«Sta dimenticando la prostituta, Eloisa Gómez», obiettò Falcón. «Se Lucena fosse l'assassino, sarebbe stato nell'appartamento per filmare lei e Raúl Jiménez come abbiamo visto nella cassetta. La ragazza è stata ripresa mentre usciva dal palazzo all'una e tre minuti ed era di nuovo sull'Alameda all'una e mezzo. Basilio Lucena a quell'ora si trovava ancora all'hotel Colón con la signora Jiménez. Ho calcolato i tempi per vedere se è comunque possibile e lo è, ma è anche decisamente improbabile.»
«Be', una cosa quasi emozionante, no?», disse Calderón. «A che ora Lucena ha lasciato l'edificio?»
«Non c'è nessuna registrazione», rispose Falcón. «Dice di essere uscito la mattina dopo con Marciano Ruiz.»
«Come mai non c'è nessuna registrazione?»
«I cavi della telecamera del garage erano stati tagliati», rispose Ramírez e la notizia giunse nuova a Falcón. «Secondo la Policía Científica sono stati recisi con le pinze.»
«Allora sarebbe entrato da lì?» domandò Calderón, sperando di veder emergere scoperte più interessanti.
«Di sicuro è uscito da lì», disse Falcón. «Il problema, però, non era soltanto entrare nel palazzo senza essere visto, ma anche entrare nell'appartamento. Raúl Jiménez era attentissimo alla sicurezza e chiudeva sempre a chiave la porta con cinque giri di chiave, lo ha confermato la prostituta che lo ha sentito chiudere mentre aspettava l'ascensore.»
«Allora come ha fatto a entrare l'assassino?»
Falcón gli spiegò la teoria dell'autoscala delle Mudanzas Triana. Calderón si rigirò l'idea nella testa.
«E così entra nell'appartamento, che è vuoto, ma vi rimane nascosto per dodici ore e si porta dietro anche la telecamera per registrare Raúl Jiménez con una prostituta? Non mi sembra che…»
«Pur ammettendo che le cose siano andate in questo modo, non credo che quella parte fosse programmata», lo interruppe Falcón. «Credo che abbia agito spinto dalla sua stessa arroganza. Voleva dimostrarci che era sempre stato lì. Se non li avesse filmati, noi sapremmo molto meno, probabilmente staremmo ancora a perdere tempo con Basilio Lucena. Perciò dobbiamo ringraziare l'assassino di questa piccola svista, nonché dello straccio imbevuto di cloroformio che ha dimenticato, perché con ognuno di questi errori ci rivela qualcosa di sé.»
«Cioè che si tratta di un dilettante», disse Calderón.
«Ma di un dilettante con i nervi saldi», replicò Falcón. «Sa rischiare e gli piace prendersi gioco degli altri.»
«Uno psicopatico?»
«Motivato e disposto a scherzare. E senza molto da perdere.»
«E con una certa esperienza chirurgica», aggiunse Ramírez.
Falcón illustrò la seconda ipotesi: Eloisa Gómez che lasciava entrare il suo amante o un amico del suo ambiente per uccidere Raúl Jiménez.
«Non è stato rubato niente», spiegò Ramírez. «L'appartamento era praticamente vuoto, perciò l'unico motivo per volerci entrare era uccidere Raúl Jiménez.»
«La ragazza come ha retto l'interrogatorio?»
«È una dura», rispose Ramírez.
«Ci riproverete comunque, no?» raccomandò Calderón.
Nella calma che seguì i loro cenni di assenso, Falcón fece al magistrato un breve resoconto sul suo colloquio con Lobo a proposito del livello di corruzione al tempo dell'Expo '92 e del coinvolgimento di Raúl Jiménez. Accennò anche all'avvertimento che gli aveva dato il Comisario.
«Se questo delitto ha a che fare con casi di corruzione, io devo essere libero di parlarne», affermò Calderón, uno scintillio negli occhi, all'improvviso il magistrato combattente.
«Certamente», lo rassicurò Falcón. «Ma vi sono aspetti abbastanza delicati, con il coinvolgimento di personaggi importanti che, anche se sono puliti, potrebbero non gradire l'associazione. Dell'ambiente della magistratura, ricorda chi compariva nelle fotografie? Bellido e Spinola, tanto per nominarne due.»
«Si tratta di cose di dieci anni fa, comunque», disse Calderón, il suo attacco di idealismo rapidamente smorzato.
«Non è un tempo poi tanto lungo per coltivare un rancore», osservò Falcón, e gli altri due lo guardarono come se l'Inspector Jefe di rancori ne coltivasse parecchi simultaneamente.
Dopo aver riferito la sua conversazione con Consuelo Jiménez, Falcón porse al giudice la stampata del vecchio elenco di indirizzi, ricordando che l'assassino si era appropriato del telefono cellulare di Raúl Jiménez. Calderón scorse l'elenco. Ramírez sbadigliò e si accese un'altra sigaretta.
«E così mi state dicendo», concluse Calderón, «che nonostante la scena orripilante che l'assassino ha lasciato nell'appartamento, malgrado tutti gli interrogatori e le deposizioni raccolte fino a questo momento… in effetti non abbiamo nessuna pista concreta?»
«Abbiamo sempre la signora Jiménez come principale indiziata. È l'unica ad avere avuto un movente preciso e la possibilità di mettere in esecuzione il suo piano. Eloisa Gómez è invece una possibile complice di un assassino che ha agito di propria iniziativa.»
«Oppure no», obiettò Calderón. «L'assassino potrebbe anche in questo caso essere stato pagato dalla signora Jiménez e, se così fosse, sono certo che la signora non avrebbe voluto attirare l'attenzione su di sé fornendo la chiave al sicario. Gli avrebbe detto di trovare da solo il modo di entrare nell'appartamento.»
«E l'assassino si sarebbe servito della prostituta oppure dell'autoscala?» domandò Ramírez. «Io so quello che avrei fatto.»
«Se si fosse servito della ragazza per entrare, perché filmarla?» si chiese Calderón. «Non sembra logico. Sembra più sensata l'altra ipotesi, cioè che l'abbia fatto per farci vedere quanto sia bravo.»
«In entrambi i casi esistono aspetti possibili e aspetti improbabili», osservò Falcón.
«Siete tutti e due convinti che la signora Jiménez sia seriamente una candidata attendibile come colpevole dell'omicidio del marito?» domandò Calderón.
Ramírez rispose di sì, Falcón di no.
«In che modo lei intende condurre il caso, Inspector Jefe?»
Falcón fece scrocchiare le dita l'una dopo l'altra. Calderón reagì con un moto di fastidio. L'ispettore non voleva ancora rivelare ciò che gli suggeriva l'istinto, aveva bisogno di tempo per riflettere. In quel caso c'erano già abbastanza elementi straordinari senza proporre di esaminare la vita di Jiménez verso la fine degli anni '60. Ma era lui il capo e quindi lui doveva avere le idee.
«Dovremmo lavorare su entrambe le ipotesi e sull'elenco di indirizzi di Raúl Jiménez», disse. «Credo che dobbiamo mantenere una presenza dentro e intorno all'Edificio Presidente per tentare di trovare un testimone che confermi una delle teorie sul modo in cui è entrato l'assassino e possibilmente ce ne fornisca una descrizione. Dobbiamo interrogare gli addetti della ditta di traslochi e dobbiamo mantenere sotto pressione sia Consuelo Jiménez sia Eloisa Gómez.»
Nessuna replica da parte di Calderón.
Stavano tornando alla Jefatura sulla Blas Infante. Ramírez era alla guida e, mentre attraversavano il fiume in direzione di plaza de Cuba, la pubblicità della birra Cruzcampo gli provocò l'impressione di avere la gola asciutta. Non gli sarebbe dispiaciuto farsi una birretta, pensò, ma non con Falcón. Voleva bere in compagnia di qualcuno più socievole di lui.
«Che cosa pensa veramente, Inspector Jefe?» domandò, strappando Falcón alle sue riflessioni sulle difficoltà del suo primo incontro con il giovane magistrato.
«Penso più o meno quello che ho detto al Juez Calderón.»
«No, no, non ci credo», ribatté Ramírez, battendo la mano sul volante. «Io la conosco, Inspector Jefe.»
L'osservazione costrinse Falcón a volgersi sul sedile: l'idea che Ramírez avesse una sia pur minima idea di ciò che gli passava per la mente era quanto meno risibile.
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