«Se ha ritrovato la memoria, agirà come una donna turca. È il mio campo. Posso seguire la sua pista meglio di chiunque altro.»
Il commissario cambiò espressione. Schiffer insistette:
«È turca, Charlier. È selvaggina molto particolare. Hai bisogno di qualcuno che conosca quel mondo e che agisca in tutta discrezione.»
Riusciva a seguire il cammino che quell’idea stava facendo all’interno della mente del colosso. Si tirò indietro, come per aggiustare il tiro:
«I patti sono questi: tu mi lasci libertà d’azione per ventiquattr’ore. Se la becco te la consegno. Ma prima la interrogo.»
Ci fu un nuovo, profondo silenzio. Infine, Charlier aprì un cassetto e tirò fuori un fascio di documenti:
«Ecco il suo dossier. Adesso si chiama Anna Heymes e…»
Con un rapido gesto, Schiffer prese il faldone e lo aprì. Passò in rassegna i fogli dattiloscritti, i referti medici, poi il suo sguardo cadde sulla foto del bersaglio. Esattamente come l’aveva descritta Hirsch. Niente a che vedere con la rossa che gli assassini stavano cercando. Da quel punto di vista, Sema Gokalp non aveva più niente da temere.
Il guerriero dell’antiterrorismo continuò:
«Il neurologo che la stava trattando si chiama Eric Ackermann e…»
«Me ne fotto della sua nuova personalità e di quelli che gliel’hanno confezionata. Lei sta tornando verso le sue origini. È questo l’importante. Cosa sai tu di Sema Gokalp? Cosa sai della ragazza turca che lei era?»
Charlier si agitò sulla poltrona. Sul collo, proprio sopra il colletto della camicia, le vene gli pulsavano:
«Ma… niente! Era solo un’operaia colpita da amnesia e…»
«Hai conservato i suoi vestiti, i suoi documenti, i suoi effetti personali?»
Negò, con un gesto:
«È stato tutto distrutto. Almeno credo.»
«Verifica.»
«È solo roba da operai. Non c’è niente d’interessante per…»
«Alza quel cazzo di telefono e verifica!»
Charlier prese la cornetta. Fece due telefonate, poi grugnì:
«Non ci posso credere. Quei coglioni hanno dimenticato di distruggere i vestiti.»
«Dove sono?»
«Al deposito della Cité. Beauvanier aveva rifilato alla ragazza degli altri stracci. Quelli del commissariato Louis-Blanc hanno spedito quelli vecchi alla prefettura. Nessuno ha pensato di recuperarli. Eccola la mia brigata d’élite.»
«A che nome sono registrati?»
«Direi Sema Gokalp. Quando facciamo delle cazzate le facciamo fino in fondo.»
Prese un modulo in bianco e cominciò a riempirlo. L’«apriti sesamo» per la prefettura.
«Due predatori per una stessa preda», pensò Schiffer.
Il commissario firmò il foglio e lo fece scivolare sul tavolo:
«Ti do tempo tutta la notte. Al minimo imbroglio chiamo quelli dell’Ispettorato generale.»
Lui si mise in tasca il lasciapassare e si alzò:
«Siamo tutti e due sulla stessa barca: non puoi farla affondare.»
Era arrivato il momento di liberarsi definitivamente del ragazzo.
Jean-Louis Schiffer risalì rue du Faubourg-Saint-Honoré, prese avenue Matignon, poi scorse una cabina telefonica sulla rotonda degli Champs-Elysées. Il suo cellulare era ancora scarico.
Dopo un solo squillo, Paul Nerteaux urlò:
«Santo dio Schiffer, dov’è?»
La sua voce tremava per la rabbia.
«Sono nell’ottavo arrondissement. Nel quartiere degli alti papaveri.»
«È quasi mezzanotte. Che cosa ha combinato? Sono stato ad aspettare al caffè Sancak e…»
«È una storia pazzesca, ma ho parecchie novità.»
«È in una cabina? Ne trovo una anch’io e la richiamo: la mia batteria è morta.»
Schiffer riagganciò e si chiese se le forze di polizia non stavano per fallire l’arresto del secolo per mancanza di ricariche di ioni di litio. Socchiuse la porta della cabina: il suo stesso odore di menta lo stava facendo asfissiare.
La notte era tiepida, senza pioggia né vento. Osservò i passanti, le gallerie commerciali, gli edifici in pietra. Tutta una vita di lusso e di agiatezza che a lui era stata negata, ma che forse era di nuovo a portata di mano…
Il telefono della cabina squillò, lui non lasciò a Nerteaux il tempo di parlare:
«Come sei messo con le tue pattuglie?»
«Ho due furgoni e tre radiomobili», rispose con orgoglio. «Ci sono settanta poliziotti dell’anticrimine che battono il quartiere. Tutta la zona è stata dichiarata “criminogena”. Ho consegnato gli identikit a tutti i commissariati e i posti di polizia del decimo arrondissement. Abbiamo passato uno per uno tutti i centri per immigrati, tutti i bar e tutte le associazioni. Non c’è nessuno nella Piccola Turchia che non abbia visto il ritratto. Adesso sto andando alla polizia del secondo arrondissement e…»
«Lascia perdere tutto.»
«Cosa?»
«Non è più tempo di giocare ai soldatini. Non è la faccia giusta.»
«COSA?»
Schiffer inspirò profondamente:
«La donna che stiamo cercando ha subito un’operazione di chirurgia estetica. È per quello che i Lupi grigi non la trovano.»
«Ha… ha le prove?»
«Ho persino il suo nuovo volto. Tutto coincide. Si è pagata un’operazione da diverse centinaia di migliaia di franchi per cancellare la sua vecchia identità. Ha totalmente cambiato il suo aspetto fisico: si è fatta i capelli scuri e ha perso venti chili. Poi, sei mesi fa, si è nascosta nello stesso quartiere turco.»
Ci fu un silenzio. Quando Nerteaux riprese la parola, la sua voce aveva perso diversi decibel:
«Chi… chi è quella donna? Dove ha trovato i soldi per l’operazione?»
«Non ne ho idea», mentì. «Ma non è una semplice operaia.»
«Cos’altro sa?»
Schiffer rifletté qualche istante. Poi rivelò tutto. L’incursione dei Lupi grigi, la preda sbagliata. Sema Gokalp in stato di choc. Il suo fermo al commissariato Louis-Blanc, poi il ricovero al Sainte-Anne. Il rapimento da parte di Charlier e il suo programma demenziale.
Infine, la nuova identità della donna: Anna Heymes.
Quando tacque, Schiffer credette di sentire il cervello del giovane poliziotto che lavorava a pieno regime. Se lo immaginava nella cabina telefonica, perduto da qualche parte nel decimo arrondissement, totalmente rintronato. Come lui. Due pescatori di corallo sospesi in gabbie solitarie, in mezzo all’abisso…
Poi, con tono scettico, Paul chiese:
«Chi le ha raccontato tutto questo?»
«Charlier in persona.»
«Ha vuotato il sacco?»
«Siamo due vecchi amici.»
«Fesserie.»
«Vedo che cominci a capire in che mondo vivi. Nel 1995, dopo l’attentato alla stazione Saint-Michel, alla Divisione antiterrorismo, che allora si chiamava ancora Sesta divisione, avevano i nervi a fior di pelle. Una nuova legge permetteva di prolungare il fermo di polizia, anche senza motivo. Un vero bordello; io c’ero. Ci furono retate in tutti gli ambienti islamici, soprattutto nel decimo arrondissement. Una notte Charlier è arrivato al Louis-Blanc. Era convinto di avere un indiziato, uno che si chiamava Abdel Saraoui. Si è accanito su di lui, a mani nude. Io ero nell’ufficio a fianco. Il ragazzo è morto il giorno dopo all’ospedale Saint-Louis, con il fegato spappolato. Stasera gli ho ricordato quei bei momenti.»
«Siete tutti talmente marci che arrivate persino a essere coerenti.»
«E cosa cambia? L’importante è ottenere buoni risultati.»
«È che mi immaginavo la mia crociata in modo un po’ diversa, tutto qui.»
Schiffer aprì la porta della cabina e prese una nuova boccata d’aria.
«E adesso», chiese Paul, «dove si trova Sema?»
«Questa è la ciliegina sulla torta, ragazzo mio. Ha appena preso il largo. Ha abbandonato la loro bella compagnia proprio ieri mattina. Credo che abbia capito l’inghippo. E poi sta ritrovando la memoria.»
Читать дальше