originale di Grote Reber, costruito nel suo cortile a Wheaton nell’Illinois nel 1938 e che ora serviva a ricordare che cosa può realizzare un dilettante appassionato. Reber era stato capace di scoprire l’emissione radio dal centro della Galassia quando per caso nessuno nel vicinato stava facendo partire l’auto o la macchina per la diatermia in fondo alla strada non era in funzione. Il centro della Galassia era molto più potente, ma la macchina per la diatermia era molto più vicina.

L’atmosfera di paziente ricerca e le occasionali ricompense di una modesta scoperta le piacevano. Stavano tentando di misurare come crescesse il numero di remote radiosorgenti extragalattiche man mano che scrutavano più a fondo nello spazio. Cominciò a pensare a sistemi migliori per individuare deboli segnali radio; Entro il tempo stabilito, si laureò con la lode ad Harvard e proseguì gli studi per specializzarsi in radioastronomia all’altro capo del paese, al California Institute of Tecnology.

Per un anno fece tirocinio sotto la guida di David Drumlin. Questi era famoso per vivezza d’ingegno e per la sua allergia agli imbecilli, ma era in fondo uno di quegli uomini che si possono trovare all’apice di ogni carriera, tormentati dall’ansia continua che qualcuno, da qualche parte, possa dare prova di un’intelligenza superiore alla loro. Drumlin insegnò a Ellie un po’ della vera essenza della materia, specialmente i suoi supporti teorici. Sebbene corresse voce inspiegabilmente di un suo notevole ascendente esercitato sulle donne, Ellie lo trovò spesso scontroso e sempre dominato da un prepotente egotismo. Lei era troppo romantica, soleva dire lui. L’universo è rigorosamente ordinato secondo le proprie regole. Il concetto è di pensare come pensa l’universo, non di attribuire le nostre proiezioni romantiche (e i desideri da ragazza, una volta disse) all’universo. Ogni cosa non proibita dalle leggi di natura, l’assicurò — citando un collega che si trovava in fondo al corridoio —, è vincolante. Ma, proseguì, quasi ogni cosa è proibita. Lei lo guardava mentre teneva la lezione, cercando di leggere in quella strana combinazione di tratti personali. Vide un uomo in condizioni fisiche eccellenti: capelli divenuti grigi prematuramente, sorriso sardonico, occhiali da vista a mezzaluna posati quasi all’estremità del naso, cravatta a farfalla, mascella squadrata, leggero accento del Montana.

La sua idea di divertimento consisteva nell’invitare a cena gli studenti laureati e gli insegnanti più giovani (a differenza del suo patrigno che trovava piacevole circondarsi di studenti ma considerava una stravaganza trattenerli a cena). Drumlin esibiva un’estrema territorialità intellettuale, guidando la conversazione verso argomenti in cui egli era l’esperto riconosciuto e poi facendo piazza pulita in fretta delle opinioni contrarie. Dopo cena, spesso li costringeva ad assistere a una proiezione di diapositive che lo vedevano protagonista in vesti di subacqueo a Cozumel o a Tobago o alla Grande Barriera Corallina. Sorrideva spesso alla macchina fotografica e salutava con la mano, persino nelle immagini scattate sottacqua. Talvolta c’era una foto sottomarina della sua collega, la dottoressa Helga Bork. (La moglie di Drumlin trovava sempre da ridire su queste particolari diapositive, con il ragionevole pretesto che la maggior parte degli spettatori le avevano già viste in precedenti cene. In realtà, i presenti avevano già visto tutte le diapositive. Drumlin reagiva magnificando le virtù dell’atletica dottoressa Bork, e l’umiliazione di sua moglie cresceva.) Molti degli studenti tenevano duro coraggiosamente, andando alla ricerca di qualche novità che era loro sfuggita in passato tra i coralli cerebriformi e gli spinosi ricci di mare. Alcuni si dimenavano imbarazzati o si concentravano sulla crema di avocado. Un pomeriggio stimolante per i suoi studenti laureati consisteva nell’essere invitati, in due o tre, ad accompagnarlo in auto sull’orlo di una scogliera che gli piaceva molto, vicino a Pacific Palisades. Appeso disinvoltamente al suo deltaplano, egli si lanciava nel precipizio verso l’oceano che si stendeva tranquillo alcune centinaia di piedi sotto di lui. Il loro compito era di andar giù per la strada costiera e di ricuperarlo. Calava su di loro esultante. Altri furono invitati a unirsi a lui, ma pochi accettarono. Aveva, e ci provava piacere, il vantaggio della competizione. Era proprio una performance. Altri consideravano gli studenti laureati come risorse per il futuro, come i loro intellettuali tedofori per la generazione seguente. Drumlin, invece, secondo l’impressione che ne riportava Ellie, aveva una visione totalmente differente. Per lui gli studenti laureati erano dei pistoleri. Non si sapeva mai chi di loro potesse sfidarlo in un qualsiasi momento per l’ambito titolo di «Pistola più veloce del West». Dovevano essere tenuti al loro posto. Non le aveva mai fatto delle avances, ma prima o poi, ne era certa, ci avrebbe provato.

Durante il suo secondo anno al California Institute, Peter Valerian ritornò al campus dopo il suo anno sabbatico all’estero. Era un uomo gentile e senza attrattive; nessuno, lui stesso compreso, lo considerava particolarmente brillante. Eppure, aveva un serio curriculum di significativi riconoscimenti in radioastronomia perché, come spiegava quando era messo alle strette, «ci aveva dedicato tutto se stesso». C’era un aspetto un po’ sconveniente della sua carriera scientifica: era affascinato dalla possibilità di intelligenze extraterrestri. Ogni membro della facoltà, a quanto pareva, aveva diritto a una debolezza: Drumlin aveva il deltaplano e Valerian la vita su altri mondi. Altri avevano i bar con le cameriere in topless, o le piante carnivore, o la cosiddetta meditazione trascendentale. Valerian aveva speculato sull’intelligenza extraterrestre (ETI) più a lungo e più accanitamente — e in molti casi con maggior attenzione — di chiunque altro. Quando Ellie imparò a conoscerlo meglio, le sembrò che ETI gli conferisse un fascino, un’aura romantica che erano in drammatico contrasto con il grigiore della sua vita personale. Questo pensare a una intelligenza extraterrestre non era lavoro per lui, ma puro divertimento. La sua immaginazione spiccava il volo.

Ellie amava starlo ad ascoltare. Era come entrare nel Paese delle Meraviglie o nella Città di Smeraldo. In realtà era ancora meglio, perché alla fine di tutte le sue elucubrazioni c’era il pensiero che ciò forse poteva essere vero, poteva realmente accadere. Un giorno o l’altro, fantasticava lei, uno dei grandi radiotelescopi poteva ricevere in realtà e non solo con l’immaginazione un messaggio, ma in un certo modo era peggio, perché Valerian, al pari di Drumlin riguardo ad altri argomenti, sottolineava ripetutamente che la speculazione deve essere messa a confronto con una concreta realtà fisica. Era una sorta di setaccio che separava l’incomparabile speculazione di grande utilità da una massa di sciocchezze. Gli extraterrestri e la loro tecnologia dovevano conformarsi rigorosamente alle leggi di natura, cosa che eliminava con severità più di una prospettiva allettante. Ma ciò che emergeva dal setaccio, e sopravviveva alla sua scettica analisi fisica e astronomica, poteva persino essere vero. Non se ne poteva essere sicuri, naturalmente. C’erano certo delle possibilità che non erano state prese in considerazione, che persone più intelligenti avrebbero un giorno intuito.

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