In realtà, Paul non si interessava a quella scalata. La sua vocazione di poliziotto aveva altre basi, sempre legate al suo senso di colpa. Quindici anni dopo la spedizione al porto di Gennevilliers, egli era ancora ossessionato dal rimorso; il suo cammino era guidato dalla sola volontà di lavare la propria colpa, di ritrovare un’innocenza perduta.
Per dominare le sue angosce, aveva dovuto inventarsi delle tecniche personali, dei metodi di concentrazione segreti. Da quella disciplina aveva tratto la lezione necessaria per diventare un poliziotto inflessibile. Nell’«azienda» egli era odiato, temuto o ammirato, ma mai amato. Perché nessuno capiva che la sua intransigenza, la sua voglia di riuscire erano una ringhiera, un parapetto. Il solo modo di controllare i suoi demoni. Nessuno sapeva che nel cassetto della sua scrivania lui conservava ancora, a destra, un tagliacarte in rame…
Strinse le mani al volante e si concentrò sulla strada.
Come mai stava scavando in tutta quella merda? Forse era l’influenza di quel paesaggio intriso di pioggia? O perché era domenica, giorno di morte tra i vivi?
Da una parte e dall’altra dell’autostrada, non vedeva che i solchi nerastri dei campi. La stessa Enea dell’orizzonte assomigliava a un ultimo solco che si apriva sul nulla del cielo. Il quella regione non poteva avvenire alcunché, se non una lenta immersione nella disperazione.
Lanciò un’occhiata alla carta posata sul sedile del passeggero. Doveva lasciare l’autostrada Al per prendere la statale in direzione di Amiens. Poi avrebbe preso la dipartimentale 235, e dopo dieci chilometri sarebbe arrivato a destinazione.
Per cacciare le idee oscure, focalizzò i suoi pensieri sull’uomo verso il quale si stava dirigendo; sicuramente il solo poliziotto che non avrebbe mai voluto incontrare. Aveva fotocopiato integralmente il suo dossier all’Ispettorato generale dei servizi e avrebbe potuto recitare a memoria il suo curriculum vitae…
Jean-Louis Schiffer, nato nel 1943, a Aulnay-sous-Bois, nel dipartimento Seine-Saint-Denis. In assonanza con la prima o la seconda parte del suo cognome, soprannominato, secondo le circostanze, «il Cifra» o «il Fer». Il Cifra per la sua inclinazione a prelevare percentuali sugli affari che trattava; il Fer per la sua reputazione di sbirro implacabile — e anche per i suoi capelli argentati, che portava lunghi e serici.
Abbandonati gli studi, nel 1959, Schiffer è mobilitato in Algeria, nei monti Aurès. Nel 1960 raggiunge Algeri, dove entra nei servizi segreti, membro attivo dei DOP, i Distaccamenti operativi di protezione.
Nel 1963 ritorna in Francia con il grado di sergente. Entra allora in polizia. Dapprima come agente di quartiere, poi, nel 1966, come investigatore alla Brigata territoriale del sesto arrondissement. Si distingue subito per il suo senso innato della strada e per il gusto dell’infiltrazione. Nel maggio 1968 si getta nella mischia e si confonde con gli studenti. In quel periodo porta la coda di cavallo, fuma hashish e annota, con discrezione, i nomi dei capi politici. Durante gli scontri della rue Gay-Lussac salva persino un poliziotto antisommossa da una pioggia di blocchetti di porfido.
Primo atto di coraggio.
Prima menzione.
Le sue prodezze non si fermano. Reclutato nella Brigata criminale nel 1972, viene promosso ispettore e moltiplica i gesti eroici, senza temere né gli scontri a fuoco né le zuffe. Nel ’75 riceve una medaglia al valore. Tuttavia, nel 1977, dopo un breve passaggio alla Brigata di ricerca e intervento, la celebre «antigang», è brutalmente cambiato. Paul aveva scovato il rapporto dell’epoca, firmato dal commissario Broussard in persona. Il poliziotto aveva annotato sul margine, a penna: «ingestibile.»
Schiffer trova il suo vero territorio di caccia nel decimo arrondissement, alla Prima divisione di polizia giudiziaria. Rifiutando tutte le promozioni e gli spostamenti, per quasi vent’anni si impone come l’uomo del quartiere Ovest, facendo regnare l’ordine e la legge nel perimetro racchiuso tra i grandi boulevard, la Gare de l’Est e la Gare du Nord, coprendo una parte del Sentier, il quartiere turco e altre zone di forte immigrazione.
Durante quegli anni, egli controlla una rete di informatori, limita le attività illegali — gioco, prostituzione, droga — intrattiene rapporti ambigui, ma efficaci, con i capi di ciascuna comunità. Nello stesso tempo raggiunge un tasso record di successi nelle sue inchieste.
Secondo un’opinione consolidata presso le alte sfere, è a lui e solo a lui che si deve la calma relativa in quella parte del decimo arrondissement dal 1978 al 1998. Jean-Louis Schiffer beneficia persino, fatto eccezionale, di un prolungamento del servizio dal 1999 al 2001.
Nel mese d’aprile di quell’ultimo anno, il poliziotto va ufficialmente in pensione. Al suo attivo: cinque decorazioni, tra cui una al merito, duecentotrentanove arresti e quattro persone uccise in scontri a fuoco. A cinquantotto anni, non ha mai avuto altro grado che quello di semplice ispettore. Un uomo da strada, da campo, che ha regnato su un solo, unico territorio. Ecco il lato Fer.
Il lato Cifra inizia nel 1971, quando lo sbirro viene sorpreso a malmenare una prostituta di rue de la Michodière, nel quartiere della Madeleine. L’inchiesta dell’IGS, associata a quella della buoncostume, finisce in fretta. Nessuna lucciola vuole testimoniare contro l’uomo dai capelli d’argento. Nel 1979 si registra una nuova denuncia. Si mormora che Schiffer faccia pagare la sua protezione alle puttane della rue de Jérusalem e della rue Saint-Denis.
Nuova inchiesta, nuovo fallimento. Il Cifra sa guardarsi le spalle.
Gli affari seri cominciano nel 1982. Al commissariato Bonne-Nouvelle si volatilizza uno stock di eroina, frutto dello smantellamento di una rete di trafficanti turchi. Il nome di Schiffer è su tutte le bocche. La polizia lo mette sotto esame. Ma un anno più tardi ne esce pulito. Nessuna prova, nessun testimone.
Nel corso degli anni si sommano altri sospetti. Percentuali estorte nel giro del racket; commissioni prelevate sul gioco e le scommesse clandestine; intrallazzi coi negozianti del quartiere; sfruttamento della prostituzione… È evidente che lo sbirro mangia su tutto, ma nessuno riesce a metterlo in difficoltà. Schiffer controlla il proprio settore, e lo tiene stretto. Persino gli investigatori dell’IGS devono fare i conti con il mutismo dei suoi colleghi poliziotti.
Agli occhi di tutti, il Cifra è prima di tutto il Fer. Un eroe, un campione dell’ordine pubblico dallo stato di servizio prestigioso.
Tuttavia, nell’ottobre 2000, un’ultima sbavatura lo fa cadere. Il corpo di un clandestino turco, Gazil Hemet, viene scoperto sui binari della Gare du Nord. Il giorno prima, Hemet, sospettato di traffico di droga, è stato arrestato dallo stesso Schiffer. Accusato di «violenze volontarie», il poliziotto sostiene di aver liberato il sospetto prima che scadessero i termini della custodia cautelare, fatto decisamente insolito per lui.
Hemet è morto sotto i suoi colpi? L’autopsia non fornisce alcuna risposta chiara — il TGV delle 8 e 10 ha stritolato il cadavere. Ma una controperizia medico-legale chiama in causa delle «lesioni» misteriose sul corpo del turco, lesioni che potrebbero indicare atti di tortura. Questa volta sembrerebbe che per Schiffer debbano aprirsi le porte del carcere.
Invece, nell’aprile 2002, l’accusa rinuncia ancora una volta. Cos’è successo? Di quali appoggi può beneficiare Jean-Louis Schiffer? Paul aveva interrogato gli ufficiali dell’Ispettorato generale dei servizi incaricati dell’inchiesta. Non avevano voluto rispondere: erano semplicemente nauseati. Senza contare che, qualche settimana più tardi, Schiffer li aveva personalmente invitati a un «brindisi di commiato».
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