Compose il numero telefonico che gli avrebbe consentito di raggiungere Yasuo Maru sull’aereo della Water Enterprise diretto in Cina.
Il rumore dei reattori General Electrics CF6 che equipaggiavano il Boeing 767-300 giungeva attutito all’interno del salone posto a ridosso della cabina di pilotaggio. I rimanenti cinquantacinque metri di lunghezza dell’aeromobile erano occupati da tre confortevoli camere da letto, dalla zona servizi e dagli alloggi per la scorta personale che accompagnava sempre il Signore delle Acque nei suoi viaggi.
Yasuo Maru non mostrò molta attenzione quando Taka gli comunicò la notizia.
«Una maitresse corre simili rischi professionali», si limitò a commentare il Signore delle Acque.
«C’è un altro particolare, Maru sama », proseguì l’effeminato segretario. «Il funzionario di polizia che ha effettuato l’arresto ha fatto insistenti domande sui rapporti tra lei e la signora Genji Enshigoju.»
«Come si chiama questo solerte funzionario?»
«Iku. Ispettore Iku del distretto 31 della polizia di Tokyo.»
«Chiama subito i nostri amici al ministero degli Interni e chiedi, in via riservata, se è possibile che a quell’infaticabile servitore del Sol Levante venga affidato un incarico di maggiore prestigio. Magari intercedi affinché gli venga concessa una bella promozione.»
Il mondo era pieno di persone curiose, disse tra sé Yasuo Maru non appena chiuse la comunicazione. Ma lui conosceva ogni metodo per placare quella curiosità.
Adesso aveva altro a cui pensare: entro breve l’aereo sarebbe atterrato a Shanghai e il generale Zhu Ling aveva ancora molte cose da comunicargli.
Mame-loshen guidò Oswald all’interno della casa. L’anziana donna non poteva nascondere la sua gioia e continuava a rivolgersi a Breil con toni affettuosi.
« Oy, oy, oy! Mio Oswald, quale sorpresa! Ezer, guarda chi è venuto a trovarci!» disse la donna rivolta al marito, intento nella lettura del giornale.
Ezer si alzò, un’espressione stupita dipinta in volto.
«Oswald… Oswald… Stavo proprio leggendo le sheqetz , le cose riprovevoli che hanno scritto sul tuo conto. Sono convinto che non ci sia nemmeno una parola di verità in quell’articolo. Nu? »
«Sì, è così, Ezer, nulla di vero. Ma chi ha architettato questa messinscena ha pianificato ogni cosa con assoluta perfezione. Non sarà facile smantellare il castello di menzogne che hanno edificato ai miei danni.»
«Certo, Oswald», insistette Ezer, «capisco che cosa vuoi dire, ma credo che il primo ministro abbia tali e tante frecce nella sua faretra con cui rispondere…»
«Scusa se ti interrompo, Ezer, ma non rivesto più la carica di primo ministro da alcune ore e credo che tra poco la notizia diventerà ufficiale. Sono un normale cittadino, e una delle cose che più mi preoccupa è che, in questo stesso momento, alcuni miei amici potrebbero correre seri pericoli di vita. Proprio di questo volevo parlarvi.»
«Lei conosce questa bambina?» chiese l’ispettore Iku gettando la foto sull’unico tavolo presente nella sala degli interrogatori.
L’istantanea era giunta dal Brasile poco prima e ritraeva Gabriela, la bambina comprata e uccisa da Yasuo Maru.
Madame Genji Enshigoju scosse il capo, mentre Iku continuava.
«Eppure, come sta scritto nel rapporto della polizia brasiliana, sua madre ha confessato di averla venduta circa un mese fa a una coppia giapponese. Abbiamo arrestato due suoi collaboratori questa mattina, madame Enshigoju. Le loro foto sono già state inviate alla polizia di Rio. Credo che tra non molto ci rimanderanno il risultato del riconoscimento da parte della madre della bimba. Si chiamava Gabriela e aveva tredici anni compiuti da due mesi.»
Bruno Milano stava seduto all’interno dell’ufficio di Iku, un box a vetri al secondo piano di un moderno edificio. L’agente del Mossad si alzò in piedi quando l’ispettore entrò nella stanza, appena concluso l’interrogatorio alla tenutaria.
«Genji Enshigoju è un osso duro, Milano san », disse Iku lasciando cadere alcuni fogli di carta su una scrivania ingombra. «Senza contare che tra meno di un’ora ho un incontro con il capo della polizia. Non vorrei che il nostro amico avesse già mosso le sue altolocate pedine.»
«Ritengo che questo sia l’unico modo che abbiamo per stanare Yasuo Maru. Dobbiamo solo sperare che lui commetta un passo falso.»
«Già, ma dobbiamo anche avere la forza per resistere ai suoi contrattacchi. E credo che, da domani, io potrei venire comandato a dirigere il traffico ai crocevia di Ginza Street.»
«Quando ha finito il suo colloquio, ispettore Iku, la prego di raggiungermi nel mio ufficio: credo di avere qualche cosa di molto interessante da mostrarle», tagliò corto Milano dirigendosi verso l’uscita.
Il comandante della polizia di Tokyo accolse l’ispettore Iku con un’aria inaspettatamente cordiale.
«Da quanto tempo è in servizio presso il distretto, ispettore?» domandò il superiore con un ammiccante sorriso.
«Da nove anni e sette mesi», rispose pronto Iku.
«Penso che i suoi meriti vadano valorizzati, a questo punto. Che ne dice di un trasferimento verso un posto di maggiore prestigio?»
«La sua proposta non può che rallegrarmi, ma le comunico che ogni mia decisione è subordinata alla conclusione di un’indagine che ho in corso.»
«Ma… ispettore Iku, qualsiasi sia l’importanza della sua indagine, non credo sia il caso di subordinarla a una promozione. Altri si potranno occupare di questa indagine.»
«Nessuno si potrà occupare di questa indagine, eccetto il sottoscritto, signore.»
«Ma sia ragionevole, ispettore», tentò ancora una volta di convincerlo il capo della polizia. «Quella che le viene offerta è un’opportunità unica.»
«Mi permetta, ma anche la pista che sto seguendo può offrire opportunità uniche e irripetibili, signore. Sono da troppo tempo in polizia per non riconoscere un caso di vitale importanza. La mia sensazione è che dietro questioni che riguardano la sicurezza di innumerevoli persone si muovano interessi cospicui e conoscenze altolocate, pronte a offrire premi e promozioni in cambio di silenzi e accondiscendenze. Certo, non sarà questo il nostro caso, signore, ma difficilmente accetterò la mia destinazione ad altro incarico senza oppormi nei modi che la legge mi concede. E questi modi vanno dalle denunce sugli organi di stampa al ricorso alle autorità competenti. In entrambi i casi si rende inevitabile lavare pubblicamente i panni sporchi che ci sono all’interno della polizia di Tokyo. Credo che questo non sia di interesse per nessuno, non è vero, signore?»
Iku non attese risposta e continuò: «Preferisco quindi restare un ispettore di polizia, senza ricevere promozioni e aumenti di stipendio, e continuare a seguire una pista che potrebbe anche condurmi a spiacevoli sorprese. Sono convinto che in gioco ci sia molto di più che la mia carriera: ci sono persone che non potranno più testimoniare in nessun tribunale se non in quelli divini, e altri la cui esistenza è in serio pericolo. Anzi, credo che sia l’avvenire dell’intero nostro paese a essere in grave pericolo. Per questo motivo mi permetto di richiedere la massima disponibilità da parte delle istituzioni. Di tutte le istituzioni, signore».
Iku salutò con un rispettoso inchino e abbandonò l’ufficio del capo della polizia di Tokyo.
Le vele del C’est Dommage strinsero il vento quanto più potevano, mentre il catamarano filava di bolina stretta verso lo Shimakaze. Giunto nelle immediate vicinanze della nave giapponese, Vittard ordinò ai suoi di lascare le scotte delle vele, assecondando a sua volta la manovra con abili tocchi alla ruota del timone di sopravento.
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