Marco Buticchi - Le pietre della Luna

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Tre misteriose statuette d’oro risalenti alla Roma del I secolo d. C., un enigma archeologico che gli studiosi hanno inseguito per secoli tra indizi confusi, testimonianze remote, sparizioni e ritrovamenti. Ma perché, adesso, anche i servizi segreti delle grandi potenze sono così interessati a questa vicenda? E quali sono i fili nascosti che collegano il passato delle Pietre al loro presente? Un vertiginoso slalom di avventure tra l’antica Roma e i giorni nostri, tra galeoni spagnoli e navicelle spaziali, tra agenti del Mossad e affascinanti scrittrici.

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Sestilio aveva mantenuto un silenzio enigmatico, che ruppe tuttavia d’improvviso, mentre il terzetto stava per riguadagnare i cavalli, con una proposta singolare: «È ancora presto, mio generale; perché non ci fermiamo in qualche taverna a festeggiare l’evento?» Fatto davvero strano, per un uomo perennemente assorto nei calcoli della convenienza.

Marzio scosse la testa, senza lasciar intendere i suoi sentimenti. «No», rispose seccamente. «Avremo tempo e modo di festeggiare una volta concluso il trionfo.» E senza ulteriori commenti montò la sua cavalcatura.

«Be’», insistette il tribuno, «perché, allora, non conduciamo il tribuno Giunio alla tua dimora di città, in modo da potergli mostrare gli infiniti altri splendori dell’Urbe?»

Giunio non poté non stupirsi del repentino cambio di atteggiamento da parte di Sestilio, che fino a quel momento era parso profondamente annoiato dallo svolgersi degli eventi, forse infastidito dallo scarso interesse rivolto alla sua persona, e che adesso invece insisteva per continuare la visita di Roma. A beneficio del giovane collega d’armi, per di più. Ancora non guastato dalle tortuose logiche della capitale, Giunio non volle prestarvi attenzione più di tanto. Attribuì il cambiamento di modi di Sestilio alla soddisfazione di essere arrivato al cospetto dell’imperatore, per di più alla presenza di un gruppo di senatori.

«Va bene», concluse non meno seccamente Marzio. «Allungheremo un poco la strada e passeremo davanti all’antica dimora della mia famiglia per rientrare a Ostia lungo la via settentrionale.» E pungolò immediatamente il cavallo.

Oltrepassato il Tevere su uno dei tanti ponti monumentali che lo sovrastavano, Marzio indicò a Giunio, tra molte altre ville, la casa patrizia della sua famiglia. Non sostarono tuttavia che pochi istanti, dopo di che proseguirono verso il mare incuneandosi bravamente tra il traffico commerciale diretto al porto, che, nonostante la loro perizia di cavallerizzi, frenò non poco il loro passo.

Giunti in vista della villa con notevole ritardo sul previsto, la singolarità di un fatto li avvertì immediatamente che qualcosa non andava: sopra il muro di cinta non si vedeva alcuna sentinella. Li prese un gelido senso di preoccupazione. Il presentimento di una tragedia andò facendosi più concreto a mano a mano che, avvicinandosi, sempre più chiaro appariva che la casa era deserta. Anche negli orti non ferveva la solita animazione degli schiavi intenti alla cura delle coltivazioni.

La spiaggia davanti alla villa era preclusa al loro sguardo da un avvallamento. Senza dire una sola parola, Marzio spronò il cavallo, immediatamente imitato dagli altri due. Superato di slancio l’avvallamento, ai loro occhi si presentò uno spettacolo di desolazione. L’accampamento mostrava tutti i drammatici segni di un assalto. Gli uomini lasciati di guardia vagavano come disorientati, brandendo armi ormai inutili. Alcuni di essi indicavano una vela all’orizzonte.

Sulla spiaggia si vedevano tre carri. Le loro ruote, insabbiate, avevano evidentemente impedito agli assalitori di trafugarli. Dalle cinte di ferro che rinforzavano i cassoni appariva chiaro che erano parte dei carri del bottino. E gli altri?

Un ufficiale si fece loro incontro e, confuso e concitato, riferì l’accaduto. Poco dopo la loro partenza per Roma, una flottiglia di piccole imbarcazioni da pesca aveva cominciato a incrociare nel tratto di mare davanti alla casa. Sembravano pescatori intenti a una battuta, nessuno aveva prestato loro grande attenzione; nemmeno quando si erano accostati a riva per tirare le reti. Al di là di esse era apparsa una grossa nave, con la balconata sovrastata da un grande aplustro in forma di cigno, che aveva ammainato le vele a poca distanza dalla costa.

L’ufficiale era con il resto della guarnigione all’interno dell’accampamento e, come tutti gli altri uomini appostati sulla collina, si era reso conto che stava succedendo qualcosa di grave soltanto quando aveva scorto i carri aggiogati correre sulla sabbia. Si era precipitato armi in pugno verso il mare, ma troppo tardi. Abbandonati senza indugi sulla sabbia i carri insabbiati, i falsi pescatori avevano assicurato ciascuno degli altri a due barche da pesca disposte parallelamente ai loro lati.

Gli oltre duecento legionari non avevano potuto fare niente di più che rimanere lì a guardare le imbarcazioni che si allontanavano con larghissima parte del tesoro destinato all’imperatore, che era stato caricato sulla nave, pronta a prendere immediatamente il largo.

«Gli uomini nella villa… che sorte è toccata al corpo di guardia?» gridò Giunio, già presagendo la portata della tragedia.

L’ufficiale scosse la testa, sconsolato, e la smorfia del suo viso diede conferma ai più tristi presagi.

Quando raggiunsero la casa, attraverso il portale di bronzo spalancato, ai loro occhi si presentò un orribile spettacolo di morte e devastazione. Le tre sentinelle poste a guardia del muro perimetrale erano state trafitte da frecce precise, che le avevano falciate spietatamente senza lasciare loro alcuna possibilità di dare l’allarme.

Gli assalitori erano dunque penetrati nella cinta, infierendo sugli altri difensori, colti completamente alla sprovvista. Erano tra i migliori uomini scelti da Giunio: il fatto che giacessero riversi e orrendamente mutilati testimoniava la crudeltà ma soprattutto l’esperienza degli assalitori.

Giunio vide il suo generale inginocchiarsi accanto a un corpo coperto di sangue. Non si accorse subito che si trattava di una donna. La moglie del fattore. Poco più in là videro lo stesso fattore, trafitto da un giavellotto che, dopo averlo colpito e trapassato da parte a parte, si era conficcato profondamente in una porta di legno, inchiodandovelo ancora ritto. E adesso il fedele servitore sembrava guardarli con gli occhi sbarrati e una chiazza di sangue rappreso sul petto tutto attorno all’asta assassina.

Almeno cinquanta schiavi erano stati rinchiusi, sotto la minaccia delle armi, all’interno del magazzino del grano. Altrettanti giacevano a terra accanto ai corpi dei legionari. Nel giardino della casa non c’era più traccia del tesoro dei barbari.

I saccheggiatori non avevano limitato il loro scempio all’esterno della casa, ma avevano razziato tutte le stanze. Con un tuffo al cuore, Giunio si precipitò verso la cassapanca dove aveva riposto le stele d’oro della Luna, nella camera da letto che gli era stata assegnata. Quando vide che non erano più lì, la sua angoscia si fece infinita. Il loro singolare destino di scomparse e ritrovamenti sembrava volersi ripetere all’infinito.

Quella notte, adempiuto al triste compito di dare sepoltura ai morti, nessuno riuscì a prendere sonno. All’alba le ultime speranze di rientrare in possesso del bottino di guerra parvero cadere. Avevano subito mandato un plotone al porto, per far salpare due navi in caccia degli assalitori, ma un messaggero rientrò alla villa riferendo che, nonostante le ricerche, quella dei predatori, pur così riconoscibile, sembrava essersi dissolta nel nulla.

Le ricerche sarebbero comunque continuate per altri due giorni, ma le possibilità di individuare i fuggitivi nel mare erano ormai molto scarse.

Giunio non riusciva a darsi pace; gli sembrava impossibile che gli assalitori si fossero dileguati senza lasciare traccia. Il luogo migliore per iniziare le indagini non poteva che essere il porto di Ostia: avrebbe interrogato gli equipaggi di tutte le navi in arrivo, chiedendo se avessero incrociato un vascello con un grande cigno a poppa. Chiunque lo avesse avvistato non avrebbe mai potuto scordarselo.

Poco dopo già si stava aggirando tra le taverne affacciate sul molo principale, in cerca degli equipaggi in attesa di un ingaggio, ma soprattutto di quelli occupati a ritemprare con il vino le fatiche di un viaggio appena concluso.

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