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Andrea Camilleri: La prima indagine di Montalbano

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Andrea Camilleri La prima indagine di Montalbano

La prima indagine di Montalbano: краткое содержание, описание и аннотация

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Del commissario Salvo Montalbano credevamo ormai di sapere tutto: di conoscerne vita, morte e miracoli, i luoghi, i gusti, le compagnie… Ma il suo creatore, Camilleri, riserva ai suoi lettori ancora tante sorprese. Nei tre racconti di questo volume presenta un giovanissimo poliziotto, all’inizio della carriera, che intreccia una relazione non con la ben nota Livia, ma con una certa Mery; e il teatro delle sue indagini non è la solita Vigàta, ma uno sperduto paesino di montagna della Sicilia più segreta dal buffo nome di Mascalippa… Tra misteriose uccisioni di animali, ragazze troppo silenziose e troppo intriganti e il finto rapimento di una bambina, quello che risulta sempre familiare è l’incorruttibile carattere di Montalbano, con qualche intemperanza giovanile in più, ma già riconoscibile come uno dei più umani e amati protagonisti della narrativa italiana contemporanea.

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«Signora! Signora!»

Nenti, nisciuna reazione. Allura scinnì la scala, andò al focolare, pigliò un bicchiere, lo inchì da un bummolo, risalì, assuppò d’acqua il fazzoletto, lo passò e lo ripassò sulla faccia della fìmmina continuando a chiamarla:

«Signora! Signora!»

Finalmenti, come piacì a Dio, quella raprì l’occhi e lo taliò.

«L’arristastivu?»

«A chi?»

«A me’ marito.»

«E perché?»

«Ma comu? Non ammazzò ad Armando?»

«No, signora.»

«Allura pirchì mi disse sì?»

«Ma io pinsavo che lei m’addumannava dello sceccu!»

«Quali sceccu?»

Mentri s’avventurava in una complessa spiegazione dell’equivoco, Fazio, dalla finestra, vitti arrivare a Galluzzo con De Dominici e Losurdo. Per evitare che I due si pigliassero a botte, Galluzzo li aviva ammanettati e li faciva caminare a cinco passi di distanza l’uno dall’altro. Lasciò perdiri la signora, che del resto pariva essersi ripresa benissimo, e raggiunse il trio.

Coll’aiuto dei due viddrani e di Galluzzo arriniscì a spostare la carcassa dell’asino. Sutta c’era un pizzi- no di carta a quadretti.

MI CONTRAGGO ANCORA

quattro

Fazio s’arramazzò in commissariato per riferire della nuova impresa dell’ammazzatore d’armali, ma non ebbero tempo di considerare bene la facenna e di ragionarci sopra tanticchia.

«Ah dottori dottori!» fece Catarella irrompendo nella cammara. «Chi fici? Si lo sdimenticò?»

«Che cosa?»

«La rininione col signori e questori! Ora ora tilifonarono da Montelusa ca l’aspittano!»

«Minchia!» fece Montalbano niscenno fora di cursa.

Subito doppo rimise la testa dintra:

«Parlatene intanto voi.»

«Grazie della gentile concessione» disse Mimì.

Fazio s’assittò.

«Se vogliamo parlarne…»

Lo disse di malavoglia, era cosa cògnita a tutti che non aviva granni simpatia per Augello.

«Bene» principiò Mimì, «il nostro anonimo nemico degli animali…»

Non arriniscì a finire la frase che nuovamenti comparse Catarella.

«C’è uno al tilefono che voli parlari col dottori. Datosi che il dottori è asente, lo passo a lei di pirsona?»

«Pirsonalmenti» disse Mimì.

«Parlo col commissario Montalbano?» spiò una voce sconosciuta e chiaramente annoiata.

«No, sono Augello, il suo vice. Mi dica.»

«Sono un vicino di casa del ragioniere Portera.»

«Embè?»

«Il ragionier Portera, in questo preciso momento, sta di bel nuovo nuovamente sparando a so’ moglie- re. Ora io mi domando e dico: quando la farete finire questa grannissima camurrìa?»

«Arrivo subito.»

La signora Romilda Fasulo in Portera era sissanti- na, nana, le gambe torte a cavaturacciolo, un occhio a Cristo e l’altro a san Giovanni, eppure so’ marito era convinto che fosse una gran billizza e che avesse una quantità di spasimanti ai quali, di tanto in tanto, concedeva i suoi favori.

E quindi, in media una volta ogni quinnici jorna, al termine di una rituale sciarriatina che veniva sintuta macari nelle strate vicine, il ragioniere scocciava il revorbaro che teneva sempre in sacchetta e sparava tri o quattro colpi verso la consorte mancandola regolarmente. La signora Romilda manco si scansava, continuava a fare i fatti so’ mentri i colpi rimbombavano limitandosi pacatamente a dire:

«Qualichi volta m’ammazzi supra u seriu, Giugiù.»

Montalbano una volta aveva provato a farlo ragionare, ma non c’era stato verso.

«Commissario, me’ mogliere è la reincarnazione pricisa ’ntifica di quella grannissima buttana di Messalina!»

«Ma signor Portera, ci rifletta. Se macari la sua signora è la reincarnazione di Messalina, mi spiega quando trova l’occasione, il tempo di metterle le corna? Mi risulta che non esce mai sola da casa, che lei non la molla di un passo, l’accompagna sempre, alla Messa, alla spesa… E inoltri lei stesso esce solo per cinque minuti, va ad accattare i giornali e torna. Allora, me lo dice quando e come s’incontra con i suoi amanti?»

«Eh, commissario mio, quanno che una fìmmina si mette in testa di fari una cosa, cridissi a mia, la fa.»

Stavolta invece Augello, che era nirbuso per lo sceccu ammazzato, non ebbe riguardi. Disarmò il ragioniere (al quale del resto non passava manco per l’anticamera del cervello d’opporre resistenza), sequestrò l’arma e pigliò la decisione di ammanettare lo sparatore alla testata del letto:

«Passo stasira a liberarla.»

«E se mi scappa? Il diuretico pigliai!»

«Preghi sua moglie d’aiutarla. E se la signora non l’aiuta, come io le consiglierei di fare, vuol dire che si piscia addosso.»

Bonetti-Alderighi, il questore, era di umore malo e non faciva nenti per ammucciarlo.

«Le premetto, Montalbano, che ieri ho tenuto una riunione sullo stesso argomento con i suoi colleghi degli altri commissariati. Ho preferito convocare lei da solo e dedicarle la mattinata.»

«Perché a me da solo?»

«Perché lei, non se la prenda, certe volte mi sembra abbia serie difficoltà a capire il nocciolo dei problemi che le espongo. Non credo lo faccia in malafede, però.»

Da tempo aveva sperimentato col questore che, fingendosi assolutamente incapace d’intendere e di volere, quello lo lasciava in pace, lo convocava solo quando non ne poteva fare a meno. Stavolta si trattava delle misure da pigliare in vista di nuovi sbarchi clandestini di extracomunitari. La parlata durò tri ore e passa, pirchì ogni tanto Montalbano si sentiva in dovere d’interrompere.

«Non ho capito bene. Se vuole usarmi la cortesia di ripetere…»

E quello gli usava la cortesia di ripigliare da capo.

Quando il questore, sconsolato, lo congedò, il commissario incontrò nel corridoio il dottor Lattes, il capo di Gabinetto, soprannominato “Lattes e mieles” per il suo modo di fare pericolosamente fàvuso. Lattes affirrò Montalbano per un braccio e se lo tirò sparte. Doppo si susì sulle punte dei piedi per sussurrargli all’orecchio:

«La sa la novità?»

«No» fece Montalbano usando macari lui un tono cospirativo.

«Ho saputo in alto loco che il nostro Questore, che tanto ha ben meritato, sarà presto trasferito. Lei parteciperebbe a un bel regalo d’addio, un pensiero affettuoso che io credo potrebbe consistere in…»

«… in tutto quello che vuole» fece il commissario lasciandolo in tridici e ripigliando a caminare.

Niscì dalla Questura cantando La donna è mobile , tanta era la contintizza per la notizia del prossimo trasferimento di Bonetti-Alderighi.

Festeggiò alla trattoria San Calogero con una gigantesca grigliata di pisci.

Poterono finalmenti tornare a riunirsi alle cinco di doppopranzo.

«Fino a questo momento quello ha scritto “Ecco d…”. Secondo me la frase intera sarà: “Ecco Dio”» disse subito Montalbano.

«Oh Madunnuzza santa!» esclamò Fazio.

«Perché ti squieti?»

«Dottore, a mia, quanno si cominciano a tirare in ballo motivazioni religiose, mi viene di scantarmi.»

«Cosa ti fa supporre che la frase sia quella?» spiò Augello.

«Prima di chiamarvi ho fatto un’indagine telefonica e ho avuto alcune informazioni dal Comune. Ci sono cinque persone e precisamente D’Antonio, De Filippo, Di Rosa, Di Somma e Di Stasio che sono proprietari d’asini. Due li tengono alla periferia del paisi. E invece il nostro omo se lo è andato a cercare allo sdirrupo, lo scecco da ammazzare. E perché? Perché il suo proprietario, De Dominici, ha un cognome che principia con due lettere d . Che equivalgono, volendo, a una D maiuscola.»

«Il ragionamento fila» ammise Augello.

«E se il mio ragionamento fila» disse il commissario, «la cosa s’appresenta làida e pricolosa assà. Con i fanatici religiosi è meglio non averci a che fare, come dice Fazio, quelli sono capaci della qualunque.»

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