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Marco Buticchi: La nave d'oro

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  • Название:
    La nave d'oro
  • Автор:
  • Издательство:
    Longanesi
  • Жанр:
  • Год:
    2003
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    978-88-304-1850-9
  • Рейтинг книги:
    3 / 5
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La nave d'oro: краткое содержание, описание и аннотация

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Nel XIV secolo, in uno scenario che vede lo scontro fra Occidente cristiano e Oriente musulmano, Hito Humarawa, un ex samurai macchiato dal disonore e troppo amante della vita per darsi la morte, si ritrova al fianco di un mercante veneziano e gli viene affidato il compito di combattere un giovane eroe con un passato da nobile cristiano. Oggi l’anziano ammiraglio Grandi ha rinvenuto nel corso di un’immersione alcuni reperti che l’hanno indotto a pensare che proprio in quel punto fosse naufragata la nave d’oro di un imperatore romano. Forse quella scoperta è l’unica scintilla che può ridare un senso alla vita di Henry Vittard, un celebre navigatore transoceanico che da poco ha perduto la moglie.

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‹SONO CONVINTO CHE NEL CAVEAU TROVEREMO COSE INTERESSANTI, DOTTOR BREIL›, digitò Bruno Milano non appena l’ex premier fu in linea.

‹QUANTO TEMPO RITIENE SIA ANCORA NECESSARIO PER FORZARE LA PORTA DELLA CASSAFORTE, MAGGIORE?›

‹LA SQUADRA SPECIALE DELLA POLIZIA GIAPPONESE STA LAVORANDO SENZA SOSTA. CREDO CHE AL PIÙ TARDI DOMATTINA — ORA DI TOKYO — RIUSCIREMO A ENTRARE NELLA STANZA BLINDATA.›

‹IL SEGRETARIO DI MARU È STATO ARRESTATO?› chiese Oswald.

‹SÌ, DOTTOR BREIL. TAKA È STATO PORTATO VIA DAGLI AGENTI DIVERSE ORE FA. MA QUASI CERTAMENTE TRA NON MOLTO SARÀ DI NUOVO LIBERO: NON ESISTONO INDIZI A SUO CARICO.›

‹UN’ULTIMA RACCOMANDAZIONE, MAGGIORE. INVII IMMEDIATAMENTE QUALSIASI INFORMAZIONE RIGUARDANTE L’ELETTRONICA AL CAPITANO BERNSTEIN A TEL AVIV.›

‹SARÀ FATTO›, digitò Milano prima di chiudere la comunicazione.

La villa settecentesca dominava lo sperone di terra chiamato capo San Marco, che divide il golfo di Marinella da quello di Sciacca. L’aria limpida consentiva di distinguere all’orizzonte la sagoma dell’isola di Pantelleria, mentre il rosso del tramonto accendeva di colori il grigio inverno della campagna siciliana.

Sara Terracini abbandonò la presa sulla ringhiera in ferro battuto che delimitava il balcone. Gli occhi verdi di Henry Vittard erano investiti dalla luce proveniente dall’esterno.

«Soltanto poche ore fa non avrei creduto sarebbe stato ancora possibile godere di questo spettacolo. Mi sembra un sogno essere ancora viva.»

«Mi dispiace, Sara…» provò a dire Henry.

«Lo hai già detto molte volte, Henry. Non devi sentirti responsabile per quello che è successo. Chi ti ha seguito, che lo abbia fatto per amore, per stima o per curiosità, era perfettamente consapevole dei rischi a cui andava incontro. Quanto a me, oggi posso aggiungere un’altra bella avventura a lieto fine alle mie esperienze. La cosa che più mi dispiace è che ora forse perderò di vista persone come Grandi, Jalard e… te.» Sara sottolineò quell’ultima parola facendola precedere da una breve pausa. I loro occhi si incontrarono, e rimasero fissi gli uni dentro gli altri.

«Non appena Jalard starà meglio», disse Henry, «e avremo la sicurezza di essere fuori pericolo, verremo accompagnati alle nostre rispettive destinazioni. Così mi hanno assicurato gli uomini che ci hanno salvato. Hai forse idea di chi possano essere?»

«Oswald Breil può contare su un’innumerevole schiera di amici. Quasi equivalente a quella dei suoi nemici. Credo che, in questo caso, dopo le sue dimissioni da primo ministro, abbia deciso di ricorrere a ‘strade parallele’.»

«Vuoi forse dire che dobbiamo la vita alla mafia?»

«So che dobbiamo la vita a Oswald Breil. Non mi interessa quali debiti abbia contratto o il saldo di quali crediti lui abbia preteso», rispose Sara, ritrovandosi all’improvviso tra le braccia forti di Henry.

Le loro bocche si sfiorarono, un bacio delicato, a cui ne seguì un secondo. Il respiro di Sara si fece affannoso, la sua bocca si schiuse, lasciando che Henry la esplorasse. Le mani di lui si attardarono sulla schiena, poi sui fianchi e infine avvolsero il seno con forza e al tempo stesso con infinita delicatezza. I movimenti di Sara lo assecondarono mentre la spogliava. Non avevano bisogno di parlare per confessare l’uno all’altra la passione che provavano dal primo momento in cui si erano incontrati.

Sara si adagiò sul letto, ormai nuda. Le mani non sciolsero l’abbraccio, trascinando dolcemente il corpo dell’uomo assieme al suo, la bocca incollata a quella di Henry. Il respiro si trasformò in un gemito di piacere, quando sentì che si faceva strada dentro di lei. Sara sollevò il bacino per accoglierlo, il ritmo si fece più veloce.

Insieme, scossi simultaneamente dal fremito del piacere, si strinsero ancora più forte, cercando, se mai fosse stato possibile, di fondersi in un unico corpo. Rimasero allacciati per lungo tempo, senza parlare: ogni parola sarebbe stata superflua.

«Domani denunceremo alle autorità italiane la scoperta di una nave molto antica», disse alcuni minuti più tardi Sara, rientrando nella stanza dopo una doccia. «Faremo mettere a verbale che, dal contenuto di un’anfora rinvenuta in loco , si potrebbe azzardare che l’imbarcazione sia appartenuta a un imperatore romano. Questo dovrebbe riuscire a smuovere le autorità. Speriamo organizzino celermente una spedizione per recuperare la nave d’oro sepolta nei fondali sabbiosi di punta Marsala. La rivelazione della scoperta dovrebbe almeno calmare i bollenti spiriti del nostro persecutore. Sempre ammesso che tutto quello che è accaduto non sia riuscito a far desistere i nostri pericolosi avversari dall’intento di appropriarsi del relitto… Altrimenti… altrimenti dovrai comportarti ancora come un eroe dei fumetti. Sai che ho temuto che non ritornassi più, Henry?»

«Anch’io ho avuto paura di perderti dentro quella cabina allagata.» Vittard la baciò teneramente sulle labbra. «E poi preferisco gli eroi epici a quelli dei fumetti.»

Così dicendo, Vittard prese a recitare a memoria i primi versi dell’ Eneide scandendoli in metrica: « Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris Italiam fato profugus Laviniaque venit… Canto l’armi e l’eroe…»

Sara lo osservò con un’aria meravigliata. Non era certo quello sfoggio di cultura a destare il suo stupore.

«Gli accenti!» gridò Sara, colpita da una folgorazione. «… gli accenti nella poesia con cui si chiude il racconto di Lisicrate non sono disposti correttamente, secondo le regole della metrica. Devo chiedere a Toni di mandarmi la copia non tradotta degli ultimi versi. Credo che avremo delle sorprese se, come ci ha detto Lisicrate, questi contengono un’indicazione.»

EPILOGO

Nulla terra exilium est, sed peerumque altera patria.

Nessuna terra è un esilio, ma quasi sempre una nuova patria.

ANONIMO

Febbraio 2002

L’isola di Quemoy dista un chilometro e mezzo dalla gemella isola di Amoy. Soltanto cinque chilometri le separano dalla terraferma. La singolarità sta nel fatto che l’isola, quasi incuneata nel golfo di Xiamen, rappresenta l’avamposto di Taiwan, a un passo dallo sconfinato territorio della Cina comunista.

Quemoy è da tempo la spina nel fianco della superpotenza cinese e per la conquista di quel lembo di terra sono state combattute sanguinose battaglie. Nel corso della prima, verso il termine della guerra civile nel 1949, Chang Kai-shek riuscì a respingere l’armata rossa, preservando così Taiwan dall’avanzata nemica.

Durante la seconda battaglia, nel 1958, i cinesi di Pechino riuscirono a sbarcare e l’isola divenne teatro di sanguinosi corpo a corpo. Solo l’arrivo della flotta americana costrinse gli assalitori al ritiro.

Oggi l’isola di Quemoy conta circa trentamila abitanti, la maggior parte dei quali militari di Taiwan. Gli Stati Uniti, prima di abbandonare definitivamente l’isola negli anni 70, la dotarono di potenti sistemi difensivi e, ancora oggi, gli americani riforniscono di armamenti ad alta tecnologia quello che costituisce un avamposto invalicabile. Si dice che l’unico rilievo montuoso, posto quasi al centro dell’isola, sia solcato da un’infinità di cunicoli: vere e proprie autostrade sotterranee capaci di trasportare in ogni punto di Quemoy battaglioni di uomini armati, pronti a far fronte a qualsiasi attacco. La costante minaccia di un’invasione ha spinto il governo centrale a dotare l’isola di rifugi e ospedali sotterranei.

Sul versante opposto a quello che si affaccia sul golfo di Xiamen si trova l’ingresso di una base sotterranea per sommergibili della Repubblica Popolare Cinese. Un potente sistema radar segnala ogni movimento sospetto nelle acque circostanti. Le batterie di missili, perennemente puntate contro il nemico storico di Taiwan, rappresentano una reale minaccia anche per la Cina comunista.

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