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Andrea Camilleri: La prima indagine di Montalbano

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Andrea Camilleri La prima indagine di Montalbano

La prima indagine di Montalbano: краткое содержание, описание и аннотация

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Del commissario Salvo Montalbano credevamo ormai di sapere tutto: di conoscerne vita, morte e miracoli, i luoghi, i gusti, le compagnie… Ma il suo creatore, Camilleri, riserva ai suoi lettori ancora tante sorprese. Nei tre racconti di questo volume presenta un giovanissimo poliziotto, all’inizio della carriera, che intreccia una relazione non con la ben nota Livia, ma con una certa Mery; e il teatro delle sue indagini non è la solita Vigàta, ma uno sperduto paesino di montagna della Sicilia più segreta dal buffo nome di Mascalippa… Tra misteriose uccisioni di animali, ragazze troppo silenziose e troppo intriganti e il finto rapimento di una bambina, quello che risulta sempre familiare è l’incorruttibile carattere di Montalbano, con qualche intemperanza giovanile in più, ma già riconoscibile come uno dei più umani e amati protagonisti della narrativa italiana contemporanea.

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«Se le cose stanno come dici» ripigliò Mimì, «meno ancora capisco che viene a significare quando scrive che si sta contraendo. Ho sempre letto e sentito dire che Dio si manifesta nella sua grandezza, nella sua potenza, nella sua magnificenza, mai nella sua piccolezza. Contrarsi, sino a prova contraria, significa rimpiccolirsi.»

«Per noi ha questo significato» disse il commissario, «ma va’ a sapere quale significato ha per lui.»

«E poi si potrebbe dare un’altra interpretazione» ripigliò Mimì doppo una pausa meditativa.

«Dilla.»

«Può darsi che voglia scrivere “Ecco”, virgola, “Dio”, dopo di che piglia la pistola, si spara e buonanotte ai suonatori.»

«Ma come fa a fare la virgola?» obiettò timidamente Fazio.

«Fatti suoi» tagliò Augello.

«Mimì, tra tutte le stronzate che hai detto, l’altra volta una ne dicesti giusta. E cioè che ammazza in crescenza. Questo mi preoccupa. Un pesce, un pollo,

un cane, una capra, un asino. E ora a quale armalo tocca?»

«Beh» fece Mimì, «a un certo punto dovrà fermarsi per forza, dalle nostri parti non ci sono elefanti.»

Rise solo lui della battuta.

«Forse sarebbe meglio avvertire il Questore» disse Fazio.

«Forse sarebbe meglio avvertire la protezione animali» fece Mimì che, quando gli veniva lo sbromo, la gana di babbiare, non arrinisciva più a tenersi.

La matinata di lunedì 27 ottobriro s’appresentò veramente fitusa, vento, lampi e trona.

Montalbano, che aveva dormito malamente a causa di un eccesso di calamari e di purpitelli, una parte fritti e una parte a oglio e limone, decise di arristarsene corcato tanticchia più del solito. Gli era venuta una tale botta d’umore malo che se avesse incontrato qualichiduno che gli rivolgeva la parola, sarebbe stato capacissimo d’aggramparlo. Tanto, se c’erano novità, figurati se dal commissariato non si apprecipitavano a scassargli i cabasisi.

S’appinnicò senza rendersene conto e s’arrisbigliò verso le nove. Possibile? Vuoi vedere che aveva il telefono staccato? Andò a taliare, tutto regolare. Vuoi vedere che dal commissariato l’avevano chiamato e non aveva sintuto gli squilli?

«Pronto, Catarella, Montalbano sono.»

«Subito alla voci lo riconobbi, dottori.»

«Ci sono state telefonate?»

«Per lei di pirsona pirsonalmente, nonsi.»

«E per gli altri?»

«Quali sarebbiro gli altri, dottori, scusasse la dimanda?»

«Augello, Fazio, Galluzzo, Gallo…»

«Nonsi, dottori, per lori no.»

«E per chi allora?»

«Per mia ci ne fu una, dottori, ma prima ero bisognevole di sapìri se macari io sono gli altri opuro no.»

Appena arrivò in ufficio, Augello e Fazio trasirono nella cammara: erano perplessi, non c’era stata nessuna segnalazione di ammazzatine né di òmini né d’armali.

«Com’è possibile che ha saltato un lunedì?» fu la domanda di Fazio.

«Può darsi che sia stato impossibilitato a nesciri da casa, il tempo è stato tinto, macari non stava bene, gli è venuta la ’nfruenza, le ragioni possono essere tante» disse Mimì.

«O può essere che ha fatto quello che doveva fare, ma non se ne sono ancora addunati e quindi nessuno ci ha avvertito» fece Montalbano.

La matinata di quel lunedì Montalbano, Augello e Fazio la passarono praticamente a curriri dintra al centralino appena sintivano il primo squillo di telefonata, facendo ogni volta venire i sudori friddi a Catarella che non si accapacitava di tutto quell’interesse. Di ora in ora il nirbusismo dei tri crisciva tanto che, a scanso di qualiche feroce azzuffatina, il commissario decise di andare a casa a mangiare. A casa e non in trattoria perché il sabato passato aveva trovato un biglietto della cammarera Adelina:

Totori, alluniddì ci apripparo la pasta ncasciatta.

La pasta ’ncasciata! Un piatto che uno gemeva di godimento a ogni forchettata, ma che Adelina gli faceva trovare raramente dato che ci voleva il tempo so’ a pripararlo.

Visto che il vento si era abbacato, mangiò nella verandina in mezzo a lampi e trona. Ma, davanti a quella grazia di Dio che gustava non solo con il palato, ma con tutto il corpo, del malo tempo altamente se ne stracatafotteva. Poiché il signor ministro, bontà sua, permetteva al cosiddetto libero cittadino di fumare dintra alla so’ casa, raprì il televisore sintonizzandolo su Retelibera che a quell’ora trasmetteva il notiziario, si stinnicchiò in poltrona e si addrumò una sigaretta.

Aviva gli occhi a pampineddra, pinsò che forse una mezzorata di sonno gli avrebbe fatto bene. Si allungò in avanti per astutare il televisore, stese il braccio e si paralizzò col culo a mezz’aria.

Sullo schermo c’era un elefante morto, la telecamera fece una lenta panoramica lungo la testa della vestia, zumò su un enorme occhio sgarrato da un proiettile. Aumentò il volume.

«… assolutamente inspiegabile» fece fuori campo la voce di Nicolò Zito, giornalista amico so’. «Il Circo delle Meraviglie è arrivato a Fiacca sabato mattina e la sera stessa ha dato il suo primo spettacolo. Nella giornata di domenica, oltri alla matinée per i bambini, ha effettuato una rappresentazione pomeridiana e una serale. Tutto si è svolto regolarmente. Verso le ore tri di questa mattina, il signor Ademaro Ramirez, direttore del circo, è stato svegliato da un inconsueto barrire proveniente dalla gabbia degli elefanti che è vicina alla sua roulotte. Alzatosi e recatosi alla gabbia, immediatamente ha notato che uno dei tri elefanti stava disteso su un fianco e in una posizione anormale, mentri gli altri due animali apparivano assai agitati. In quel momento sopraggiungeva la domatrice, anche lei svegliata dai barriti, la quale faticava molto a calmare i due animali pericolosamente innervositi. Quando riusciva a entrare nella gabbia, la domatrice si rendeva conto che l’elefante rimasto a terra, di nome Alacek, era stato ucciso da un solo colpo di pistola sparatogli con estrema precisione e freddezza nell’occhio sinistro.»

Spuntò l’immagine della domatrice una bella fìmmina bionda che chiangiva dispirata. Ripigliò, sempre fuori campo, la voce del giornalista mentri venivano inquatrati altri armali del circo.

«Particolare inquietante: il Maresciallo dei Carabinieri Adragna, che conduce le indagini, ha rinvenuto, all’interno della gabbia, un pezzetto di carta quadrettata sul quale era stata scritta l’enigmatica frase: “Sto per terminare di contrarmi”. Le indagini sul misterioso episodio…»

Astutò il televisore. La prima cosa che fece fu di telefonare a Mimì Augello.

«Lo sai che macari dalle parti nostri ci stanno gli elefanti?»

«Ma cosa?…»

«Poi te lo spiego. Tra un’ora al massimo al commissariato.»

Quindi chiamò Fazio.

«È stato ammazzato un elefante.»

«Babbìa?»

«Non ho gana di babbiare. A Fiacca, apparteneva a un circo. è stato trovato il pizzino. Tu mi pare che sei amico del maresciallo Adragna.»

«Compare mio è.»

«Bene, fai un salto a Fiacca e se il tuo compare ha trovato il bossolo, fattelo prestare per una giornata. Ah, e dato che ci sei, vedi se ti dà macari il pizzino.»

Mentri in macchina si dirigeva al commissariato, pinsò che c’era qualichi cosa che non quatrava. Se la sua teoria era giusta, e lui sentiva che era giusta, all’ammazzatore d’armali abbisognava un nome che iniziava con la vocale i . Allora che ci trasiva il Circo delle Meraviglie ? E macari il nome dell’elefante principiava con la a. E allora?

La risposta l’ebbe quasi subito. Sulla facciata laterale di una delle prime case di Vigàta c’era un granni manifesto colorato. Con la coda dell’occhio gli parse di vedere il disegno di un clown. Fermò, scinnì, andò a taliare. Era la pubblicità del Circo delle Meraviglie e doveva trovarsi lì da qualche giorno perché era tanticchia strapazzata dal malottempo. Annunziava che il circo sarebbe stato a Vigàta il 20 ottobre. Troppo tardi per l’ammazzatore.

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