Jean-Christophe Grangé - L'impero dei lupi

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Anna Heymes, moglie di un alto funzionario parigino, dopo un intervento di chirurgia estetica soffre di crisi di amnesia e di terribili allucinazioni. Alla ricerca della sua identità e del suo vero volto, incontra Paul, il giovane commissario che sta indagando sull’atroce omicidio di tre ragazze turche impiegate in un laboratorio clandestino. Paul ha chiesto l’aiuto di un poliziotto in pensione dal passato turbolento, Jean-Louis Schiffer, creando così una coppia eccentrica ma tenacissima.
Inizia così una vera e propria discesa agli inferi: un viaggio nei labirinti della mente dei protagonisti, ma anche in un mondo popolato da feroci assassini e trafficanti di immigrati
, oltre che da bande terroriste che vanno dai guerriglieri no-global ai Lupi grigi turchi.

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I due studenti erano comunque dei militanti politici, dei baskan in grado di guidare dei gruppi locali, ma Kudseyi non voleva spingere troppo su quel fronte. Per le sue creature aveva progetti più ambiziosi, progetti che riguardavano direttamente il suo narco-impero. Anche perché voleva vederci chiaro in alcune faccende. Come ad esempio il comportamento di Azer, che mostrava tendenze assai pericolose. Nel 1986, mentre era ancora al liceo francese, aveva sfigurato un compagno nel corso di una rissa. Le gravi ferite che gli aveva inferto non erano il frutto di una rabbia incontrollata, ma al contrario denotavano una calma spaventosa. Kudseyi aveva dovuto impiegare tutta la sua influenza perché il ragazzo non venisse arrestato.

Due anni dopo, alla facoltà di scienze, era stato sorpreso mentre faceva a pezzi dei topi ancora vivi. Inoltre, alcune studentesse lo avevano denunciato per oscenità verbali. E qualche tempo dopo, quelle stesse studentesse, nello spogliatoio della piscina, avevano trovato cadaveri di gatti sventrati e arrotolati nei loro indumenti intimi.

Kudseyi era affascinato dalle pulsioni criminali di Azer e già pensava a come sfruttarle. Ma ancora ignorava quale fosse la loro vera natura. Fu un banale episodio a chiarirgliela. Mentre studiava a Monaco, Akarsa era stato ricoverato per una crisi di diabete. I medici tedeschi avevano proposto una terapia originale: sedute in una camera iperbarica per favorire la distribuzione dell’ossigeno nel suo organismo.

Nel corso di queste sedute, Azer era stato colto dall’«ebbrezza della profondità» e si era messo a delirare: aveva urlato la sua voglia di uccidere le donne, «tutte le donne!» di torturarle, di sfigurarle fino a riprodurre le maschere antiche che gli parlavano nel sonno. Una volta tornato nella sua stanza, malgrado i sedativi, aveva continuato il suo delirio, incidendo sul muro vicino al letto, degli abbozzi di volti. Figure mutilate, col naso tagliato e le ossa frantumate, e intorno a esse aveva attaccato, con il suo stesso sperma, i capelli che si era strappato dal capo.

I medici tedeschi avevano avvertito la fondazione turca che pagava le spese mediche del giovane. Era arrivato Kudseyi in persona. Gli psichiatri gli avevano spiegato la situazione e gli avevano proposto di internarlo immediatamente. Kudseyi aveva annuito, ma poi, la settimana seguente, aveva fatto tornare Azer in Turchia. Era certo di poter controllare e sfruttare la follia del suo protetto.

Sema Hunsen poneva invece problemi d’altro tipo. Solitaria, riservata, ostinata, cercava in continuazione di uscire dal ruolo che la fondazione aveva predisposto per lei. Una volta l’avevano arrestata alla frontiera bulgara. Un’altra volta all’aeroporto Atatürk di Istanbul. La sua indipendenza, la sua voglia di libertà erano diventate patologiche: un’idea di fuga ossessiva e violenta. Anche nel suo caso, Kudseyi aveva pensato di convenire il difetto in vantaggio. Ne avrebbe fatto una nomade, una trafficante d’élite.

A metà degli anni Novanta, Azer Akarsa, brillante uomo d’affari, era diventato un Lupo, nel senso occulto del termine. Attraverso i suoi luogotenenti, Kudseyi gli aveva affidato numerose missioni di intimidazione e di scorta e lui le aveva portate a termine brillantemente. Sapeva che avrebbe valicato senza timore la linea sacra, quella dell’omicidio. Akarsa amava il sangue. Troppo, a dire il vero.

C’era poi un altro problema. Akarsa aveva fondato un proprio gruppo politico, un gruppo di dissidenti le cui posizioni erano molto più radicali e violente di quelle del partito ufficiale. Azer e i suoi compagni non facevano mistero del loro disprezzo per i vecchi Lupi grigi che si erano comprati una parvenza di rispettabilità e ancor più per i nazionalisti mafiosi come Kudseyi. Il vecchio sentiva crescere in sé l’amarezza: suo figlio era diventato un mostro. Sempre meno controllabile…

Per consolarsi, si era volto verso Sema Hunsen. Ma «volto» non era il termine giusto, perché lui non l’aveva mai vista e, da quando si era laureata, lei era, per così dire, scomparsa. Sapendosi in debito con l’organizzazione, Sema aveva accettato le missioni di trasporto, ma aveva imposto che tra lei e i suoi mandanti ci fosse sempre una netta separazione.

A Kudseyi tutto ciò non piaceva. Tuttavia, la droga era sempre arrivata a destinazione. Per quanto tempo quel contratto avrebbe funzionato? Comunque fosse andata a finire, la misteriosa personalità di Sema lo affascinava più che mai, non cessava di seguire la sua scia, di godere dei suoi successi…

Ben presto, Sema divenne per i Lupi grigi una leggenda. Sembrava diluirsi, letteralmente, in un labirinto di frontiere e di lingue. Su di lei circolavano molte voci. Alcuni pretendevano di averla vista in Afghanistan, ma portava il velo. Altri dicevano di averle parlato in un laboratorio clandestino, alla frontiera con la Siria, ma non si era tolta la mascherina chirurgica. Altri ancora giuravano di aver trattato con lei sulle coste del Mar Nero, ma nel buio di un locale notturno, lacerato solo dai lampi delle luci stroboscopiche.

Kudseyi sapeva che mentivano tutti: nessuno aveva mai visto Sema. O quanto meno la Sema delle origini. Era diventata una creatura astratta, che cambiava identità, stile e tecniche a seconda dell’obiettivo. Un essere mobile che possedeva una sola materialità, quella della droga che trasportava.

Sema non lo sapeva, ma in realtà lei non era mai stata sola. Al suo fianco c’era sempre stato il vecchio. Tutti i carichi che aveva trasportato erano di Kudseyi e a ogni carico i suoi uomini la sorvegliavano a distanza. Ismaïl Kudseyi era dentro di lei.

A sua insaputa, lui l’aveva fatta sterilizzare quando era stata ricoverata per un’appendicite acuta. Legatura delle tube: una mutilazione irreversibile che però non cambia il ciclo ormonale. I medici avevano lavorato con piccoli strumenti ottici infilati nell’addome attraverso minuscoli fori: niente tracce, niente cicatrici…

Kudseyi non aveva avuto altra scelta. I suoi combattenti erano unici. Non dovevano riprodursi. Solo Kudseyi poteva creare, formare o uccidere i suoi soldati. Ciononostante, l’aver inferto quella mutilazione lo turbava profondamente, come se avesse infranto un tabù, come se si fosse avventurato in un territorio proibito. Spesso, nei suoi incubi, vedeva delle mani bianche che stringevano delle viscere. Confusamente, sentiva che la sua catastrofe sarebbe discesa da quel segreto organico…

Ora, Kudseyi aveva ammesso la propria sconfitta di fronte ai suoi due figli. Azer Akarsa era diventato un assassino psicopatico a capo di una cellula di terroristi che si credevano i soli eredi degli antichi turchi e che progettavano attentati contro lo Stato e contro i Lupi grigi che avevano tradito la causa. Chissà, forse sulla loro lista c’era lo stesso Kudseyi. Quanto a Sema, lei era più che mai una messaggera invisibile, paranoica e schizofrenica al tempo stesso, che aspettava solo l’occasione buona per scappare.

Aveva saputo solo creare due mostri.

Due lupi arrabbiati pronti a saltargli alla gola.

E tuttavia, aveva continuato ad affidargli missioni importanti, sperando che non tradissero un clan che accordava loro tanta fiducia. Soprattutto, sperava che il destino non fosse così crudele da infliggergli una tale punizione, proprio a lui che aveva investito tutto in quell’opera.

Ecco perché, la primavera precedente, quando aveva dovuto organizzare il trasporto che avrebbe sancito un’alleanza storica, aveva pensato a un solo nome: Sema.

Ecco perché, dopo che era avvenuto l’inevitabile e che la traditrice era sparita con la droga, aveva pensato a un solo assassino: Azer.

Non avendo mai avuto il coraggio di eliminarli, allora li aveva lanciati l’uno contro l’altra pregando che si annientassero a vicenda. Ma niente aveva funzionato come previsto. Sema restava irreperibile. Azer era riuscito solo a provocare una sequenza di massacri. Contro di lui c’era un mandato di cattura internazionale e il cartello criminale di Kudseyi lo aveva già condannato a morte: Azer era diventato troppo pericoloso.

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